Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

lunedì 18 aprile 2016

Storia vera e terribile tra Sicilia e America, Enrico Deaglio

Questa sera il libro da discutere ci farà soffrire un po’, almeno a me è accaduto. Ad un certo punto della lettura, quando si sono svelati alcuni fatti, non riuscivo più a guardare l’immagine in copertina. Qui è ritratta la foto di un uomo, Joe Defatta. Mi consola che, parlando di lui e di altri quattro sventurati stasera, come già prima ha fatto l’autore, restituiremo loro un po’ di giustizia. La storia, infatti, è quella di un linciaggio collettivo dove Joe, Charles, Frank, Rosario e John, tutti migranti cefalutani, diventano strani frutti nella sconosciuta Tallulah. La causa della loro morte è una capra che aveva infastidito il dottore del paese.
A parlarne siamo io, Giovanni, Marco, Annalisa, Lavinia, Patrizia R., Maria, Elke e Rosanna.

Marco ha imparato cose interessanti. Secondo lui questo libro non è un romanzo, però è una storia che va letta. Si è fatto un’idea personale della vicenda. Questi fratelli Defatta, migranti, venuti dal nulla, dalla lontana Sicilia, sono bravi. Invidia commerciale, quindi, prima di tutto. Poi, c’era che trattavano bene i negri, quando questi erano ancora oggetto di razzismo feroce. Forse erano prepotenti, e allora basta un episodio per montare la gente che non la fermi più. Aggiunge che suo padre è venuto via dalla Sicilia perché odiava i Siciliani.
Maria gli avrebbe dato un pugno su quest’ultima frase. Ma resta calma a chiedersi da dove derivi la parola linciaggio, la legge del linciaggio. Pensava fosse legata alla lapidazione e invece scopre che l’origine è la legge di Lynch. Ovvero, omicidio da parte di una folla di una persona sospettata o reo confesso di un delitto. Soffre Maria perché, secondo lei, non ci siamo spostati di una virgola da quell’episodio in avanti. Quei Siciliani sono andati lì per bisogno. Poi, a causa del loro destino, sono stati in una canzone e in una favola. L’ha colpita molto il capitolo otto, strani frutti. Corpi senza vita, appesi agli alberi in bella mostra. Trova però che il libro non sia un vero e proprio romanzo storico. È più una ricostruzione poliziesca od un saggio.

Patrizia dice che se si fosse trattato solo di un saggio, non ci avrebbe colpito così nel profondo. I fatti storici si incontrano dentro un vissuto che è romanzato, facendoli diventare propri. Le notizie sui personaggi sono romanzate, e il tentativo di rivestire la storia di umanità. Poi, c’è la scelta delle notizie. Leggendo, si progredisce nell’esserne colpiti, messe proprio in un certo punto. Ci invita a riflettere Patrizia R. sul significato che vogliamo dare alla parola mafia oggi e allora. Forse è meno grave il significato di allora. Inteso come aggregazione.

Ad Elke è piaciuto molto. Ha trovato tutta una parte di storia di cui aveva notizia, ma della quale non avevo letto alcunché. Ha trovato forme di razzismo pesante. Si è intenerita leggendo di come i Siciliani, imparando la lingua del posto, storpiassero i nomi delle città.
Lavinia l’ha trovato attualissimo. Allo straniero riconosce una grinta che noi non conosciamo. Riesce solo ad immaginare quale possa essere il dramma di spostarsi dalla propria terra.
 
Annalisa sostiene che chi va nel territorio d’altri è sempre considerato un invasore e un diverso.

A questo punto devo rammentare che in realtà quella dei Defatta, non è una migrazione volontaria, ma la storia di una deportazione ai danni di Siciliani delusi dalle promesse garibaldine e, per questo, potenzialmente pericolosi. Il Governo italiano aveva bisogno di disfarsi di queste persone, quello americano aveva bisogno di nuovi schiavi, essendo venuti meno i Negri. Gli interessi si incontrarono in un accordo, sconosciuto alla Storia. Per questo L’Italia, infatti, non difese la comunità siciliana dalle accuse tremende che le venivano lanciate e, in più, i nostri scienziati (vedi Lombroso) contribuirono a giustificare moralmente i linciaggi. 
Giovanni è d’accordo con Marco nella ricostruzione delle dinamiche che possono essere state alla base dell’omicidio collettivo. Ci fa notare lo strano caso di Pascoli che esortò gli Italiani ad andare in Libia a conquistare terre, più che in Louisiana a farsi linciare. È rimasto veramente male leggendo di Malcom X, il rivoluzionario nero islamico, che negli anni Sessanta aveva ricordato agli Italiani americani l’invasione dell’Italia da parte di Annibale.

Per Rosanna è impressionante che siano stati deportati sotto una falsa propaganda, appunto. Gente analfabeta, vittima di un Lombroso che aveva già fatto cultura. Diamo a tutti le stesse possibilità e poi ne parliamo! Ci dice, ma vorrebbe dirlo ai veri mandanti di quel crimine. Nessuno ha il diritto di considerare un altro inferiore. Le differenze ci sono, ma queste differenze non possono far acquisire dei diritti a danno di altri. È anche vero che all’interno dei gruppi esistono degli assunti di base che se uno dev’essere eliminato per l’omeostasi del gruppo, lo si elimina. È particolare che ospitalità abbia la stessa radice di hostis, nemico. Ovvero, la paura che l’altro riveli degli aspetti intimi di cui non si è a conoscenza. Il gruppo è paranoico.
Anch’io, come Patrizia, rifletto su quanto ci abbia colpito questo libro. I monologhi dei cinque assassinati sono strazianti. Per quanto romanzati, restituiscono voce, dopo 115 anni, a cinque vittime di un ordine economico che aveva cercato e trovato una nuova razza maledetta.