Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

lunedì 25 gennaio 2016

Itinerario Romanzo storico, proposte.

Eccole.
Guardati dalla mia fame di Milena Agus e Luciana Castellina.
Libro scritto a due mani, racconta una storia vera, l’uccisione delle sorelle Porro ad Andria nel 1946, nel clima infuocato del dopoguerra e della lotta per il lavoro e la terra tra braccianti ed agrari. Il libro si compone di due parti. Nella prima, scritta da Agus, l’autrice entra nel palazzo delle sorelle Porro e, tra immaginazione e documentazione storica, ricostruisce la “tragedia privata” delle protagoniste. 

Storia  e terribile tra Sicilia e America di Enrico Deaglio.
Il giornalista indaga sul linciaggio di cinque fruttivendoli siciliani a Tallhula, in Louisiana, nel 1899. Dietro la controversia per una capra molesta, che la versione ufficiale vuole all'origine dell'eccidio, i drammi dell'immigrazione e del razzismo. Che oggi si ripetono a parti rovesciate.

La rivoluzione della luna di Andrea Camilleri.
Correva l’anno 1677 quando, poco dopo essere stato nominato viceré di Sicilia, don Angel de Guzmán fu colto da morte improvvisa. I consiglieri del regno attendevano ancora la nomina di un sostituto, quando inaspettata giunse la notizia di una lettera, una sorta di testamento, che don Angel aveva scritto in caso di morte anticipata. Quale stupore per i consiglieri quando appresero che il  defunto aveva nominato sua moglie donna Eleonora di Mora come viceregina! Che disonore essere governati da una donna in una situazione come quella! 

lunedì 11 gennaio 2016

Il romanzo della nazione, Maurizio Maggiani


Questa è una storia di gente viva, viva davvero, intendo. Ed è la storia di una Nazione che è morta, morta sul serio, voglio dire. Aveva in mente di scrivere il romanzo della Nazione, l’autore. Ma disgraziatamente gli muore il padre, quello che lui riteneva lo scrigno della Nazione. Il libro racconta dei genitori e dei loro sacrifici. Della fatica e della lotta politica. Della costruzione di un maestoso Arsenale Militare. Del diventare grandi e delle speranze finite.
Ne parlo assieme a, Giovanni, Sarah, Patrizia B., Marina, Margherita, Carla, Patrizia R., Rosanna, Rita e Marella.

È un libro autobiografico, credo. Interessante per vedere lo spaccato di un periodo e di un Paese. Una buona scrittura che va per associazioni libere, perciò, a tratti faticosa. Le parti sulla morte mi hanno colpita molto, ma anche quelle sulla poesia. La scelta delle parole. Lo spirito di sacrificio. A forza di sacrifici si può prendere una piega migliore e capitare proprio in quella piega. Poi, non c’è verso. Io mi innamoro delle mani. Il primo romanzo della Nazione credo d’averlo letto nelle mani ruvide di mio padre.
A Sarah non è piaciuto. L’ha irritata moltissimo. Trova che sia solo una registrazione. Premessa valida, poi nulla. L’ha finito e quindi? Si è chiesta.
 
Maria non lo ricorda più. Avvicinandosi a Sarah, l’ha infastidita quanto più si staccava dall’autobiografia. Come me trova che sia biografico con taglio storico. Ma l’ha affaticata molto, proprio stancata, questo andare per associazione libera. Stupenda la parte del suo diventare orfano. I personaggi stupendi, i nomi spettacolari. Poi, quando deve sostenere il titolo, ci ricorda, sottolinea che ogni singolo avrebbe potuto scrivere il romanzo della Nazione. Chi è Nessuno fa storia.

A Rita mette ansia, le fa tristezza. Fatica con la categoria del romanzo storico, era prevenuta, invece leggendo non le è dispiaciuto. Anche la parte storica, forse perché aveva poche aspettative. Lo definisce uno spunto per pensare come eravamo. Dove la patria aveva la sua importanza e si facevano figli più facilmente. Dei pezzi incastrati nell’insieme, il racconto, e nell’insieme lo consiglierebbe anche.
Giovanni ha sentito la sconfitta del padre come fondatore di nazioni e come lui tutti quelli che ci hanno provato. Sono diventati solo proletari, proprietari di figli. Il libro si compone di due parti volute. Nella prima sono ben definiti i sentimenti dei fondatori di Nazione.

Carla non lo ha finito. Più o meno c’era, dice. Il racconto è un vissuti della nostra storia. Ha avuto la sensazione che poteva finire 100 pagine prima. Le dispiace che l’autore parli del padre come sconfitto. Non ha capito, perché aveva un vissuto pieno. C’erano esigenze diverse, la vita era diversa. C’era il tempo di pensare a qualcosa di ulteriore. La mentalità è fortemente cambiata.
A Rosanna le prime pagine sulla morte le hanno dato fastidio. Perché gli serviva il padre per scrivere il romanzo della Nazione. Eppoi: Nazione, che parolone! Nazione la fa pensare ad un paese che deve difendersi da un nemico esterno. Il patriottismo c’è quando c’è lo straniero, diceva Mazzini. Il problema è che è sfuggita una cosa semplicissima, che invece San Francesco aveva capito. La gente il latino non lo conosceva e bisogna parlarle col linguaggio visivo. Forse è qui tutto il fraintendimento e il fallimento di una Nazione. Le Nazioni si fanno conquistando.

Maria non è d’accordo. Rivendica all’autore la lucidità di sapere come l’avrebbero fatta la Nazione. Con il loro lavoro l’avrebbero fatta. Con il lavoro che era la loro utopia. Oggi non c’è lavoro, non ci può essere alcuna utopia. Al povero padre, all’autore, manca il passaggio di testimone. Questo è il fallimento.
Ma si può continuare a sognare, aggiunge Giovanni. Forse vivere di sogni è un’utopia. Eppure Lutero e M.L. King coi loro sogni hanno cambiato la storia. L’autore è questo che rimprovera al padre, di non aver seguito i suoi sogni.

Già. Marina pensa che tutti i figli potrebbero contestare qualcosa ai genitori. Che forse l’amore di patria non esiste. Che deve iniziare a sentirsi fallita come genitore. Che come figlia non ha acchiappato il testimone e non l’ha portato avanti.
Elke, il libro, non l’ha capito. Non ha trovato le due parti. Solo pensieri liberi.

Per Margherita il senso del racconto è che ci si è occupati del piccolo e si è perso di vista il grande.
Ancora Giovanni non ha capito, e ce lo chiede, perché l’autore prima idolatri il padre, poi lo critichi.

Gli risponde Maria. Per riportarlo per terra. Poi, anche per trovare una giustificazione per sé, Maggiani, di non essere fondatore di Nazione. È quello che lei vorrebbe fare da tempo. Ha sentito la possibilità per ognuno di noi di fare la Nazione. Convinta di ricominciare noi da noi.
Per Patrizia B. la prima parte è tenera. Poi, si è chiesta cosa stesse diventando il racconto. Cosa stiamo diventando noi, adesso.

Marella ha sentito pesantezza nata dall’assenza di un filo conduttore. A lei sembra che le persone si stiano adagiando. E di quel periodo dice che probabilmente quando c’è stato il boom economico le persone se lo son volute godere.
Questo tanto per dire che la storia non finisce mai, e va dove deve andare. Si conclude così il libro. E sono restata incerta.