Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

domenica 30 ottobre 2011

Il Silenzio dell'Onda di Gianrico Carofiglio



E' di una malinconia commovente l'ultimo libro di Gianrico. Con la voglia di rileggerlo appena finito. La storia è davvero singolare perché si svolge attorno ai sogni di un ragazzino e ad un percorso psicoanalitico di un maresciallo quarantasettenne. Due figure femminili, anche qui una più giovane e una più matura, fanno da traino e scompaiono man mano che si dipanano i ricordi e i sentimenti delle figure maschili. La scenografia è quella della capitale. Banale, si potrebbe dire. Disarmante, invece, nelle lunghe passeggiate e nei luoghi del cinema, visti chissà quante volte, che ancora, però, restituiscono la Roma più bella. Oltre alla storia di rinascita dell'uomo e al mistero onirico del ragazzino, all'interno del libro si trova un delizioso cammeo di riscatto per una giustizia troppo spesso sfiduciata e denigrata, e finalmente la certezza che 'le botte le danno soprattutto quelli che non sanno fare bene gli investigatori'. Il finale del libro è semplicemente bello. Senza poter dire, senza riuscire a dire. Occorre aver letto molti libri per descrivere una sensazione.


mercoledì 26 ottobre 2011

Settanta acrilico trenta lana, lavaggio con capi simili

Una delle regole di un buon lavaggio è che si lavi il cotone con il cotone, la lana con la lana, i misti sintetici con i misti sintetici. Appunto. Claudia è una nuova amica lettrice, eredità modicana della scrittura di viaggio. Certo anche Mauro. E anche Giusy da Udine. E se volete anche Giuseppe, eredità di un'eredità modicana. Claudia però non l'avete vista. Sta partecipando alle letture a distanza e qualche giorno fa ci ha fatto sapere cosa pensa del libro.
Dice che all'inizio non le è piaciuto. Non le piaceva il linguaggio e il tema, le stava antipatica la scrittrice e pure i suoi personaggi, Camelia e Livia. Poi, finito di leggere, sorride, trova che l'autrice sia geniale perché c'è riuscita, a fregarla. Pensa che solo voglia stare scomoda al lettore, dall'inizio alla fine, senza essere simpatica, parlando come deve parlare Camelia che è piena di rabbia e di dolore. Claudia dice che è brava Viola, cavolo se è brava ad utilizzare un linguaggio parlato, attuale, giovane, a volte costruito, a volte immaginifico con le parole giuste. E' brava a far parlare Camelia col lettore, a farlo provocare continuamente, leggendogli nel pensiero le domande, le risposte, i commenti, le critiche. Pungolandolo nella sua posizione comoda, di lettore appunto, ma facendolo entrare a viva forza nello schifo e nell'incubo della depressione, del dolore, dell'incomunicabilità. Della solitudine.
Il tema.
Claudia dice che il tema è tosto e, anche qui, la sconcerta, ma non troppo, la giovane età dell'autrice. La sposa di suo padre è lei, Camelia. E' lei la tradita, la madre è diventata solo la sua rivale. La madre bella, Camelia no. Non è più madre, non è mai stata madre. Riesce ad avere un rapporto con lei, solo nella bruttezza, nei buchi, ma non da figlia, neanche da figlia che si occupa della madre. Il suo rapporto con lei, come quello con Wen o con Jimmy è sempre solo uno specchio di se stessa, di disperata ricerca dell'amore, incontrando solo porte chiuse senza significati espliciti ma sempre rimandati a se stessa: la madre è chiusa nel suo mondo inaccessibile e lontano, Wen non spiega il rifiuto, Jimmy cerca la soddisfazione ad un impulso proprio, usandola come uno strumento.
Claudia ringrazia per l'opportunità di lettura, probabilmente da sola non avrebbe finito di leggere se non avesse avuto un compito da svolgere. Viola ora ha anche questo pregio, di averle fatto dismettere una buona volta i paraocchi e averle dato la spinta a leggere cose diverse, che stimolano sempre molto il pensiero.

lunedì 17 ottobre 2011

Settanta acrilico trenta lana di Viola di Grado

L'incontro di stasera avremmo dovuto averlo una settimana fa. Mercede, per poter esserci, mi aveva chiesto di spostarlo a oggi. E' il diciassette ottobre. Sono un po' restia ma chiedo a Letizia e lei dice uno sguardo che approva, poi con la voce aggiunge 'così ti festeggiamo'. Quando scendo dall'auto in via Calori squilla il telefono. E' mio fratello Nicola. Lo accolgo con '...cos'è il mio compleanno che mi hai chiamata?'. Mi viene da piangere, mi ricompongo un po'. Penso che forse ho sbagliato a portare 'ste due bottiglie, sarebbe bene discutere del libro velocemente e alle nove essere a casa con Rebecca e Nazario. Quando arrivo su ci sono già Maria, Francesca una nuova arrivata, Patrizia al suo secondo incontro, Rosanna, Sarah, Elke, Chiara, Katia, Nara, Gabriella, Lorena, Barbara, Alberto. Mauro che due minuti fa era in autostrada è già qui pure lui e regge un sospettoso involucro azzurro che va a poggiare accanto a mille altri sacchetti sul ripiano accanto alla finestra. Poi arrivano anche Letizia, Lorenzo e Luisa. Con delle piante e altri sacchetti. Chiara fa notare che non è mica un fioraio quel posto, ci si va per le letture. Giuseppe m'aveva detto che veniva ma forse non ce l'ha fatta e non ho il suo numero di telefono, accidenti! Mirca messaggia che non può, Mercede pure, per il bimbo che ha la febbre, Giusy ha la bronchite, Luigi è al paesello. Ma quanti siamo stasera? Tanti lo stesso! Che la festa cominci.
Temo Gabriella e invece stavolta si è divertita a leggere anche se non ha ancora finito. Ha adorato Camelia in tutta la sua cupezza e tenerezza, l'ha commossa la sua fanciullezza. Il suo carattere non patologico, aggressivo ma tollerabile. Lorena condivide ma non la identifica con una generazione. Camelia è uno spirito a sé, unico ed emarginato, che lascia presagire il finale tragico in maniera coerente. Lorenzo invece lo trova gratuito il finale, almeno la madre salva l'avrebbe voluta. Sarah trova la storia troppo costruita. Luisa invece ha pianto a pagina centootto perché è intollerabile che si possa morire ogni giorno vivendo. Di nuovo Gabriella a difendere Camelia, a difendere la vitalità che nonostante tutto sprigiona. No, no, Luisa pensa che lei sia proprio negativa e quando Elke chiede perché prendesse i vestiti dal bidone risponde che la depressione ti fa distruggere le cose belle accentuando le cose brutte. Prendeva dal cassonetto vestiti già brutti deturpandoli ancora. Sarah qui ravvede un qualche autocompiacimento nella bruttezza, alla depressione c'è chi reagisce in maniera diversa. Maria, pure lei, difende Camelia. Non è la morte del padre quanto la reazione della madre a quella morte ciò che disturba la vita della ragazza che pure non rinuncia subito a vivere, si prende cura della madre. Poi entra nella rabbia, rabbia verso il mondo che sfacciatamente va avanti lo stesso. Ma la rabbia è una reazione vitale, non un abbrutimento. Camelia o era pazza o era coraggiosa andando incontro al mondo vestita a quel modo. Forse era solo il suo modo per salvarsi, anche se lei ( Maria ) non si sarebbe intrippata più di tanto con il cinese e le sue chiavi. Ecco Lorenzo, a proposito di vestiti e vestirsi, chiede il perché del titolo. Katia dice che è una metafora. Sì, anche Letizia pensa lo sia. Una metafora sulla vita, molta cattiveria, poca bontà. Fibre sintetiche più che naturali. Fibre sintetiche come l'invidia. Quella che secondo Luisa Camelia ha per la rinascita della madre. Quella ancora che secondo Maria non fa capire alla madre il sacrificio della figlia che aveva persino smesso di parlare come lei e per lei. Acrilico il fatto che la rinascita della madre coincida con l'esclusione della figlia. Rosanna prova a dirci qualcosa di questo filo rosso che lega le due donne, dei buchi, del tentativo ossessivo di Camelia di chiudere quelli esistenti o crearne di nuovi. Di come la bellezza della madre sia mortificante per la figlia, di come poi non vi sia bontà nella bellezza. Elke interviene e prende appunti perché si è scoperta distratta sulla storia dei buchi o comunque non le aveva dato importanza. Dice che in questo gruppo alla fine tutti i libri smebrano interessanti e belli. Comunque buchi o non buchi Maria non trova che la scrittura sia costruita come è stato insinuato. Chiara pensa che forse la storia è potuta esserlo. Gabriella pure lei pensa ad una scrittura spontanea, che denota l'età dell'autrice. I giovani scrivono come pensano, come sentono. Chissà se dopo oggi sono ancora abbastanza giovane, mi sono distratta a pensare. Anche Lorenzo apprezza il tipo di scrittura non inquinata dalle regole e mai volgare persino nel descrivere un rapporto orale. Sono maliziosa a ravvisare un certo interesse di Alberto che non ha letto il libro sull'affermazione di Lorenzo? Sorride. Mauro crede però che il linguaggio innovativo sia un limite perché distrae dalla storia. E dalla tragedia, aggiunge Lorena. Patrizia porta un'eperienza diretta, di una sua giovane familiare che tagliava le cose per essere visibile e distinta. Dice che Camelia non può raggiungere la bellezza, la raggiunge solo imparando il cinese che poi cerca di tatuarsi sul corpo in ideogrammi. Si deturpa il corpo perché può avere solo ciò che è brutto e la madre le appartiene solo se è brutta, solo se torna a morire. Accidenti! questo sì che è un pugno nello stomaco, penso. E ora da dov'è che è spuntato il principe azzurro? chiede Elke mentre Nara si domanda se la mamma avesse visto la figlia col cinese. Mauro trova l'ingresso del principe inverosimile. A proprosito di ingresso, è arrivato Giuseppe! Incrocio il suo sorriso imbarazzato della prima volta. Penso che sto per piangere a vedere tutta questa gente stasera. Conosce Elke, ma ve', direbbe una bolognese! Finiamo la discussione. Ancora Patrizia a proposito di principi inverosimili dice che è proprio la serie di eventi a denunciare l'età e l'autenticità dell'autrice. Maria però trova che l'autrice resta efficace anche quando esagera perché dà l'idea dello stato d'animo della ragazza. Francesca pure lei, così giovane, pensa che l'efficacia ci sia tutta sebbene per lei i pugni allo stomaco siano stati uno dietro l'altro. Letizia implora che si cambi argomento per una prossima lettura. Anch'io. Al di là della potenza e dell'efficacia della scrittura, oltre anche la storia che può essere una storia, forse esagerata, forse che meritava un finale di riscatto, mi ha infastidito la cupezza necrofila che ha spadroneggiato in tutto il racconto, intollerabile per una Vita. Per fortuna s'incontra il cinese leggendo. Una lingua di chiavi che stavano quasi per spalancarle ( a Camelia ) le porte della vita, quella vera.
Mi alzo per andare a salutare Giuseppe e hanno già apparecchiato un sacco di roba sul tavolo dov'ero seduta poco fa. E' spuntata anche una torta al cioccolato con AUGURI VITA che non ha temuto un lungo viaggio Codogno - Bologna. Poi pizzette, dolci, la torta di zucchine di Rosanna, prosecchi, ne stappo uno e, accidenti alla mia astemia che mi rende anche imbranata! s'è versato fuori, lo fermo con la mano e tocco Barbara e Mauro, vicini a me, ché il vino versato porta fortuna. Sto per piangere. Alberto alza un brindisi, tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri cara maestra, grida più forte Chiara, tanti auguri a te. Beviamo. Aspettate. Ho dieci fratelli, dico, ma questo è il compleanno più affollato degli ultimi diciassette anni. Non fai in tempo a distrarti un attimo che ti organizzano una festa nel giorno in cui ne hai più bisogno. Ha avuto ragione Mariapia incontrandoci, la lettura ci rende belli. Siete bellissimi, tutti. Chiara, quest'anno ti promuovo itinerante.
l'unica foto dei miei 37 anni con fiori rossi degli Itineranti
Vita Marinelli

L'ospite d'ottobre di Vita Marinelli

È come ricevere una visita inaspettata. T’affretti a sgomberare la tavola dagli avanzi che la pigrizia ha lasciato lì, anche un po’ la stanchezza e il piacere di sonnecchiare in anticipo sulla notte. Non ha voluto preannunciarsi ma del resto l’ospite è così, che sia di casa, che sia del cuore, solo arriva.

La gente è stanca, parla al telefono, spudorata c’informa della propria vita e di cosa mangerà a cena, sono appena le otto del mattino.

Sale da dietro, non le piace, ma l’autobus si ferma sempre più oltre la fermata. Arriva al centro e sceglie il posto prima della fisarmonica del lungo serpentone.

Sale davanti, di solito non fa differenza, ma oggi l’autista è donna. Al centro c’è un posto libero, singolo, prima della fisarmonica del lungo serpentone.

Sta guardando fuori per restare fuori. Torna dentro e gli avanzi dei pensieri vengono scaraventati chissà dove, c’è un ospite inaspettato.

Sta sedendosi sulla sua discrezione quando gli avanzi del pensiero lo lasciano da solo sulla soglia dei ricordi, c’è un’ospite inaspettata.

Impacciato.

Timida.

È sempre triste.

È sempre bello.

È sempre bella.

È sempre triste.

Un bacio è restato indietro di un respiro tra loro. L’ospite è lì. Oltre il respiro e con in mezzo la fisarmonica del lungo serpentone a suonare una melodia silenziosa, malinconica di nostalgia.

Guarda fuori. Resta fuori, ti prego!

Non guarda fuori. Guardami, ti prego!

Ancora la gente parla, non ha deciso per la cena e litiga e spinge e s’affretta all’uscita che tanto tutti si scende.

L’ospite tra un po’ se ne andrà come foglia che cade continuamente e s’adagia su un letto di altre foglie, avanzi d’una estate finita. Scende, anche dal cuore, senza spingere, senza fretta che tanto non si scende mai tutti. Regala un sorriso.

Sorride.

Somiglia a un giorno d’ottobre.

Sorride.

Manca del tempo ad ottobre.

( Scritto su di un autobus di linea 13 un mattino di fine aprile 2010, ve lo regalo per il mio compleanno. )

domenica 9 ottobre 2011

Ti lascio una storia da raccontare di Katia Brentani e Silvia Aquilini



Un romanzo breve, diacronico, con protagoniste due donne appassionate, Carolina e Gemma. La storia è la più semplice e la più antica, d'amore, forte come la morte per la prima, tenace come la vita per la seconda. E' l'anno 2010 e Carolina riposa in una tomba della Certosa bolognese da quasi duecento anni. Il resaturo della sua ultima dimora è l'occasione per Gemma di conoscerla, l'occasione del cambiamento. Il personaggio maschile è un cameo che incide la storia d'amore più antica ed ha il fascino di un romaziere non ancora famoso che a Gemma arriverà col nome di Stendhal. La narrazione è disseminata di aforismi in principio di ogni capitolo, quello che più rappresenta la storia ha la firma di Gramellini e vuole che per fare un passo in avanti bisogna perdere solo un po' l'equilibrio.