Nevica. Però il gruppo è così impaziente che dubito si farà scoraggiare da un po’ di neve. Eppoi questa sera ci sono dei ritorni, Giusy e Barbara. Una da Roma, l’altra da un innamoramento. Rosanna non c’è perché occupa la scuola con suo figlio; Mercede ha avuto una settimana faticosa col suo futuro figlio; Angelo manca; gli altri ci siamo tutti: Alberto, Maria, Letizia, Luisa, Katia, Chiara, Luigi, Lorenzo ed io. Annuncio la partecipazione futura di Mirca e Riccardo, questa sera impossibilitati dal lavoro.
Siamo in undici e oggi è undici, il nono incontro di questo ciclo. Bello.
Siamo quasi tutti concordi sul fatto che il giorno prima della felicità si è fatto leggere più volentieri rispetto a il peso della farfalla. Maria si appresta a dire che lei ha letto volentieri anche l’altro. Infatti ha detto quasi, mi aiuta Letizia. Volevo dire che la lettura è stata più scorrevole indubbiamente per il fatto che qui non ci sono animali ma persone e nomi, che la storia passata e vera entra nel racconto rendendolo credibile. Gli americani, gli emigranti, la guerra, il duello per amore, ‘o panariello calato dalla finestra. Nu mumèee. A Luisa infatti è parso di tornare nella sua città e Alberto ha riconosciuto suo nonno nel personaggio La Capa. Don Gaetano è piaciuto a tutti fuorché a Lorenzo che non ha letto. Dice che ha lavorato: ritorna accompagnato da un genitore, Lorenzo, non è una giustificazione ammissibile ( ti voglio bene, Lorenzo )! Alberto dice che avrebbe avuto piacere di avere a fianco una persona come don Gaetano. Già, soprattutto per farsi sostituire nelle chiamate della vedova. Siamo seri. E parliamo di questo ragazzino autistico a suo modo, schivo e indifferente perché troppo impegnato a crescere, dice Maria, e preso com’era da questo percorso di formazione della personalità non si è fermato ad Anna. Anna era lo strumento per imparare la vita. Mentre lei pensava di usare lui, per piangere finalmente, lui usava lei, per imparare a vivere semplicemente. Ognuno strumento dell’altro. Che non volesse essere amore? Sto pensando ora scrivendo. No. La figura di Anna sembra quasi imbruttisca la storia invece che ammantarla con la sua bellezza. Eppoi. Mi stupisce questo ragazzo, quasi uomo, vissuto senza affetti, e che per contrappasso dovrebbe attaccarsi ad ogni parvenza d’affetto, e invece tutto lo lascia indifferente, la vedova e quella cosa della felicità con Anna. Sembra più importante il giorno prima che non quello della felicità. Condivido. Se non è stata una felicità improvvisa a sopraggiungere di solito non ricordiamo la felicità ma l’attesa della stessa. Il giorno prima. E per avere un giorno prima, dice Letizia, devi avere un obiettivo, un desiderio che realizzandosi generi la felicità. Vero, dice Luisa, che ricorda il giorno prima del matrimonio. Lorenzo si appresta a fare una comunicazione di servizio ovvero che l’addio al nubilato Luisa l’ha fatto molti giorni prima e non il giorno prima della felicità. Abbiamo capito. Ci chiediamo perché sia importante questo giorno prima della felicità. Forse perché la felicità, qualsiasi felicità, è troppo fugace, fatta com’è di momenti. Forse perché a volte è così desiderata che la esaurisce il desiderio stesso prima che sopraggiunga. Forse perché è una condizione difficile da riconoscere quando c’è. Carofiglio anzi Gianrico ( come quando uno si vanta di conoscere una celebrità e la chiama col suo nome ) in né qui né altrove fa scaturire la tristezza dei tre quarantenni proprio dalla loro incapacità di riconoscere o d’aver riconosciuto la felicità. La felicità è un regalo. Che meraviglia! Un regalo di cui non riconosciamo il valore subito o forse mai più, così ci resta solo il giorno prima. Tanti giorni prima per tutti i personaggi, interviene Luigi. Ogni personaggio ne ha uno suo che Maria, Giusy e Luisa partono nel cercare quale sia il vero giorno prima. Erri ( il vocativo è sempre stato il mio caso preferito ), se vieni, dovrai svelarci ‘sto giorno prima perché ci siamo un po’ persi. Ancora: Luigi pensa che il libro sia composto da due parti che lo dividono più o meno a metà. Gli è piaciuta più la prima. A Maria ha irritato la conversazione tra i due ragazzi ( però abbiamo trovato la frase da suggerire a Luigi per san Valentino alla sua fidanzata, mio fianco, palpebre di chiglia di navi ) e Letizia ritiene che le due parti, nel caso, non siano paragonabili.
Ognuno di noi aveva un brano o una frase preferita del libro, ognuno di noi ha letto quel brano o quella frase. Così è venuto fuori il pezzo di palazzo e il figlio della città, siamo dove viviamo, caro padre non ho preso da te; la libertà che non può trovarti nascosto; i libri che lasciano un vuoto incolmabile e che diventano ricci se c’è un incendio; la seconda voce di don Gaetano quando parla dell’Argentina; che bastano sei persone tutte in una volta e allora si vince, ci pensate? che gli uomini hanno bisogno di momenti speciali per mostrare il valore e invece le donne sono valorose nella normalità; la guerra che tira fuori ogni fetenzia; la notte che rende civile la città; un bambino senza carezze che non sente neanche le mazzate; il tempo che si mette addosso un odore per farsi riconoscere, mio padre è il caffè con la sambuca; le stelle addosso senza potersele scrollare; eppoi il giorno di convalescenza della felicità, quant’è dolce la malinconia che ci culla dopo che le cose sono accadute? E ogni giorno che nasce vergine di poesia; e la vita speciale che va difesa anche se deve passare del sangue; il napoletano che fa vedere le storie, l’italiano le scrive solo perchè è pigro e fa a meno dei casi.
Ancora: un giorno di maggio finito nel mazzo di dicembre e se ieri hai vinto a scopa hai finito di imparare.
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