Stasera non nevica ma siamo pochini lo stesso, per un motivo o per un altro qualcuno non è potuto esserci. In compenso c'è Mercede col suo bel pancione. Mi fa un effetto vederla così e pensarla compagna di scuola al liceo! Siamo in otto, l'infinito. Tranne Alberto che resta al posto suo, gli altri, Mercede appunto, Maria, Letizia, Rosanna, Luisa, Lorenzo ed io, ci mettiamo in circolo, raccolti, presagio gradito alle confidenze, all'intimità sempre più intima.
È un libro che abbiamo letto e si è fatto leggere con curiosità la zona cieca. L’escamotage di Lidia, quello di scrivere al suo compagno sotto altra identità, sciamanica, a parte alcune zone cieche appunto riguardo al personaggio maschile Lorenzo, alla sporcizia intorno a lui, alla disperazione della e nella droga, ha mantenuto l’attenzione nella lettura. È un escamotage interessante. È indubbio secondo Maria che non si tratti di una storia normale e banale dove una lei cerca di attaccare a sé un lui. Piuttosto è la storia di un percorso che una donna riesce a fare, della capacità di un uomo di guarirla senza volerla guarire. Senza saperlo addirittura, come spesso capita perché poi questo agli uomini lo si deve riconoscere. A Maria questa donna non scandalizza, tutt’altro. Capace com’è di accettare l’uomo, Lorenzo, senza condizioni. Quest’uomo che riusciva a scrivere e dare attenzione, che sapeva essere perfetto nei momenti in cui doveva. E quello bastava. Una sveglia rotta che continui a tenere sul comodino e non riesci a buttare perché te l’ha regalata una persona cara. Lorenzo, il nostro, è critico col suo omonimo. Non riesce a comprendere le sue fortune e, pur condividendo il percorso di lei, di Lidia, trova che sia una donna malata, fragile. La scrittura poi non gli è piaciuta al contrario di Maria che l’ha trovata di comprensione immediata e che ha reso ancora più credibile il personaggio femminile con questo linguaggio di tutti i giorni, tipico di chi non mente a se stessi. Ci avventuriamo ora sulla storia. Possiamo definirla d’amore? Dipende da come lo si vede l’Amore, dice Letizia. Probabilmente era un bisogno che aveva lei, anche un bisogno che aveva lui. Mercede non è d’accordo. Pensa che nell’Amore non può esserci inerzia, come sembra dal personaggio maschile, un minimo di volontarietà deve sussistere. Inoltre non comprende come faccia Lidia a superare lo squallore del tradimento, di quel tipo di tradimento, sfrontato, tangibile agli occhi. Aspettate. L’Amore non è assoluto, interviene Rosanna. Lorenzo, quello del libro, vedeva delle cose in Lidia che lei stessa non vedeva e Lidia delle altre in lui che lui non sapeva. Non poteva sapere ad esempio la sua bella faccia quando mangiava qualcosa che non gli piaceva. Sembra un rapporto terapeutico il loro. Dove possono essere loro stessi, loro stessi che non conoscono. Già. Esplorano senza paura la zona cieca.
La discussione si allarga all’assenza di razionalità di una storia così, alla noia che sopraggiunge, alla ricerca poi della razionalizzazione di un sentimento irrazionale per definizione, ai tanti lorenzo e alle tantissime lidia, alle nostre esperienze - siamo belli in questo momento, ci stiamo svelando - all’errore d’investire la propria vita su quella degli altri, all’opportunità di nuovi rapporti, alla plausibilità di definire Amore un amore senza progetto e alle abitudini che lo fanno morire l’Amore, alla sciatteria che spesso consegue quando il pudore se ne va. E poi dopo? Se se ne va il pudore resta ancora l’Amore? Ma se se ne va, il pudore, non è l’estrema confidenza a subentrare e ad annoiarlo l’Amore? Non è l’estraneità che determina eccitazione? la non conoscenza che stimola la fantasia – è questa forse la vera motivazione dei tradimenti, Riccardo sembrava avere come un’ ansia di conoscere il mio corpo senza che gli dovesse sfuggire niente - i personaggi presunti o inventati che rendono tollerabile il fatto che noi esistiamo davvero? Poi, solo alla fine, ci rendiamo conto che le storie, le storie d’amore, ci somigliano più di quanto somigliamo a noi stessi.