Lui è tornato. Hitler, Adolf.
Un libro paradossale, preferisco definirlo così anziché grottesco come da più parti si legge. Racconta il ritorno del Führer, cui è restata la stessa ambizione: l'egemonia tedesca sul mondo. Per un gioco di ambigue equivocità nel libro Hitler diventa un'icona mediatica e, mentre il mondo lo scambia per un comico, lui finisce per rifondare il Partito Nazista.
Ho letto questo libro sull'onda dell'emotività di un mio recente viaggio ad Auschwitz - Birkenau. Mi ha infastidito molto, e sin dalle prime pagine, il fatto che si possa provare simpatia per Hitler, perché questo avviene. Il libro è esilarante, l'autore è molto compiaciuto di ciò, sostiene infatti che vi sia esitazione a ridere sul nazismo, che il non riderne sia parte di un rituale. Io mi sono sentita stranita. Volevo abbandonare la lettura, poi ho deciso di proseguire per vederne la fine. Non c'è alcuna redenzione, del resto anche in Lasciami andare madre la guardiana del campo di Birkenau non mostra alcun segno di pentimento. Anzi, il finale del libro di Vermes è scioccante e, poco importa se ve lo svelo, termina con uno slogan "Non era tutto sbagliato".
Le recensioni che ho trovato su questo libro sono tutte buone. Mi sento ancora più stranita, forse non ho colto il messaggio, che pare di riflessione e di non autoassoluzione. Concordo sul fatto che sia un'ottima scrittura, appropriata, efficace nei dialoghi. Concordo sulla preparazione dello scrittore, sebbene mi infastidisca il sovente compiacimento che si rinviene nelle informazioni date. Concordo anche sulla riflessione, sto riflettendo. Sulla non autoassoluzione?
"In
Germania sappiamo tutto sul nazismo e l'Olocausto, ma su di lui
tendiamo al rituale dell'anatema. Lui era il pazzo criminale, oppure
era il folle sciocco, lui fu responsabile di tutto. Tendenza
inconscia all'autoassoluzione da colpe collettive, a voler
dimenticare che per prendere il potere, instaurare una tirannide,
avviare il genocidio su base industriale, scatenare una guerra
mondiale, è indispensabile un forte appoggio del Paese". Rifletto sul fatto che, laddove vi siano simpatie latenti, con una simile scrittura possano essere legittimamente alimentate. Rifletto sul fatto che l'autore riesca a dire che se lui tornasse non lo riconosceremmo e ancora una volta non lo prenderemmo sul serio. Sarebbe solo un comico. Eppure, lo dice lui stesso, il personaggio, la questione ebrei non è divertente. I campi con le camere a gas e i forni sono ancora lì, visibili. Ci sono ancora i sopravvissuti che ce le raccontano queste cose. In misura minore non è neppure divertente la considerazione delle masse, sedotte da un oratore che ha posizioni aberranti, ma almeno le ha. Non è divertente infine la gara dei politicanti per accaparrarsi nelle proprie fila l'Hitler ritornato. Ma chi ci governa? Possibile che nessun politico, che si sia riconosciuto in quei personaggi, abbia preso le distanze da un racconto simile e gridato che no, non lo vorrebbero mai nei loro partiti? E noi chi siamo? Eccola la mia amara riflessione.
Un ultimo appunto. Ho trovato elogi anche sulla copertina del libro. Bianca con la sola sagoma della scriminatura dei capelli di lui, di Hitler. I caratteri del titolo costituiscono i baffetti. Ma qui mostrerò la foto di un posto che mi ha toccato profondamente.
camera a gas ad Auschwitz |
Accidenti! Scrivere un libro che rende accattivante Hitler e magari accettabili - anche solo un po'... - la sua ideologia e le sue motivazioni per lo sterminio degli ebrei è osceno, così, senza possibilità di giustificazioni e di attenuanti.
RispondiEliminaBisogna denunciare questa squallida operazione, bisogna fare contro-informazione, ovunque sia possibile e con tutti i mezzi a nostra disposizione. Quindi grazie, Vita, di questa appassionata recensione, che è molto di più di una recensione qualunque, è far cadere il velo della bella scrittura, che attenua la vista e offusca la mente e fa sorridere quando bisognerebbe solo vomitare.
I nostri politici, dici. Spero non abbiano avuto questo libro tra le mani. Vogliamo dirglielo noi?
Non ho letto il libro di Timur Vermes ma soltanto alcune recensioni dalle quali mi sono fatto quest'idea: iil novello Hitler è pericoloso non perchè le sue idee vegono accettate dalla società in cui si muove ma perchè questa società, pur considerandolo un esilarante comico, uno stravagante personaggio è così cinica, interesssata al successo ad ogni costo da prendere a modello questo personaggio per il solo fatto che ha successo. Mi sembra significativo che Francesca Gabelli si sia interessata a questo autore leggendo il titolo del resoconto di un' intervista da lui rilasciata dal titolo: "Ma è vero che da voi (Italia) un comico (occorre dire chi?) ha ottenuto il 25% dei voti (nelle ultime elezioni)?" Nel suo libro Vermes, secondo le recensioni da me lette, voleva far ridere o almeno sorridere (e secondo Francesca Gabelli, alla fine non ci riesce) i lettori del suo Paese del seguito che potrebbero avere le idee di certi personaggi anche i più squalificati quando queste idee pur fuori da ogni norma risultano vincenti dal punto di vista del successo.
RispondiEliminaPost commento: mi piacerebbe leggere un Lui è tornato dedicato a qualche personaggio del nostro Paese e non necessariamente defunto
RispondiEliminaAnch'io ho letto quella intervista. E confermo quel che dici che Hitler ritornato viene accolto solo perché 'esilarante comico'. Poi però tutto il racconto si dispiega sul cinismo surreale dello stesso Hitler in simbiosi perfetta col cinismo reale della società (della casa di produzione che lo ha scritturato). Ti assicuro che non è comico il personaggio. E sebbene il comico politico-italiano cui si fa riferimento non abbia la mia simpatia, non si può paragonare a Hitler.
RispondiEliminaE' questa la mia amara considerazione. Che un Lui è tornato nel nostro Paese non dobbiamo leggerlo, lo viviamo, lo abbiamo vissuto. E non mi fa ridere questo povero Paese in mano a gente che non sa cos'è il pudore.
RispondiEliminaPer far diventare convincenti quelle che sono soltanto delle intuizioni tratte da recensioni (e ho sbagliato ad attribuirne una a Francesca Gabelli: lei è la traduttrice del libro) dovrei veramente leggere il libro e credo che non lo farò: a leggere faccio fatica e se non c'è il lieto fine, come anche tu mi dici,la fatica non la reggo. (sto pubblicando come anonimo perchè non riesco a capire come si fa per comparire con il proprio nome. Armando)
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