Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

giovedì 9 giugno 2011

101esima lettera d'amore (di Vita) per L'amore non si dice di Massimo Vitali

Lettera sul perché della centounesima lettera

( Questa lettera vuole essere un grazie giocoso a Massimo Vitali per aver concluso il terzo ciclo di incontri del gruppo Itinerari di Lettura. Spero d'essere stata all'altezza di Edoardo che di lettere ne ha dovute scrivere ben cento più un'appendice ne L'amore non si dice. )

Cara  Teresa,

lo so, non puoi credere ai tuoi occhi stamattina nello scoprire ancora, dopo tanto tempo, una lettera per te. E non è una raccomandata. I patti sono patti infatti, anche se è passato tanto tempo. Sarebbe come se tu all’improvviso ora mi rispondessi e, potessi anche romperti una gamba, non mancheresti all’appuntamento delle cinque. No, Teresa, la coerenza prima di tutto….le cinque del pomeriggio?
Ti scrivo questa centounesima lettera per due motivi. A proposito: hai notato che va molto di moda cominciare ad elencare i motivi che poi non risultano mai essere del numero annunciato? È come se io ora ti dicessi solo uno dei due motivi per i quali ti scrivo. Detto il primo potresti pensare che il motivo non detto sia perché ora voglio parlarti d’amore. No, Teresa. Mi manchi. Ora dico il primo motivo sennò penserai che era in quello che volevo parlarti d’amore. Da quando non ti scrivo più ho conosciuto un nuovo barbiere. Non che con l’altro non mi trovassi bene ma dopo che avevo deciso di smettere di inviarti lettere ho pensato anche di allontanarmi da tutte le persone e le cose che mi riportavano a te. Poi il nuovo barbiere non mi spiega il taglio mentre taglia. Taglia e basta e ha i capelli come i miei. Non è mica un particolare da poco, Teresa? Così sono certo che tratta i miei capelli allo stesso modo che i suoi, perché forse si sbaglia anche pensando che siano i suoi. Per farti capire è come se all’appuntamento delle cinque ( del pomeriggio ) io mandassi il mio gemello omozigote. T’aspetterebbe pure lui. Insomma questo nuovo barbiere un giorno, chiacchierando, mi parla di un GDL ( gidielle, lo dice così ), che si trova bene in questo GDL, che ci va una volta al mese e che il giorno in cui me ne parla era quella volta al mese. Vieni con me, mi dice. Ed io, per non fare la figura del cretino che non sa cos’è un gidielle, vado con lui. Andiamo in questo posto che poi è una sala, una bella sala con tanti volti del passato appesi al muro, nelle cornici, non come trofei macabri. Mi sento gli occhi addosso, sono una dozzina, non gli occhi ma i propreitari degli occhi. Il barbiere mi presenta e questi non fanno in tempo a conoscere il mio nome che mi devo scansare dalle loro domande. La prima è stata se avevo letto qualcosa. Vedi, Teresa, in che guaio mi hai cacciato? Poi ti spiego. Se tu avessi risposto almeno una volta avrei letto una tua lettera e sarei stato preparato. Al mio imbarazzo negativo è susseguita un’altra domanda. Se avevo scritto qualcosa. Qui, Teresa, ho gongolato per la costanza delle lettere che ti ho inviato e ho sciorinato la mia digressione su come si può restare innamorati senza parlare d’amore. Credo d’amarti ancora. Dicevo: mi ascoltavano tutti attentamente, a tratti ridevano, poi tornavano a domandare, ho dovuto difendermi ma s’interessavano persino ai miei tombini e ai tramonti in tangenziale, poi anche alle banane e ai kiwi ( a proposito non mangio più banane perché mi terrorizza l’idea che possa sporgere dal cesto frutta e mi s’inneschi nuovamente il desiderio di condivisione del problema ).  Ma alla fine abbiamo bevuto e loro hanno pure mangiato. Io e il barbiere siamo andati via che mancava poco alla mezzanotte. Ho salutato questi del gidielle e finalmente uscendo ho preso il coraggio di chiedere al barbiere ( che poi si chiama Massimo ) perché quelle persone composte da una certa Maria, una certa Nara, una certa Letizia, una certa Barbara, una certa Katia, una certa Giuliana, un certo Alberto ed un certo Lorenzo, una certa Sarah, una certa Nicoletta, una certa Cinzia ed una certa Vita ( che poi sarebbe Vera anche se si chiama Alessandra ) si definivano gidielle. Tu pensi sia per brevità,Teresa?  Perché sono avari di parole e un solo nome fa per tutti? Accidenti, no! Ti assicuro che non sono avari quanto a parole. GDL sta per gruppo di lettura. Mi sono sentito un pesce fuor d’acqua e, con tutto l’amore che non dico ma che sento, ora ti sto scrivendo ( eccolo il primo motivo ) per dirti che la colpa è solo tua ma puoi sempre rimediare.
Edoardo   


1 commento:

  1. questo telegramma vuole essere un grazie a tutto il gruppo gidielle però in ritardo, perché è bello dire grazie quando uno non se lo aspetta.

    Grazie Maria, grazie Nara, grazie Letizia, grazie Barbara, grazie Katia, grazie Giuliana, grazie Alberto, grazie Lorenzo, grazie Sarah con l'h, grazie Nicoletta, ammazza quanti siete, grazie Cinzia e sopratutto grazie a Vita che poi sarebbe Vera anche se si chiama Alessandra, quindi grazie alla trinità.

    mi sembra di essere alla notte degli oscar.

    grazie per il premio che mi sono dato da solo, a presto!!!

    RispondiElimina