Louise, canzone senza pause, la pausa se l’è guadagnata sin dalle prime pagine dai più. Questa sera siamo pochi, Giusy, Mirca, Lorenzo, Letizia, Katia, Chiara e io. Di questi pochi solo in tre abbiamo letto e solo a me alla fine il libro sembra sia potuto piacere. Perché a Katia ha annoiato e Chiara pensa che per alleggerirlo un tantinello Louise poteva andare alle terme. Che nostalgia le terme di Saturnia e quel simpaticone di Graziano Biglia! Gli altri, chi più chi meno, si sono fermati a pagina sessanta o giù di lì. Lorenzo lo ha trovato lontano dai suoi schemi in questa fase della sua vita. Giusy solitamente legge il genere storico ma questo era davvero…senza pause! Forse perché non ha letto le tavole allegate, come invece ha fatto Chiara. E Letizia dalle tavole impara della coltivazione della patata a Francoforte e delle finestre che in Spagna non c’erano. Attenzione infatti! Siamo nel XVI secolo. E comunque s’impara sempre qualcosa leggendo. Mirca invece nella sua breve lettura ha trovato, da non credente, qualcosa che le ha fatto provare invidia per chi invece lo fa ed è riuscita a commuoversi per quella preghiera che consiste nell’insistere all’infinito, in maniera ostinata e petulante, ché se anche Lui non t’ascolta subito infine ci si mette e risponde.
Allora. Adveniat regnum tuum, dice Chiara verso di me. Anch’io ho fatto fatica a superare l’assenza di pause di questa canzone barocca. Cantata tra lune matrone, solitudini sconosciute e insperate, lontananze che dilatano le assenze, cambiamenti speranzosi e sperati, possibilità di nuovi amori, nuovi figli, nuovi luoghi, nostalgie struggenti, cose che vibrano di memoria più degli esseri viventi, odore del passato e giorni senza presente, lettere, legami familiari, attese strazianti, entusiasmi che uccidono, buoni insegnamenti, fiori, mani, cieli, parole, disperazione e contemplazione, abbandono e fiducia, responsabilità, pazienza, dignità, vecchiaia, vendette, strategie, potere e prestigio, eresie, diplomazie, ambascerie e mediazioni, un amore materno prigioniero della carta, un Dio geloso e antico che non tollera di essere diviso con nessuno e un lungo ottobre passato a setacciare la vita.
È stata Rosanna, pur assente questa sera, a farmi trovare il filo conduttore della canzone senza pause. Qualche giorno fa s’è lasciata andare ad un parallelismo col Notturno Bus di Giampiero. Ed io, da questo parallelismo, mi sono lasciata guidare pensando a cosa, più di ogni cosa, del Notturno Bus, m’era restato. Ed era stato qualcosa che non era un personaggio. Era stato l’odore. In Louise, libro, ho trovato la tolleranza. Louise, personaggio, è una donna che riesce, con le innumerevoli e lungimiranti assenze di pause appunto, ad intessere le più stabili delle relazioni che determinarono per lungo tempo un assetto politico europeo cordiale tra cattolici e protestanti. Eccola la tolleranza. Quella che vuole che ogni idea, di ognuno, abbia la propria forza. E che rifiuta che un dio resti impegnato nella gran parte del suo tempo a stilare la lista dei dannati e quella degli eletti.
Ho cercato di convincere gli Itineranti presenti stasera che Louise meritava d’essere letto alla fine. Perché questa povera disgraziata, che diventa una gran donna, muore. Non tanto di vecchiaia come si potrebbe pensare data la sua veneranda età. Louise c’insegna che si muore per il silenzio. Ché se la gente sapesse quanto bene possano fare le parole, e la lettura delle parole, forse non ne sarebbe così avara.
Già. L'avarizia come l'indifferenza.
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