Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

lunedì 9 giugno 2014

Sorelle, Lidia ravera

Sorelline, sorellastre, sorelle. Un crescendo di sorellanza questo libro suddiviso in tre parti.
Le sorelline si scrivono lettere dopo che una è scomparsa per ottenere attenzione dall'altra. Le sorellastre finiscono col rotolare giù da una scarpata in auto, forse suicide. Le sorelle si accompagnano mentre una delle due va incontro alla morte per cancro.
Ho appena vissuto una forte esperienza di fratellanza, quando leggo questo libro. Forse il tronco, eccolo. Ma è solo un caso che siano tutti miei fratelli. Appena un mese fa ho vissuto un'esperienza di morte per cancro. Non era mia sorella, avrei voluto restarle accanto nella vita, non mentre se ne andava. Eppure sento che è lì che siamo diventate sorelle. Mi commuovo mentre ne parlo con Maria, sarah, Lavinia, Patrizia e Marella, Sara, Marco, Marina ed Elke.
Per Sarah è un libro troppo cinico. Sembra che l'autrice abbia fretta di disfare ogni famiglia. Sara, senza acca, non aveva pensato al cinismo invece, ma ad un vissuto personale. Ma si può scrivere di storie di amiche come fossero tue, interviene Maria. Le ha dato fastidio la mia definizione di tronco, perché lei si è sempre sentita sola. La sua famiglia sono i suoi amici. Non si tratta di cinismo qui, in questo libro, dice. Piuttosto di assenza di stereotipi. La prima parte del libro l'ha trovata fastidiosa, lei scrive di pancia. Eppure via via, anche il primo racconto diventa toccante, umano. Nella seconda storia invece la sorellastra è talmente diversa che le è parsa costruita. E anche se Marina ritiene che proprio perché sorellastre, quindi con un sol genitore in comune, la differenza sia credibile, Maria pensa che si tratti solo di una costruzione letteraria di tipologie di sorelle. E solo la terza sia quella possibile.
Elke ci ha messo un po' a capire che si trattava si storie staccate, che l'una non era il proseguimento dell'altra e poi dell'altra ancora. Essendo figlia unica, fa fatica a capire la condizione di sorella.
Discutiamo ancora del primo racconto, pur essendo quello che ci è piaciuto meno. Forse perché gli altri due alla fine sono più comprensibili, per quanto possa essere comprensibile la morte. Vengono sotto accusa i genitori, eppure la gran parte di noi presenti è già genitore. Quello che ho imparato a fare, col peso della distanza, è cercare ragioni più che colpe. Maria è d'accordo con me. Se si cercano ragioni ci si spiega anche certe assenze, certi vissuti. Senza giustificare. Non è automatico che se i genitori si comprtano in un certo modo i figli poi fanno diversamente.
A Marco il libro non è piaciuto. Per lui non ci sono rapporti familiari prima che se li costruisse. Nel libro ha trovato cose poco credibili. Secondo lui i rapporti in una famiglia sono più difficili dentro che fuori. Dentro c'è più pudore. Quel pudore l'ha vissuto e se lo porta dietro. Quello che ha imparato è che i rapporti non si possono delegare.
Marella alla prima pagina avrebbe voluto suicidarsi. Patrizia, ancora il primo racconto, l'ha trovato cinico e graffiante. Però le è piaciuto che potesse succedere una cosa così.
Lavinia dice che si sente fortunata dopo aver letto il libro. Fortunata del rapporto col fratello e con la sorella e si augura di trasmettere ai figli, se ne avrà, questo senso di appartenenza che è dentro la sorellanza e la fratellanza.
Rosanna infine ricorda che fare i genitori è un prendersi. Poi, dipende anche dal film che ti sei fatto, figlio o genitore. Il tronco comune? Per lei è stato avere dei genitori di cui occuparsi ed esserci, a prescindere, per suo fratello.