Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

giovedì 28 febbraio 2013

Sulla vergogna

Tratto da Le braci di Sandor Marai

C'è un senso di vergogna più doloroso di qualsiasi altro, quello che deve provare la vittima quando è costretta a guardare in faccia il suo assassino. In questi casi è la vergogna della creatura di fronte al Creatore.

mercoledì 27 febbraio 2013

Sul destino

Tratto da Le Braci di Sandor Marai

Perché le cose non accadono così, per caso. Gli uomini contribuiscono al loro destino, a determinare certi eventi. Invocano il loro destino, lo stringono a sé e non se ne separano più. Agiscono così pur sapendo fin dall'inizio che il loro modo d'agire porterà a risultati nefasti. L'uomo e il suo destino si realizzano reciprocamente modellandosi l'uno sull'altro. Non è vero che il destino s'introduce alla cieca nella nostra vita: esso entra dalla porta che noi stessi gli abbiamo spalancato, facendoci da parte per invitarlo a entrare. Non c'è infatti essere umano abbastanza forte e intelligente da saper allontanare, con le parole o con i fatti, il destino infausto che deriva, secondo una ferrea legge, dalla sua indole e dal suo carattere.

martedì 26 febbraio 2013

Sui fatti

Tratto da Le Braci di Sandor Marai
Perché esiste una verità basata sui fatti. E' accaduto questo e quest'altro, in questo o quel momento. Sono cose facili da stabilire. I fatti parlano da soli, come si suol dire, e verso la fine della vita tutti i fatti messi insieme lanciano accuse urlando a squarciagola, più forte di un imputato sottoposto a tortura. (....) Ma talvolta i fatti non sono altro che deplorevoli conseguenze. Non si pecca solo mediante le azioni, bensì mediante l'intenzione che ci spinge a compiere determinate azioni. L'intenzione è tutto. I grandi ordinamenti giuridici d'ispirazione religiosa del passato, che ho consultato, lo dichiarano esplicitamente. Un uomo può macchiarsi di infedeltà, di atti infami, sì, può anche toccare il fondo, commettere omicidio. e conservare tuttavia la sua purezza interiore. L'azione non corrisponde ancora alla verità. E' una semplice conseguenza. Se un giorno qualcuno indossa la veste del giudice e vuole emettere un giudizio, non può accontentarsi dei fatti elencati in un rapporto di polizia, deve scoprire ciò che i giuristi chiamano il movente.

lunedì 25 febbraio 2013

Sulla vecchiaia

Tratto da Le braci di Sandor Marai

Si dice che una volta arrivati a questa età si va avanti fino a quando non ci si è stancati di vivere. (....) Ora che sono vecchio, penso spesso alla mia fanciullezza. Dicono che sia un processo naturale. Quando la fine si approssima, il ricordo degli inizi si fa più netto e intenso. Vedo dei volti e sento delle voci. Vedo l'istante in cui ti ho presentato a mio padre nel giardino del collegio. Lui ti accettò come amico, perché eri il mio amico. Non concedeva la sua amicizia a chiunque. Parlava poco, ma su ciò che diceva si poteva fare affidamento fino alla morte. (....) "Onorate entrambi questa amicizia". Credo che per lui non ci fosse nulla di più importante dell'onore. (....) Due vecchi amici hanno molti ricordi in comune, quando il sole è tramontato su di loro. (....) Avevo iniziato a dire che mio padre ti ha accettato come amico. (....) All'epoca avevamo dodici anni. Quel fatto segna la fine della nostra fanciullezza. A volte, di notte, rivedo quell'istante con la massima chiarezza, come tutte le cose che sono state importanti per me nella vita. Per mio padre la parola 'amicizia' aveva esattamente lo stesso significato di 'onore'.

domenica 24 febbraio 2013

Sull'amicizia

tratto da Le Braci di Sandor Marai

Vorrei proprio sapere se l'amicizia esiste veramente. Non mi riferisco al piacere occasionale di due persone che si rallegrano di essersi incontrate perché a un certo punto della vita si trovano a ragionare nella stessa maniera su determinate questioni, si scoprono gli stessi gusti e preferiscono gli stessi svaghi. Tutto questo non ha niente a che fare con l'amicizia. A volte mi sembra che essa rappresenti la relazione più intima che esiste nella vita...Forse per questo è talmente rara. E su cosa si fonda, allora? Sulla simpatia? E' un termine improprio, troppo blando: non si può dire che la simpatia sia sufficiente a indurre due persone a farsi carico l'una dell'altra nelle situazioni più critiche della loro esistenza. Su cos'altro, dunque? Non c'è forse un pizzico di eros al fondo di tutte le relazioni umane? (....) Naturalmente l'amicizia non ha nulla in comune con le inclinazioni di coloro che cercano di soddisfare il loro desiderio con persone dello stesso sesso. L'eros dell'amicizia non ha bisogno dei corpi...essi, anzi, lo disturbano più di quanto non lo attraggano. Ma si tratta pur sempre di eros. C'è eros al fondo di tutti gli affetti e di tutte le relazioni umane. (....) Mi sono detto che l'amicizia è il rapporto più nobile che esista fra gli esseri umani. (....) Gli interessi comuni producono talvolta situazioni che somigliano all'amicizia. E per sfuggire alla solitudine gli uomini indulgono volentieri a rapporti confidenziali di cui in seguito si pentono, ma che per qualche tempo permettono loro di illudersi che la confidenza sia già una forma di amicizia. Ci si immagina che l'amicizia costituisca un servizio. L'amico, come l'innamorato, non si aspetta di vedere ricompensati i suoi sentimenti. Non esige contropartire per i suoi servizi, non considera la persona eletta come una creatura fantastica, conosce i suoi difetti e l'accetta così com'è, con tutto ciò che ne consegue. Questo sarebbe l'ideale.

sabato 23 febbraio 2013

Sul silenzio

Eppoi del silenzio ci sarebbe molto da dire, se non lo consideriamo solo nella sua accezione percettiva, ferendolo con le parole. E se capita non lo feriscano, addirittura le parole stesse non basterebbero a descivere un silenzio. Che è poi questo il senso. Di un silenzio vivo e presente, che ci abita e ci interroga, anche quando ad esso si è stati educati per essere più cauti. Più sobri. E la propria vita quello merita, silenzio. Forse.
A tratti ci rammenta la solitudine, il silenzio.
Il silenzio è un abbraccio.
E' compagno nei luoghi e nei tempi della vita, i ricordi.
In silenzio si ascolta il dolore del mondo.
In silenzio si allontanano le parole quando un amore è entrato nel proprio orizzonte.
Si scelgono accurate quelle da non dire quando la bellezza non si contiene. E la gioia. O la grazia.
E' silenzio la presenza che non s'annuncia. E resta, anche quando va via.
Il silenzio è la neve.

L'alba che ci insegna ad ascoltare il silenzio.

venerdì 22 febbraio 2013

Le braci, Sandor Marai

Il libro che hai fra le mani, destinato al macero, è stato re-immesso gratuitamente in circolazione con lo scopo di dargli nuova Vita e prolungarne il normale ciclo di esistenza, grazie all'iniziativa dei volontari dell'Associazione Equi-Libristi in collaborazione con locali e strutture della tua città.

Questo il messaggio all'interno de Le Braci. Il libro l'ho preso al Bar Kawa in via San Felice a Bologna appena quattro giorni fa, quando con un'amica mi ero fermata a prendere un caffè. 
Non avevo ancora letto nulla di Marai. Mi ha attratto il titolo, dev'essere per l'inverno o solo perché adoro il fuoco. Anche l'azzurro della copertina. 
Una storia bellissima, non c'è che dire. Di amicizia, di amore, di colpa, di vanità, di passione, di vita, di un diario, di fatti, di verità, di vendetta, di vecchiaia, di morte, di tradimento, di sopravvivenza, di pietà, di compassione, di parole, di stima.
Due uomini si ritrovano dopo quarantun anni per vendetta o per perdono. Forse solo per accomiatarsi in pace dalla vita che hanno speso nutrendo un'attrazione irresistibile per una donna morta e che pure hanno tradito. L'uno col silenzio, l'altro con la fuga.
Il tormentato soliloquio che si protrae per metà del libro termina quando il protagonista si rende conto di aver atteso invano un'illusione. 

"Alla fine ha importanza solo quello che rimane nel nostro cuore".
"Che cosa rimane?" chiede Konrad.

Può anche restare un bacio. Uno strano bacio rapido e un po' goffo.

giovedì 21 febbraio 2013

Hmmm

Hmmm. Temo d'avere troppi libri vicino ai sogni.


Prima pila: 

La valle delle donne lupo
Nient'altro che amare
L'eredità dei corpi
I can resist everything except temptation
Il tempo è un dio breve
Corpi e anime
Mancarsi
L'orizzonte




Seconda pila:  

L'amante
Bologna a modo nostro
L'amore rubato
Storia di un gatto e di un topo che diventò suo amico
Le braci
El especialista de Barcelona
Il pessimista col naso all'insù
La vita schiva
(due quaderni di appunti)
I primi tornarono a nuoto
Cecità


Tralasciando quelli scelti per i sogni (Piccolo trattato di stelle, Astronomia, Mitologia astrale, Antologia del Faber, Carofiglio vari, Donne che corrono con i lupi, I sensi del silenzio, La grande battaglia, Il ritratto di Dorian Gray, De Profundis, L'ora dell'incontro), poco visibili in verticale dietro le due pile, è incredibile come i libri, a tua insaputa, si accumulino nello spazio breve di una lettura. 

Sconclusione

Nell'ultimo incontro di lettura, appassionato e appassionante per il tema, siamo addivenuti a ri-stabilire un tempo preciso degli incontri: il secondo lunedì del mese. Al solito, alle 19.30 in via Lame 116.
Qualcuno, sempre la stessa adorabile, ha lamentato che un mese è troppo. Già. Così, per ovviare alla distanza temporale, salvato il secondo lunedì per la discussione, nel mese potranno essere inseriti incontri straordinari con autori, presentazioni, semplici saluti. 

La data del prossimo incontro è dunque l'11 marzo, il libro da discutere Borgo Propizio di Loredana Limone.
Sono state portate molte proposte di lettura, ma ha vinto Mariolina che al borgo temeva di invecchiare zitella con la sorella Marietta.

E non si dica che non ho detto niente di nuovo: la disposizione della materia è nuova.
(Blaise Pascal)


lunedì 18 febbraio 2013

I primi tornarono a nuoto, Giacomo Papi

Un libro interessante I primi tornarono a nuoto, sebbene la storia sia surreale. Ti costringe a domande toste. Non c'è più la morte? Come riappacificarsi con la vita? Chi sono i morti? Alla fine è giusto morire? Riesce a trasmettere tanta umanità e sensibilità, questo libro, pare un romanzo sull'uomo.
Quelli che tornano sono i morti, da ogni epoca. E all'inizio è una gioia, sia per i vivi che per i (morti) rinati, poi però il numero di questi ultimi diventa spropositato e si scatena la guerra per la sopravvivenza, per l'abitazione di questo mondo.
A porci queste domande siamo in sette, almeno stasera. B.Lavinia, Maria, Marco che ha proposto questo libro, Patrizia B.. Elisabetta, Elke ed io.
B.Lavinia ha il dubbio che forse tutti i personaggi abbiano sognato.
Probabile, risponde Maria, visto che succede questa roba enorme, con rinati cattivi, il reparto di ostetricia che sembrava un campo di sterminio, intorno non era rimasto più nulla della vita, poi, invece, tutto finisce.
I morti forse finalmente si riappacificano con la vita, penso, per questo finisce tutto. Forse l'autore ci sta consegnando un inno alla vita, semplicemente. E' straordinariamente bello il dialogo tra Serafino, il primo rinato, e Maria, una donna viva, incinta. Leggo.
 
 
Che lei è morto, Signor Serafino.
Meno male che due minuti fa criticava il mio senso dell'umorismo. Avanti, mi spieghi, l'ascolto.
Cioè, adesso lei è vivo, ma prima era morto. Ora è tornato.
E che differenza ci sarebbe?
Come, che differenza c'è? Che lei è rinato. E' risorto.
In effetti è da un po' che mi sento strano. Però, scusi, mi faccia capire, lei crede di essere normale con quel pancione?
Che cos'ha di tanto strano, scusi?
Ci vive dentro un'altra persona, si rende conto? E' abitato. E' che ci si adatta a tutto, anche ai prodigi. Mi riferisco alla vita, non alla morte.
 
Un prodigio. Già.
Maria però ritiene che sia ancora più complesso di un semplice inno alla vita, che sia un eccesso di vita. Ritiene poi vi sia la guerra in questo binomio, vivi - morti. Vi sia anche la speranza. E la necessità che tutto sia da reinventare giorno per giorno, secondo il presente enunciato da Marco. E cioè che alla fine è il presente a non morire, le relazioni. Se vogliamo, l'eternità in termini religiosi. 
Elke vorrebbe sentirlo dall'autore cos'ha voluto comunicarci.
Maria riprende che è il senso della vita, ma anche quello della morte. Anche se, come dice giustamente Marco, sono più i vivi che si domandano, i morti non hanno aspettative. Però vedono tutto, s'inserisce B.Lavinia. E proprio per questo potere, se davvero tornassero, si sfascerebbe ogni cosa, appunto. Si sfascerebbero le famiglie, il mondo intero, avendo avuto occasione di guardare davvero. Sì, ma hanno un altro sguardo, dice Maria, e anch'io lo credo. Credo fermamente che tutto quanto possa essere incomprensibile per i vivi, per i morti abbia una limpidezza superiore. Mai ho pensato dei miei genitori che potessero non capirmi quaggiù.
Patrizia B. è stata colpita dal fatto che questi morti rinati non abbiano memoria, di nulla. Né del posto dove sono stati né dei sentimenti, e che non siano saggi. Non si trova in loro bontà. E' come se il filo dell'amore fosse stato troncato con la morte.
Eppure Serafino ha memoria di quel suo amore innocente. Lo cerca, ora che è rinato, e di nuovo lo sfiora. Peccato che lei non lo riconosca. Ho sofferto per questo con Serafino. Pagine stupende quelle.
Eppure ci sono dei rinati che difendono le due donne portate al macello. Eppure è Serafino che aiuta Maria a partorire. E' lui che sente il rumore instancabile dell'umanità. La bambina appena nata sembrava un essere frastornato e voglioso di tornare in acqua a nuotare. Forse è per questo che i primi tornarono a nuoto. Perché c'era soltanto da esistere.

Mancarsi, Diego De Silva

Una storia d'amore raccontata dalla fine di altre due che si sfiorano e ancora non si incontrano. Si legge in un pomeriggio questo racconto lungo, si legge facendo il tifo per i due personaggi pedinati e osservati con pazienza dall'autore. Raccontati senza ipocrisia, ché c'è poco da essere ipocriti quando rischi di giocarti la vita.

Non si può essere fedeli nel raccontare la fine di una storia. Anche se sembra un controsenso (ma è solo una delle tante ipocrisie che ci toccano), quando viene il momento di dare la notizia siamo portati a non dire male della persona che abbiamo (o ci ha) lasciato. Anche se ci ha ferito più di chiunque altro, e non riusciremmo a perdonarla nemmeno se volessimo. Dobbiamo fare informazione, e temiamo l'apprezzamento del pubblico. Abbiamo paura che non capisca, che giudichi dal titolo, senza leggere; e in questo modo faccia scempio di tutto quello che c'era dietro e prima , tutto quello che per noi ha avuto senso e valore ed era nostro. Allora esponiamo una versione ufficiale della fine, che esponiamo sereni, pazientemente disposti a spiegare, come se il nostro atteggiamento benevolo vrso le ragioni dell'altro, così diverse dalle nostre, facesse passare l'idea che non abbiamo fallito del tutto. Non è il semplice orgoglioche ci spinge a impegnarci in questa finzione (....): è l'unico modo, per quanto disperato e falso, che ci resta per non tradire qualcosa che abbiamo amato.

Già. Per quanto disperato e falso.

sabato 2 febbraio 2013

Una telefonata, o qualcosa d'altro, allunga la Vita

Spesso, chiudendo una telefonata fiume con una sorella o un fratello, o con un amico, sorrido pensando a una vecchia pubblicità. 
C'era un condannato, davanti al plotone d'esecuzione, che chiedeva, come ultimo desiderio, di fare una telefonata. La telefonata non finiva più, com'è naturale. 
Sembra preistoria quella pubblicità. Eppure sono trascorsi appena vent'anni. Nel mezzo sono arrivati telefonini, sms, skype, e-mail, social network, blog, whatsapp, twitter. Ci siamo creati, ci hanno creato, le condizioni per restare costantemente in contatto, per sapere dei figli o dei genitori anziani, per squarciare brevemente le distanze di un amore, per carezzare e condividere ancor più brevemente il dolore di un amico, per giocare alla tentazione di un caffè con un fratello.
E' bello poi come negli sms (cos'era? Già: Short Message Service - breve messaggio di servizio), senza accorgercene, si ritrovino dei tanti Ungaretti, Saba, Quasimodo. E i brevi messaggi sono servizievoli, certo, ma più spesso carezzevoli poesie che a Ognuno sta sul cuore della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera avrebbero poco da invidiare, e la sera tarda ad arrivare. Forse che siamo tutti poeti o Quei tre hanno vissuto nel tempo sbagliato... No, devo subito correggermi e dire che no, non c'entra il tempo. Ancora dev'essere l'amore o la vita che trovano forme proprie loro, e modi. Qualche giorno fa ho letto del ritrovamento di un elmetto della seconda guerra mondiale. All'interno il soldato aveva inciso: Mamma, se posso torno. Struggente. Poesia che tocca davvero il cuore. La sua vita s'è fermata in quella guerra, ma la carezza per la mamma è arrivata fino a noi. Gli ha allungato la vita.