Sono emozionata perché il libro che discuteremo questa sera, a breve, potremo discuterlo anche con l’autrice, Mariapia Veladiano. E sì che ci abbiamo preso gusto ad incontrare gli autori. Ancora è viva la bellezza dell’ultimo incontro con Franco e Guido e la piacevolissima sorpresa di Giampiero. Non ultima ancora la presentazione dell’ultimo libro di poesie di Guido alla libreria Irnerio appena due giorni fa.
Siamo in dodici. Oltre me c’è Alberto, cui prima o poi gli si dovrà fare un monumento di pazienza e di simpatia e anche di tenerezza. Poi è tornato il latitante Luigi, baldanzoso come sempre. E Maria e Rosanna, Katia e Chiara, anche lei pecorella smarrita dal lavoro! E Nara e Sarah, due itineranti nuovi nuovi cui abbiamo dato una bella imbeccata con la serata dedicataci da Guido e Franco. Mirca, Barbara e Lorenzo sempre presenti. O quasi.
Inizia Rosanna chiedendoci perché Lucilla parla così. Tutti abbiamo inteso che parla così, col trattino in mezzo, per sottolineare le parole. E l’efficacia nella lettura c’è tutta. Prosegue Rosanna facendo un po’ la sintesi del libro per venire a capo di alcuni punti angoscianti come ad esempio l’episodio nella sala di musica dove tutti abbiamo temuto il peggio. La sospensione dell’accaduto si rinviene nel ritmo del racconto. Rebecca indubbiamente è una bambina danneggiata nei suoi bisogni, danneggiata dalla tara, dalla vergogna, dalle bugie, dalla depressione materna, dai problemi coniugali che certamente i genitori avevano. Rebecca è una bambina con un olfatto acuto, il nostro senso più antico. Secondo Rosanna Rebecca ha riscattato troppo in fretta l’assenza e il silenzio della madre, sostiene che te-cni-ca-men-te non è possibile. Sono sul punto di dire qualcosa di mio personale ma forse lo farò dopo.
Maria ha ritrovato nel libro e in Rebecca una spiritualità profonda al contrario di Mirca che invece è restata sorpresa di aver scoperto tutte le persone di questo libro vuote. A parte l’impetuosità di Lucilla o la bellezza semplice di Maddalena. Maria non è d’accordo. I personaggi, tutti, di questo libro non sono vuoti. Sono solo disperati. Il più disperato forse è il papà, consapevole della sua inconsistenza, della sua incapacità. La mamma non è vuota nel suo silenzio, è solo che la protegge nel silenzio, preferisce non intossicarla coi suoi pensieri, coi suoi detti. Anche la zia Erminia non sembra vuota pur nella sua discutibilità. È piena del desiderio per il fratello, il desiderio non appagato, ed è lei che fa scoprire a Rebecca e al mondo il dono della musica.
Interviene Katia a fare un parallelo tra le vite di Rebecca e di Lucilla. Questa non ha avuto una vita facile, al pari di Rebecca se vogliamo ma il crinale, come direbbe Guido, la discriminante sta nel fatto che Rebecca non ha sentito l’amore, Lucilla era così avvolta dall’amore che non vedeva grassezza, la sua, né bruttezza, quella che certo aveva Rebecca ma che le era rimarcata dalla presenza di un’assenza.
Ecco di nuovo Mirca. Trova che la bruttezza sia un punto labile per far partire una sofferenza. Ricorda che una sua insegnante una volta le ha detto che bellezza è armonia così…Non siamo d’accordo o quanto meno è una visione romantica ma surreale in un epoca di apparenza, dove il volto probabilmente è il primo biglietto da visita. Maria legge il pezzo dove Rebecca fa notare che ha tutto, ha due occhi, le sopracciglia, il numero giusto delle dita, e così via, ma tutto appena spostato più in là. Di-sar-mo-ni-ca.
Sarah già alla prima serata porta del suo ed io la adoro e ricorda con noi e con tenerezza della sua nonna. Aveva un occhio storto e questa cosa le ha condizionato la vita. Ritoccava a penna tutte le foto per quella aberrazione fisica che era poi sofferenza dell’anima.
Anche Alberto si lascia andare a una confidenza personale raccontando di un suo cuginetto che, deriso per la sua grassezza e soprattutto per la cattiveria dei compagni, è divenuto anoressico.
Torniamo al papà di Rebecca. Il senso di colpa che abbiamo tirato fuori da questo personaggio come causa di impotenza non è condiviso da Sarah. Secondo lei era solo incapace, solo fatto così. Eppure Katia legge un pezzo bellissimo dove a parlare è proprio il papà, di una tenerezza sconfinata, di offerta semplice del suo dolore straziante. Però poi aveva lasciato che sua moglie confondesse quel suo dolore col semplice rancore. Era davvero incapace.
Chiara è restata affascinata dagli elementi presenti in questo libro, dal vento e dall’acqua ad esempio. Nara si è chiesta dov’è finita la zia Erminia. A Barbara è piaciuto moltissimo.
Sì, è un bellissimo libro. Pieno di speranza anche se ho pianto più di Maddalena sul finale, finale che Maria ha trovato sbrigativo mentre io sono si-cu-ris-si-ma che sia proprio quello il suo finale. Bello e semplice. Se ci fosse stata Giusy son certa saremmo state entrambe innamorate del professor De Lellis. Ci fermiamo un po’ a dibattere sul significato della vita accanto. Quale può essere una vita accanto. Una vita d’angolo. Mi sovviene Rebecca della Bibbia. Non sono d’accordo con quanti del gruppo trovino che Rebecca sia irreale quando è incapace di risentirsi, anche con Lucilla e la sua assenza, o quando non prova rancore per suo padre perché già lo capisce o quando infine trova l’amore di sua madre. Mi ha commosso l’amore di una madre ritrovato in un diario. Quando mia madre non c’è stata più toccavo e aprivo le sue cose per risentire l’odore del suo amore. Quando mio padre non ci fu più ero ar-rab-bia-tis-si-ma con lui, tecnicamente pensavo che non sarebbe più accaduto di sentire la sua mancanza. Quando sento l’odore del caffè con la sambuca mi manca terribilmente.
Strane le parole:
RispondiEliminaAccanto come discosto, come la vita di Rebbecca, ma anche
Accanto come vicino, di fianco , ad un gruppo di amici per condividere le emozioni di un bellissimo libro. S.