Sono arrivata tardi all’incontro e Lorenzo con me perché aspettavo un cliente in libreria che poi, come spesso capita quando si aspetta qualcuno, non è venuto. Attendendomi il gruppo già tutto presente, compreso Angelo, ha pensato che, data la mia recente influenza, non ci sarei stata. Eccomi qua a prendermi anche le sgridate di Maria perché mi curo poco. Forse se non mi curo è un desiderio nascosto di morte, dico scherzando ovviamente. E già Angelo, se questo sarà il tenore della serata, fa per alzarsi non nascondendo l’istintività della mano a un possibile gesto scaramantico che, Gianrico docet, resta soffocato.
È inizio anno. E per ogni inizio anno una breve digressione astrologica è quasi obbligatoria e ricomprende alla fine un po’ tutti, credenti e scettici dell’argomento. Sembra che scorpioni e leoni avranno un bel 2010 e di scorpioni nel gruppo ne abbiamo, quattro mi pare, come dei leoni, tre. Angelo, scorpione, sostiene che è vent’anni che il suo segno avrà un buon anno. Poi abbiamo un paio di bilance, tra cui io, che saranno in saturno. E Katia, altra bilancia, difende la questione dicendo che ce lo siamo appena lasciati alle spalle il nostro anno buono. Ma vuoi vedere che il 2009 era davvero il mio anno e, come dice De Luca, io non ci sia saputa stare nel presente e me lo son perso? È vero, dice Angelo, è stato fatto uno studio a proposito e chi riconosce il presente ne beneficia in ogni situazione. Maria si ritiene fortunatissima in questo senso, lei vive di presente. Anche Gianrico in né qui né altrove faceva notare che spesso quando passa la storia – lì lo sbarco degli Albanesi nei primi anni ’90 – non siamo né qui né altrove appunto. E spesso siamo perennemente infelici proprio perché quando passa la felicità ci trova anch’essa né qui né altrove.
Che bello spunto per iniziare a parlare de il peso della farfalla, l’oroscopo e Gianrico, sempre, ci hanno fornito un assist perfetto alla discussione. Già perché secondo Angelo – tornato in gran forma – il cacciatore, come molti, sembra imprigionato tra i ricordi del passato e la proiezione del futuro. Questa breve storia tra il re dei camosci e il re dei camosci è piaciuta al gruppo. A parte le perplessità iniziali di Angelo ancora, e Alberto e Maria che l’hanno letto due volte, e Letizia e Luisa che hanno un po’ sofferto il dover perdere la bellezza del libro per l’incomprensibilità di alcune frasi. Ma perché noi donne, sempre Angelo, vogliamo capire tutto, dobbiamo entrare per forza nella bellezza, trovarla, e invece loro, uomini, lasciano che la bellezza sia quella che è restata. Come siamo diversi! In effetti De Luca è quasi laconico, misterioso. Frasi brevi. Pennellate di poesia, forse troppa poesia per un racconto in prosa. E qui quasi ognuno di noi rimanda a pagine, di poesia appunto, che sono piaciute di più e ne rileggiamo brani. Così a Lorenzo è piaciuta molto la descrizione di un uomo senza una donna che non è un uomo e basta, è un uomo senza. Ad Angelo – sì, ancora lui, forse vuole farsi perdonare la latitanza - è piaciuto l'incontro con la donna, un incontro silenzioso, dove sono i capelli della donna scacciati indietro e la sua stretta di mano a far sì che è un uomo senza e può dimenticarselo, ma quando si ritrova davanti, lo sa di nuovo. Ancora a Lorenzo è piaciuta la comparazione col ragno, questi animaletti esperti di ingegneria meccanica. Io li ammiro i ragni infatti e soffro sempre molto nel togliere le ragnatele perché chissà quanto ci hanno messo per fare quell'opera d'arte...mi sa che ho dato un suggerimento al nostro lettore loquace per non togliere le ragnatele! Ad Alberto è piaciuto il fatto che non abbia usato nomi e il richiamo biblico trova sia semplicemente una ventata di poesia. Già, non pesante e forzato come il richiamo biblico di Baricco in Emmaus. A me è piaciuto il pezzo sulla vita, e non poteva essere diversamente, quella che a spasso di tante stagioni è da restituire, sul fatto che se c'è qualcuno che ce l'ha donata non può che essere un creditore di manica larga che non si cura del fatto che gliela si renda guasta, la vita che poi sarebbe roba sua.
Come dice Chiara i temi che vengono fuori da questo piccolo librino sono tanti e interessanti. Quello della solitudine ad esempio. Katia trova nella solitudine del cacciatore l'incapacità di trasmettere esperienze. Ma anche, come ricorda Angelo, la migliore amica di uno scrittore. Quello del pentimento. Quello del tempo. Il cacciatore che non riconosce il presente, spara e si pente. Quello della riconoscenza. Il cacciatore, fregato da un camoscio e da una farfalla, riconosce l'onore al camoscio, è lui il re. Quello del perdono. Il perdono che certo, in maniera romanzata, l'animale concede all'uomo. Perché lui, fa notare Maria, è un camoscio diverso essendo nato in maniera diversa. Quello della volontà. È un camoscio che riesce a scegliere la morte piuttosto che essere beffato dalla vecchiaia e dal suo isolamento. Ed è un camoscio che, seppure dotato d'istinto e che istinto! non sta alle regole ed osa.
Il libro è autobiografico, ci ricorda Rosanna. De Luca ha avuto infatti tre infarti. Leggendolo, sempre Rosanna, si è chiesta come mai manchi di fluidità: forse che l'autore, geloso, abbia tenuto molti pezzi per sé? quelli che a noi mancano? Bisognerebbe interrogarlo. Ricordiamo che quest'uomo s'alza al mattino per leggere l'aramaico, una lingua semplice ed essenziale, poco strutturata come possono essere le lingue antiche e quindi sicuramente il suo, di De Luca, codice descrittivo sarà essenziale a sua volta. Angelo s'impressionerebbe se avesse accanto uno che si alza al mattino per leggere l'aramaico! Mi è venuto da sorridere perché molte volte, di notte e d'estate a dire la verità, mi alzo a perdermi nei mie viaggi stellari. A proposito di stelle Chiara non ha potuto fare a meno di pensarmi tra stelle e costellazioni. Sarà che le nostre passioni più spesso vengono scambiate per stranezze. Ed è bello così. Angelo torna sul modo di scrivere di De Luca, ci sentiamo niente, dice, e ci fa sorridere ricordando un Troisi strepitoso in ricomincio da tre dove il paragone col più bravo era inarrivabile, ci sentiamo niente perché questo scrive e parla proprio così. Ora io ve l’ho scritto in italiano ma renderebbe di più se ve lo ripetesse Angelo in napoletano proprio perché come direbbe Erri il napoletano è fatto apposta. Prima di passare al secondo racconto, quello dell’albero, Lorenzo e Katia ci dicono che hanno trovato un articolo dove sembra che il libro somigli a un altro libro che parla di montagna. Forse, semplicemente, le storie di montagna si somigliano. O forse come abbiamo avuto modo di dire più volte con Katia può succedere che uno scrittore che legga molto partorisca pensieri come fossero davvero suoi. Glielo chiederemo. Il secondo racconto sembra ancora più criptato del primo, poesia. Maria dice che è un genere che non ama molto a meno che non entri dentro. E qui entra dentro. Io non amo la poesia in rima ma i pensieri immediati, buttati e non limati, mi piacciono molto. Siamo quasi tutti concordi, o forse ce lo ricordiamo per averlo sentito in qualche intervista, che il racconto dell’albero sia il racconto di com’è nato il peso della farfalla. Dell’ospitale ispirazione ricevuta sotto una chioma accogliente e disegnatrice di storie. Alberto è rimasto stupito dalla bellezza descrittiva delle nuvole e del tempo che cambia. In questo secondo racconto leggiamo una frase che Letizia dice di non avere proprio capito smise la solitudine che fa agili i passi. E ci lanciamo in interpretazioni. E come dice Luisa vola la fantasia. Forse è bello così, ognuno riceve a seconda del suo animo. Allora porto ad esempio l’ augurio di buon anno ai miei fratelli, dieci messaggi identici per ognuno di loro. Uguali perché mi piace immaginare che siano tutti assieme e che ricevano la stessa vita, me, ed è stato particolare perché sono tornate altrettante risposte con interpretazioni diverse. Quindi davvero è ciò che la nostra anima riceve.
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