Una buona scusa per uscire in orario dall’ufficio finalmente, l’incontro di lettura. Eppoi ho ancora le ultime trenta pagine da leggere, le avrei lette nella pausa pranzo ma mi ha intercettato la nuova collega. Per fortuna il viaggio in autobus è lungo, quale migliore luogo per leggere il notturno bus dove poi l’ho letto praticamente tutto? Se solo non sobbalzasse così tanto, l’autobus! E soprattutto la mente non avesse voglia di perdersi oltre il finestrino e la città che scorre. Ci son sempre i gradini di San Petronio. Matera mi muore lì. Francesco e Leila decollano da lì. Mi resta anche qualche minuto per guardare attorno la piazza. Bologna è davvero bella ed io a volte riesco ad amarla quasi fosse mia. La sua ragnatela è micidiale.
M’incammino per raggiungere gli altri e in via Lame incontro Maria che scende dalla bici e prosegue con me a piedi. Abbiamo delle cose da dirci, anche delle tristezze da raccontarci.
Saremo pochi stasera: Mirca stava andando a consegnare un fascicolo dell’ultimo minuto in via Murri; Letizia ha Nembo convalescente; Angelo l’idraulico, non convalescente ma in casa; Luigi l’esame, con studi convalescenti forse; Gianluca dice che poi mi spiega; Milvia semplicemente non ce la faceva; Cristiana – sarebbe stata la sua prima volta – una bega di lavoro; Mercede e Ivonne non pervenute. Siamo comunque in nove ( ancora la perfezione più perfetta! ): Alberto, Maria, Rosanna, Katia, Chiara, Luisa, Lorenzo, Barbara - che bello! - ed io. Sul finale si aggiunge Natalia, il suo primo incontro, vediamo di non metterla in fuga.
Mi fa piacere la domanda iniziale di Lorenzo che ci chiede come sta il gruppo. Credo che il gruppo stia bene, quest’anno poi abbiamo letto tanto e molto di più rispetto all’anno scorso e, anche se ci sono stati dei passaggi curiosi, lo zoccolo è rimasto ed è assiduo ed è attento, ed ha ancora voglia di leggere assieme. Alberto pensa che avremmo potuto ampliarlo di più come gruppo. Lorenzo che si debba evolvere. Io credo che come gruppo abbiamo raggiunto davvero un buon livello di intimità e quindi anche di ottima comunicazione, sarà forse per questo che chi entra ora quasi si spaventa. Maria è d’accordo e anzi lei quasi s’imbarazza quando c’è qualcuno di nuovo. Quanto ad evolversi probabilmente il genere di letture che affronteremo nel prossimo ciclo ( il terzo! Evvai! ) potrebbe far la differenza. Si potrebbe per esempio azzardare di leggere dei classici, Pirandello e Deledda per fare dei nomi, o potremmo scegliere autori per argomento e spaziare oltre gli italiani e viventi. Appunto, italiani e viventi. Veniamo a Rigosi, ora.
Lorenzo non ha letto tutto ma gli è piaciuta molto la descrizione di Bologna, questa cartolina anni ’90 di posti che sta imparando a conoscere. Si è sentito coinvolto nel ricordo di un concerto mancato, quello di Petrucciani, dove sarebbe dovuto andare anche lui. La velocità della storia e le descrizioni particolareggiate con ritmo incalzante danno intensità al libro, dice. Già, aggiunge Katia, sebbene il finale risulti quasi scontato. E Chiara concorda. Ad Alberto il giallo non ha fatto impazzire, le scene son ben narrate, questo è indubbio, ma la trama non gli è parsa così chiara tant’è pensava che i due ce l’avessero fatta. Infatti il punto è, dice Rosanna, capire se Rigosi nasce come scrittore o sceneggiatore. Glielo chiederemo. Katia ci delucida sulla storia narrata e sembra, da intervista letta, che l’ispirazione sia venuta proprio da un episodio vero di una ragazza su un autobus. Maria ha fatto fatica a leggere, anzi voleva interrompere ma il desiderio di poter dire è stato più forte. Notturno bus è una sceneggiatura, dice veementemente, e non può meritare l’appellativo di romanzo giallo. Quelli di Carofiglio sono romanzi (santo subito Gianrico! ). Questo è un libro a quadri dove lei ha fatto una fatica pazzesca per non perdersi e ha dovuto segnare tutti i nomi man mano che individuava un personaggio. Detto ciò, ridotto a zero il valore di libro, la sceneggiatura resta alta, aggiunge pacata. Con personaggi strepitosi. Rosanna ritiene che sia troppo ridondante di particolari questo notturno bus e chi scrive, qui Rigosi ma chiunque, non può non mettersi nei panni di chi legge, non pensare alla reazione del lettore. A lei affascinano gli scrittori che riescono a scrivere quasi avessero vissuto davvero le storie e cita ancora Carofiglio e il suo Guerrieri ( posso indire la causa di beatificazione per Gianrico scrittore? ). O anche Erri ( per lui niente causa di beatificazione. Erri è. ). Lui non le inventa le storie, ci dice Maria, avendo letto una sua intervista. Sembra che sia solo relatore di cose che vicine o lontane riempiono la sua vita. Eppoi mi pare d’aver capito che la sua vita sia stata così piena che può permettersi davvero d’avere materiale in abbondanza senza dover sforzare la fantasia. Torniamo a Rigosi che lo so che a breve chiameremo Giampiero. Ci perdiamo un po’ in questo mondo che davvero si snocciola sugli autobus, alle storie che, proprio come nel libro, si sfiorano senza saperlo, si vivono accanto, si disturbano, incappano le une nelle altre, e allora ci può stare che alla fine il Ragno con la sua ragnatela le divori, le accomuni in unico destino o, se non siete fatalisti, semplicemente in un unico progetto. Prendiamo il geometra Sacchetti: quante volte vi siete chiesti leggendo cosa c’entrasse nella storia? I più maliziosi, son certa, avranno pensato che metterci del sesso in un libro alza l’attenzione. Invece è solo che il nostro geometra, distraendosi per urgenze di sesso, finalmente ha fermato la corsa dei delinquenti.
Siamo tutti d’accordo che Rigosi col suo notturno bus ha fatto anche una fotografia spietata, non solo malinconica della Bologna anni ’90, di alcuni costumi, della corruzione, dell’ipocrisia, della disperazione. I personaggi sono inventati, può darsi, ma sono riconoscibili. Le situazioni anche. Oltre che i luoghi per noi. Così ci restiamo male quando Luisa insinua il dubbio che il film tratto dal libro sia ambientato a Roma. Ma come? E la ragnatela? Alberto cerca una recensione del libro e del film on line. Scopriamo che si ragiona in euro e non in lire nel film e che quindi i nostri anni ’90 sono riveduti nel nuovo millennio. Il resto però è uguale. Verrebbe da dire: schifosamente uguale.
Mentre discutevamo stasera mi sono sorpresa a rintracciare il filo conduttore della storia, come un sottofondo quasi impercettibile. Mi aveva colpito il personaggio di Francesco, l’autista di questo autobus ( il 20 o il 37 probabilmente ), che nella sua disperazione aveva trovato spazio per la pietà verso il travestito che resta sdentato in una frenata, quando di spazio per la pietà non doveva essercene più fuor che per se stesso. Ma soprattutto di Francesco mi ha colpito la sua capacità di sentire l’odore, di riuscire ad impregnarsi le narici di un passaggio così veloce come era stato quello di Leila. L’odore. L’olfatto sembra che sia la parte più antica del cervello, quello che insomma i nostri antenati hanno sviluppato e che forse ancora ci degrada o ci eleva ad animali. Per loro lo chiamiamo fiuto. Così mi sono sorpresa di riconoscere e sentire i vari odori che via via vengono descritti, non solo quello di Leila. L’odore della parmigiana, del tabacco, delle gomme sull’asfalto, della polvere da sparo, del sangue, del sudore, della pelle bruciata, di una dissenteria improvvisa, dei soldi e del sesso. Gli odori che le varie situazioni sprigionano insomma. Forse è l’odore l’anima di questo libro, quello che riesce a reintegrarlo come romanzo. Visto che manca di anima, come dice Maria. Matera però mi pare l’abbia l’anima. Mi è piaciuto come personaggio, mi piace chi sa gustarsi della buona musica e trovare sempre il tempo per farlo anche quando non è il tempo perché magari stai per ammazzare qualcuno. Roccaforte pure ce l’ha l’anima. Riesce a sognare e non è da poco in un uomo. Lascia pure poi che siano incubi! Io Rigosi me lo sono immaginato come Roccaforte. Avrei potuto immaginarlo anche come Matera ma visto che lo dobbiamo incontrare preferisco non renderlo assassino. Prepariamoci ad accoglierlo piuttosto, il 27.
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