Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

domenica 20 aprile 2014

Buona Pasqua

Dall'uovo di Pasqua
è uscito un pulcino
di gesso arancione
col becco turchino.
Ha detto: "Vado,
mi metto in viaggio
e porto a tutti
un grande messaggio".
E volteggiando di qua e di là
attraversando paesi e città
ha scritto sui muri,
nel cielo e per terra:
"Viva la pace,abbasso la guerra".
 
Gianni Rodari

lunedì 14 aprile 2014

Quo vadis, baby? Grazia Verasani

Il secondo libro che leggiamo di Grazia Verasani è quello che le ha dato successo. Giorgia Cantini è quarantenne, single. È un'investigatrice privata che fruga, per lavoro, nelle vite degli altri. E finalmente anche nella sua, quando le arriva una scatola di scarpe piena di lettere della sorella morta suicida molti anni prima. Il titolo del libro svela quasi a metà della storia il finale, anche se poi, Grazia, riesce a instillare il dubbio che ve ne possano essere altri, di finali.
Giorgia Cantini beve troppo per i miei gusti, mi chiedo come faccia a fare il lavoro che fa, a mantenere l'attenzione del pedinamento, come la discrezione della sobrietà. Ma ha troppo dolore dentro e quasi glielo perdono. Bologna in questo racconto sembra piccolissima. Tanti incontri, tante coincidenze. A tratti soffocanti se pure rivelatrici.
Ne parlo con Rosanna, Maria, Marina, Patrizia, Marella, Sarah, Alessandra, Sara, Lorenzo e Mattia, Elke.
Marco non c'è, ma fa arrivare il suo commento che conferma il suo scarsissimo interesse al libro giallo-poliziesco, anche se riconosce che questo libro, come il precedente, è scritto molto bene, quindi la storia scorre molto fluida. Eccellente nel rendere “presente” la figura della protagonista, che merita un dieci e lode. Del racconto non gli è rimasto nulla di particolarmente rilevante, se non l’introspezione veramente ottima della protagonista. Però il bacio sul cazzo floscio e umido lo ha fatto molto divertire.
Secondo Marella questo racconto è più bello dell'altro che abbiamo discusso. L'ha trovato più vivace e con più trama, ed è riuscita a capire perché Giorgia Cantini diventa come diventa dopo. Bello il rapporto con Gaia e questa non promessa in linea col personaggio, nonostante il cinismo.
Dipende anche dalle età il rapporto, dice Marina, che per il resto si trova d'accordo con Marco, e trova il libro in alcune parti scontato. In altre inutile, come nell'approfondimento della sfera sessuale del collaboratore. Sarah si focalizza sul fatto che fosse una famiglia sfortunata, quella di Giorgia. E in questo dramma lei è stata caricata di responsabilità, si sente tutta la pesantezza. Elke, più che la responsabilità, ha sentito il senso di colpa verso la sorella. Nessun senso di colpa doveva esserci, secondo Sara. Il gesto della sorella, più che di esasperazione, è stato un gioco.
Maria l'ha sentito tutto il noir, l'atmosfera. Giorgia Cantini vive di notte e vive come vive. In alcuni tratti la lettura l'ha affaticata, soprattutto il continuo arrivare di gente. A me e Marella invece sono stati i tempi e i luoghi scoordinati ad affaticare, ma Maria difende l'autrice e dice che era necessario, denota, lo scoordinamento, il carattere della donna. Per Patrizia Giorgia è bellissima.
Parliamo dell'alcoolismo, è inevitabile. Rosanna è benevola, bevono per anestesia dal dolore, dice. E su sua sorella pensa che sia morta solo come per una sfida. Fermami, fermami! Un gioco che nessuno ferma.

martedì 8 aprile 2014

Le parole per dirlo

La vita della protagonista così profondamente lacerata mi ha commossa. E il coraggio, poi, di prendere in mano ciascun brandello di quella vita e ricostruirlo. Parola per parola. 
Le parole per dirlo è il racconto di una giovane donna che rinasce, o semplicemente nasce, con la psicoanalisi. Ed è un riconoscimento altissimo a questo ramo della medicina, capace di fugare ogni scetticismo a riguardo. A cominciare dal mio, forse. Ché non tutti hanno la coscienza dell'ascolto, come l'uomo piccolo nel vicolo.
Sono convinta della importanza delle parole, ma più ancora della loro pesantezza. Ma non basta solo scovarle, trovarle. Bisogna anche emetterne il suono, perché alla fine è il linguaggio che crea la realtà. Questo libro ha l'onestà terribile di tirarle fuori tutte, le parole. Anche quelle più indicibili, che non si addicono ad una classe borghese. Dire con le parole quanto abbia pesato un aborto mancato, quello della sua vita per l'insufficiente coraggio di sua madre, ed essere condannata poi a vivere in un continuo aborto. Quanto possa essere feroce una educazione in ragione di un dio che, di sicuro, se ci ha creati, se siamo le sue creature, non ci vuole costretti nella prigione del nostro corpo.