Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

domenica 23 marzo 2014

credi al tuo dolore

ma se dovessi non conservare il tuo regno
e, come tuo padre prima di te, giungere 
dove il pensiero accusa
e il sentimento irride
credi al tuo dolore
                     (W.H.Auden)

Poesia in epigrafe all'intervento di Lidia Ravera in Sala Borsa a Bologna.

Ieri  la scrittrice Lidia Ravera e lo psicoanalista Filippo Marinelli sono intervenuti all'ultimo appuntamento della riflessione, condotta dal centro psicoanalitico di Bologna in collaborazione con la Biblioteca Salaborsa, sulle categorie del maschile e del femminile. 

Gli appunti dell'intervento di Lidia Ravera  QUI
Gli appunti dell'intervento di Filippo Marinelli  QUI

lunedì 3 marzo 2014

Cosa sai della notte, Grazia Verasani

Siamo in pochi stasera a dire cosa sappiamo della notte. Ci sono Maria, Marella, Alessandra, Marco, Sarah ed Elke. Io dopo aver letto questo libro mi sono detta che, accidenti!, non so assolutamente nulla della notte. Della notte bolognese, poi. Un po' mi inquieta questa città che vivo e questo suo lato oscuro, è il caso di dirlo, che non conosco.
Elke, il libro, non lo ha finito. Ma ha capito. La storia è quella di Oliver, aspirante attore, gay, trovato morto.
Sarah ha riconosciuto l'autrice nel personaggio di Giorgia, e con gioia di tutti, è meno cupa. Vero, dice Maria. Adesso è solare la Verasani. Resta ipocondriaca, ma è eccezionale. E Giorgia le piace tantissimo. Onesta, sa riconoscere le sue paure, i suoi limiti. Sa comportarsi rispetto all'amore e al sesso. Sa pure quando è vigliacca. Ha una forte empatia con i gay. E trova belle le parti in cui spiega la preparazione ad un incontro. All'inizio Maria si era dimenticata cosa fosse Giorgia: un'investigatrice paziente e meticolosa, che incontra più volte le stesse persone. Già, interviene Sarah. Siamo così abituati agli investigatori americani, di azione, che i nostri ci sembrano tutti un po' tristi. In realtà i nostri sono più realistici. Per quel che riguarda la preparazione agli incontri, sempre Sarah, trova che oggi vi sia una sessualità esagerata, pericolosa. E che l'omosessualità viva spesso di ostentazione.
Marco pensa che l'autrice scriva proprio bene, anche se è un genere che non leggerebbe da solo. Ritrovare i luoghi che si conoscono, Bologna, è bello. E per rispondere a Sarah, dice che trovare un'investigatore cupo sia del tutto normale.
Anche Marella non lo avrebbe mai letto, questo libro, se avesse dovuto comprarlo. Giorgia per lei è cinica, ma le piace il rapporto che ha con Genzianella. Il suo bisogno d'amore è per soddisfare una mancanza, prosegue, e questa concezione si capisce solo arrivando in fondo alla lettura. Quindi ha provato a capirla, soltanto, senza giudizio. Maria ne è felice, anche perché Giorgia per prima non giudica. Poi, il povero Oliver è restato innocente, nonostante la merda che tocca. Ed è questo che mi sconvolge di quel mondo, o di questo mondo in generale. Che Oliver muoia per un motivo, Giorgia lo trova, va bene. Ma poteva non esserci, quel motivo. Poteva morire per niente. Infatti, secondo Marco Oliver è l'emblema della debolezza e dell'ingenuità. No, no. Maria legge la parte in cui il professore dice come fosse Oliver. Uno che avrebbe rinunciato a tutto se avesse trovato l'amore. Ha trovato la morte.