Sorelline, sorellastre,
sorelle. Un crescendo di sorellanza questo libro suddiviso in tre
parti.
Le sorelline si scrivono
lettere dopo che una è scomparsa per ottenere attenzione dall'altra.
Le sorellastre finiscono col rotolare giù da una scarpata in auto,
forse suicide. Le sorelle si accompagnano mentre una delle due va
incontro alla morte per cancro.
Ho appena vissuto una
forte esperienza di fratellanza, quando leggo questo libro. Forse il
tronco, eccolo. Ma è solo un caso che siano tutti miei fratelli.
Appena un mese fa ho vissuto un'esperienza di morte per cancro. Non
era mia sorella, avrei voluto restarle accanto nella vita, non mentre
se ne andava. Eppure sento che è lì che siamo diventate sorelle. Mi
commuovo mentre ne parlo con Maria, sarah, Lavinia, Patrizia e
Marella, Sara, Marco, Marina ed Elke.
Per Sarah è un libro
troppo cinico. Sembra che l'autrice abbia fretta di disfare ogni
famiglia. Sara, senza acca, non aveva pensato al cinismo invece, ma
ad un vissuto personale. Ma si può scrivere di storie di amiche come
fossero tue, interviene Maria. Le ha dato fastidio la mia definizione
di tronco, perché lei si è sempre sentita sola. La sua famiglia
sono i suoi amici. Non si tratta di cinismo qui, in questo libro,
dice. Piuttosto di assenza di stereotipi. La prima parte del libro
l'ha trovata fastidiosa, lei scrive di pancia. Eppure via via, anche
il primo racconto diventa toccante, umano. Nella seconda storia
invece la sorellastra è talmente diversa che le è parsa costruita.
E anche se Marina ritiene che proprio perché sorellastre, quindi con
un sol genitore in comune, la differenza sia credibile, Maria pensa
che si tratti solo di una costruzione letteraria di tipologie di
sorelle. E solo la terza sia quella possibile.
Elke ci ha messo un po' a
capire che si trattava si storie staccate, che l'una non era il
proseguimento dell'altra e poi dell'altra ancora. Essendo figlia
unica, fa fatica a capire la condizione di sorella.
Discutiamo ancora del
primo racconto, pur essendo quello che ci è piaciuto meno. Forse
perché gli altri due alla fine sono più comprensibili, per quanto
possa essere comprensibile la morte. Vengono sotto accusa i genitori,
eppure la gran parte di noi presenti è già genitore. Quello che ho
imparato a fare, col peso della distanza, è cercare ragioni più che
colpe. Maria è d'accordo con me. Se si cercano ragioni ci si spiega
anche certe assenze, certi vissuti. Senza giustificare. Non è
automatico che se i genitori si comprtano in un certo modo i figli
poi fanno diversamente.
A Marco il libro non è
piaciuto. Per lui non ci sono rapporti familiari prima che se li
costruisse. Nel libro ha trovato cose poco credibili. Secondo lui i
rapporti in una famiglia sono più difficili dentro che fuori. Dentro
c'è più pudore. Quel pudore l'ha vissuto e se lo porta dietro.
Quello che ha imparato è che i rapporti non si possono delegare.
Marella alla prima pagina
avrebbe voluto suicidarsi. Patrizia, ancora il primo racconto, l'ha
trovato cinico e graffiante. Però le è piaciuto che potesse
succedere una cosa così.
Lavinia dice che si sente
fortunata dopo aver letto il libro. Fortunata del rapporto col
fratello e con la sorella e si augura di trasmettere ai figli, se ne
avrà, questo senso di appartenenza che è dentro la sorellanza e la
fratellanza.
Rosanna infine ricorda
che fare i genitori è un prendersi. Poi, dipende anche dal film che
ti sei fatto, figlio o genitore. Il tronco comune? Per lei è stato
avere dei genitori di cui occuparsi ed esserci, a prescindere, per
suo fratello.
Mi piace e mi preme sottolineare che non mi sono sentita mai sola per l'assenza di una vera calda famiglia tradizionale. Era la mia realtà e quella condizione, grazie non so a chi o a cosa, mi ha resa libera e profondamente consapevole di me.. Era importante per me dirlo ancora una volta, chiedo scusa. Credo che Lidia sia stata capace di provocare, costruendo storie che potrebbero anche esistere, per interrogarsi e interrogarci su relazioni parentali che, per il solo fatto di esistere, pretendono attenzione, ascolto, aderenza al tema, foss'anche per dissacrarlo. Se ci si confronta davvero, poi si è più consapevoli delle dinamiche, a volte terribili, tra coloro che per definizione dovrebbero essere solo e sempre fonte di sicurezza. Che subiamo, ma che facciamo anche subire. Per poi sperare di perdonarci.
RispondiElimina