Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

mercoledì 13 maggio 2015

Stirpe, Marcello Fois

Già il titolo lo preannuncia. Questo libro è la storia di una stirpe, quella dei Chironi. Il periodo è quello che va dal 1889 al 1943. Quando si incontrano i due capostipiti, Michele Angelo e Mercede, sono poco più che ragazzini. Ma lui fabbro e lei donna. Condividono la stessa condizione di figli di nessuno, si riconoscono subito, si ameranno oltre la vita e anche quando la vita ad uno ad uno, senza ritegno, toglierà loro quasi tutti i figli e una nipotina.
Ancora, per la scrittura, questo libro di Fois fa discutere, quasi fosse sfoggio di cultura. Lunghe pagine sono scritte in corsivo per donare, a voce di Luigi Ippolito, uno dei figli di Michele Angelo e Mercede, l'invenzione di una origine certa, epica. Molti punti seguono regole della retorica enfatica, consistente nella ripetizione della medesima parola a fine e inizio periodi. E come per tenere per mano il lettore.
La bellezza di questo romanzo è tutta nella bellezza dei personaggi. Non ve n'è uno brutto. Non si lasciano deturpare dall'insistenza delle tragedie, anzi. Per voce di Mercede sembrano tutti cantare, mentre tendono i filamenti delle vita, formule rituali. 


Non farti notare,
non temere l'abisso,
dona senza tornaconto,
parla sinceramente,
non essere ingiusto,
fai le cose con dedizione,
sii docile nelle avversità, indocile alle avversità.  

 
Fin qui la mia recensione che dà avvio alla discussione dove sono presenti Marco, Sarah, Laila e Mario, Marella e Patrizia, Lavinia, Maria, Elke, Rosanna e Margherita.
Interviene subito Elke, che stasera andrà via prima. Secondo lei i libri andavano letti nell'ordine giusto, prima Stirpe e poi Nel tempo di mezzo, seguendo la cronologia naturale dei Chironi. Avendo letto prima il secondo, infatti, molte domande erano restate sospese. Tuttavia ci si affeziona ai personaggi.
Maria invece ha amato leggerlo così, nell'ordine inverso. Si è sosrpresa a scoprirsi felice di sapere già delle cose, l'arrivo di Vincenzo, ad esempio. Al contrario di me, lei critica la presa per mano del lettore, come se l'autore non ne avesse stima. Ancora resta convinta che l'autore sfidi il lettore a superare le prime pagine. Se le supera è degno di leggere. Trova i personaggi raccontati da urlo, epperò non parlano come accade nella realtà. Personaggi semplici, dice che le han fatto venire in mente i miei genitori. Quasi piango, anche a me.
Per Sarah questo libro è una conferma a ciò che già pensava con Nel tempo di mezzo. Per lei Fois è uno scrittore, uno che si sente che scrive e basta.
Marella pure non ha gradito d'essere presa per mano. Si è annoiata nelle prime pagine, persa in perdiodi lungissimi dove le è sembrato non si dica alcunché. L'epifora, la figura retorica di cui ho detto nella recensione, l'enfasi dunque, l'ha infastidita. I corsivi pure, quasi fossero stati inseriti nel libro solo per trovare un modo per farli leggere. Così la parte della forgiatura. Insomma, un autore egocentrico. Eppure le è piaciuta molto la parte descrittiva dei figli di Mercede e Michele Angelo che decidono di andare in guerra. Non avrebbe potuto raccontarla meglio. 
Dicevano che sei molto presuntuoso, ci racconta Rosanna di aver chiesto a Marcello nell'incontro precedente. Lui aveva risposto che in realtà è molto timido. Così lei, Rosanna, si è incuriosita. Ha scandagliato le parole e ne ha trovato alcune che sono delle perle. E ha scoperto che Fois ha una capacità unica di trasmettere sensazioni. Poi, riguardo ai personaggi, questa cosa di non sentirsi mai vittima, quando avrebbero tutte le ragioni. Fois dà la sensazione di essere molto orgoglioso della sua famiglia, cui si è ispirato, e della sua Sardegna.
Mario pure ha faticato all'inizio. Ma è restato affascinato dalla descrizione di una regione che conosce poco. E' contento che nella famiglia Chironi sia arrivato Vincenzo, contento di averlo conosciuto. Vincenzo e Fois. Dice che riesce ad avere solo pensieri semplici, Mario, così la bellezza del libro lui l'ha trovata nell'amore per l'artigianato. L'amore di Angelo Michele, il fabbro, quando lavora il ferro.
Margherita non l'ha letto. Ascoltandoci, ondeggia tra il volerlo leggere e il lasciar perdere.
Laila invece non vede l'ora di finirlo. A tratti, quando l'autore si stacca dal romanzo e spiega,  trova la narrazione cervellotica. Però ama tutti i personaggi, semplici e con un grande cuore.
Marco dei due libri di Marcello può dire solo bene, e in tutte le parti. Che sono necessarie. Lui, le parti descrittive, le prende come cose da imparare. Oppure come cose che, appunto, devono necessariamente essere raccontate per comprendere tutta la storia. Di tutti gli incontri con gli autori, quello con Marcello è stato il migliore. Perché, se anche uno non avesse letto il suo libro, ad ascoltarlo, poi, l'avrebbe fatto subito.
Anche a Lavinia è piaciuto molto il libro, nonostante la fatica delle prime pagine. Si è imposta di andare avanti ed è stata ripagata con gente semplice e contesto storico particolare. Ma è stata Mercede soprattutto a portarla a fine lettura.
Ecco. Bella serata, davvero. E prima di salutarci Mario ci racconta del suo Abruzzo, di L'Aquila e di un pastore che vedea gli armenti transumare verso le Puglie. E forse adesso Maria e Marella si ricrederanno sul fatto che c'è gente da qualche parte che ancora parla come Michele Angelo quando spiega la forgiatura a Gavino.

1 commento:

  1. Non mi ricredo sul linguaggio usato da Michele Angelo nello spiegare la forgiatura a Gavino. E' mia profonda convinzione che avrebbe dovuto - dovuto, non solo potuto - usare parole semplici, potenti proprio perché semplici, di immediata comprensione per quel figlio che non aveva voluto studiare. Mi sarebbe parso giusto e persino felice l'uso del dialetto, qua e là. Le parole più "poetiche" in dialetto, come sottolineatura della magia del mestiere. Allora lo avrei sentito vero, proprio lui, il Michele Angelo che Fois ci ha donato. E quest'osservazione la estendo a tutte le parti che fanno piacere all'autore, ma che non accrescono l'adesione del lettore alla storia. O forse sì e allora sono io la refrattaria e mi va bene così. Il racconto di Vita di quella sera è bellissimo. Voglio solo aggiungervi una mia personalissima fonte di emozione: MARCO. Lui e lui solo dice che legge per imparare. O comunque legge e gli piacciono tutte le parti, magari difficili, che gli permettano di imparare qualcosa che non sa. Questo suo modo di avvicinarsi alla lettura, umile e onesto, mi ha toccato il cuore già altre volte e questa più che mai. Credo che Marco sia il lettore perfetto per Fois: quello che vuol far fatica, come fatica fa uno scrittore come Fois a scrivere mirando a far letteratura alta.

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