Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

mercoledì 18 luglio 2012

L'incontro di Michela Murgia


Dopo L'incontro ci rivediamo a settembre. Sbagliando avevo pensato a pochi partecipanti stasera. Forse il libro è piaciuto così tanto da volerlo ancora condividere. O forse è un incontro d'appendice alla cena di qualche sera fa. Ancora un saluto. C'è Maria, Patrizia R., Paola, Luisa com'è ovvio perché ci ospita, Filomena, Patrizia B., Elke, Rosanna, Lorenzo e io che sto scrivendo. 
E' l'amicizia la storia da cui partire. Quella tra bambini che s'incontrano per strada dove accade tutto un mondo che ognuno di noi ha vissuto, soprattutto chi arriva da piccoli centri come il mio Villa Castelli. Quell'amicizia scelta eppure spontanea che non ha bisogno di troppi giri di parole per chiedere scusa, basta riavvicinarsi a giocare. Da piccola Luisa già aveva colto il senso di una grandezza così, quello della scelta, e spesso si era chiesta perché non aveva potuto scegliere i genitori o la sorella. Patrizia R. riconsoce la valenza della libera scelta nei legami d'amicizia però non le è piaciuto il perentorio dislivello tra le parentele di sangue e quelle della strada, lei la sua mamma l'avrebbe scelta sempre. Ma no! Fa subito Maria, l'autrice non è autoritaria nelle definizioni, non è rigida, non vuole dirci che valgono di più o di meno i due legami, ci sta solo riferendo di quel legame, di come era forte. A Paola è sembrato che la storia sia servita all'autrice solo per costruire il noi, ed è una cosa che non le interessa visto che da tempo ha tagliato molti ponti. Io penso che mi dispiace, ma non lo dico. Maria invece pensa che le emozioni dei bambini che giocano insieme non hanno nulla a che fare con l'ambiente familiare, e lo dice. Ci chiede pure se, leggendo il libro, ci sia tornato in mente il libro Dei bambini non si sa niente. Ad alcuni sì, compresa me, seppure i giochi fossero stati diversi e i segreti davvero indicibili. Patrizia B. chiede se ce l'eravamo immaginato un finale così. Io lo avevo sperato. Ma ho temuto che i bambini si facessero condizionare dagli adulti. E'stata una piacevole sorpresa trovare proprio quel finale, quella genuinità risolutiva che i grandi hanno fatto a gara poi per arrogarsela. Ognuno di noi ha storie per questa lettura. Dalle processioni di Filomena dove la Madonna doveva essere portata in corsa perché si svestisse del lutto, oppure i racconti della sera, soprattutto di guerra, ascoltate da Patrizia B., o quelli ascoltati da Paola, a metà tra i vivi e i morti, o la doppia processione funebre ricordata da Maria, e quella di ostensione dei bambini ricordata da Rosanna, o ancora lo stringersi nella paura dopo aver visto un film terribile di Patrizia R. e la consapevolezza di Elke che c'è un coraggio di un'età per sfidare la paura che da grandi non si ha più. Sono ricordi nostri d'infanzia coerenti con l'ambientazione del libro a metà degli anni ottanta. Eppure, ancora adesso, la sera a Villa Castelli, ma anche a Casoli, le donne si ritrovano a chiacchierare in capannelli mai casuali e con le seggiole incuranti di ostruire il passaggio delle auto, gli usci quasi sempre aperti, riparati solo da tende, le processioni un affare dove occorre la raccomandazione. E' questo il noi forse? Forse. A questo si riferivano i nonni del piccolo Maurizio quando pretendono che il nipote resti in Sardegna mentre i genitori hanno deciso di trasferirsi a Ferrara per lavoro. E' per non far sentire quell'orfanitudine che sarebbe arrivata necessaria al ragazzino, e Maria ci legge due pagine bellissime a proposito. Quell'orfanitudine che Rosanna sente e chiede come mai chi va via da un posto poi lo cerca sempre, cerca i riti anche se non religioso, cerca i colori che vede solo lui, cerca gli odori che sente solo lui. Sto pensando che i posti non ci appartengono, si sta bene ovunque se si sta bene. Ancora penso, come il ragazzino del libro e  mentre Maria legge le ultime righe, che il noi può essere passato ad un setaccio più sottile. Epperò trovo bella la conclusione di Patrizia R. Loro, quindi non noi, sono quello che noi non siamo. E' straniera l'esclusione priva di giudizio. Nessuno è meglio o peggio, il noi si crea se c'è l'altro. Wowissimo!

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