Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

domenica 14 ottobre 2012

Incontro con Luisa Grosso, poi con Miriam e la geometria

Giovedì, 11 ottobre 2012
Luisa arriva in ritardo, ché un po' di fame l'aveva e si è fermata in un bar. Ma per come si svolgerà la serata, le avremmo perdonato anche un ritardo maggiore. La sua figura alta, algida, contrasta subito con la voce che si scusa dell'invadenza. Eccole, subito, le contraddizioni di cui tanto parlerà questa sera. Mi siedo accanto a lei, le dico del gruppo e di come siamo arrivati a Miriam e la geometria. Poi le chiedo del cerchio. No, non alludevo a percorsi autobiografici. Il cerchio non si chiude, risponde Luisa. Anzi, si apre. La storia si sviluppa su una vita segnata dalla consapevolezza/inconsapevolezza, dalla difficoltà di prendere decisioni che rispecchino desideri veri, dal credere di meritarsi delle cose belle, dallo scegliere quelle che danno equilibrio. Tenere un dolore sempre presente per Miriam è stata la scelta migliore, dissente sul mio perbenismo e lo spiega. Le persone accanto a Miriam, tutte, rivendicano il loro diritto alla felicità e per loro, soprattutto grazie alla piccola e a suo padre, si rende conto che lei pure ha dei desideri. Poi Luisa, donandosi, spiega ancora meglio perché dissente. Perché questo libro è nato da un'urgenza di racconto quando ha dovuto fare anche lei una scelta. E la scelta non è stata immagine, ma solo desiderio di vita stando più vicino al dolore. Solo idea di cosa giusta, di salvezza, di esempio da dare ai figli. E' commovente questa cosa appena detta. Tutti la colgono e Maria teneramente le dice che però il libro non ha comunicato le cose appena sentite. Ché, anzi, Miriam pare povera nell'attenzione alla felicità, e le persone vicino vogliono essere felici per loro. No, dice Luisa. Miriam non è anaffettiva. E' solo che tutti i personaggi sono contraddittori, perché tutti nella vita siamo in contraddizione. Miriam lo dà l'amore, a modo suo. Ha un amante impotente perché si lascia la possibilità di continuare ad amare il marito e restare dov'è. La sua sofferenza trova il compimento nell'ultimo capitolo, ma era stata già detta tutta nel capitolo Piango. Luisa voleva fare proprio un racconto di contraddizione, non di dolore. Perché il dolore si sa. Nicoletta interviene dicendole che le contraddizioni dette possono apparire solo dall'esterno. Certo, conferma Luisa. E' evidente, ad esempio, che nel racconto di Londra Miriam non possa dire alla figlia che lei pure avrebbe massacrato di botte il ragazzo che l'aveva buttata in uno stupro di gruppo. E' evidente che da madre deve mantenerne il ruolo, che non può avvallare la violenza. E l'inconsistenza, forse per il lettore, dell'episodio al Museo, non è altro che l'ammissione stessa di Miriam di essere incapace di gestire una situazione di quel tipo. L'unica cosa che riesce a fare e a dire in quel modo è che l'amore è un'altra cosa. Ecco, appunto, dice Rosanna. Forse il perbenismo è pensare che l'amore va oltre. Quando invece le cose istintive vanno sempre bene se non sono cristallizzate. Perché Miriam si fa scrupolo a dormire con la figlia? E perché quel posto alla fine? Perché, risponde Luisa, in un rapporto con un genitore mancante ( non genitori separati ) la relazione coi figli diventa diversa, l'intimità pure. Quel posto perché è una scogliera meravigliosa. E' il vuoto, il precipitare. Come si precipita nel matrimonio. Miriam e Pietro hanno bisogno di sentire il vuoto, quella sensazione di morire e invece non morire. Perché nel mentre ti sei trasformato in altro e tutto quello che c'era prima allora sì, è inconsistente. Un breve accenno al testamento biologico, a quella volontà che può diventare diversa, di attaccamento alla vita, anche in una situazione di dolore. Quindi sì, il vuoto. Dove si precipita o si torna a vivere. Appunto. Marco interviene con la consapevolezza, ora, che il cerchio no, non si chiuda con la descrizione, così, del vuoto e della scogliera. E anzi, il cerchio si spalanca sui sentimenti veri, perché Miriam e Pietro sono cambiati. Già, dice Luisa. La vita è fatta di tante cose e tutti cercano di cambiare. Cercano. Non è detto che poi ci riescano.
Sul finale Luisa risponde a Nicoletta e agli amori diversi, anche all'amore a tre. Ritiene che sarebbe una grossa libertà quello dell'amore condiviso, che Lidia Ravera ha letto nel suo libro tante forme d'amore, che forse quello più difficile alla fine è proprio l'amore con il marito prima dell'incidente.
Risponde a Sarah che fa notare come molte coppie sono l'amante di Miriam e sua moglie, che prescindono dalla sessualità e basano tutto sulla complicità.
Risponde a Lorenzo che le chiede se è suo il linguaggio scelto, che pure ha trovato piacevole, e se si è preoccupata di come scrivere la storia e non di cosa scrivere nella storia, poi della copertina. E lei sì, dice che il linguaggio è suo e che la storia l'ha scritta molte volte. Che è stato difficile tenere l'io narrante cambiandolo spesso. Che ha scelto la copertina, disegno di Beppe Giacobbe, perché semplice e lineare.
E' d'accordo con Filomena, Luisa, quando dice che il padre di Miriam affronta meglio tutto perché è semplice.
Risponde a Giuseppe che ha trovato fastidio nella quantità di pensiero attribuita alle voci maschili. Dice che ci sono uomini così, che pensano molto, che se la raccontano, che il personaggio dell'amante trae spunto da una persona conosciuta che davvero se la raccontava, e giocava senza mettersi in gioco mai. Eppoi Edoardo, se pensa molto, dalla sua ha che è un neurologo! Sul neurologo sorridiamo e Luisa, ormai amabile, ci racconta del sogno dell'elefante e di come sia tratto da un episodio vero. Un suo amico doveva andare a prendere la sua bicicletta e ha trovato un elefante sotto casa. Poi lo ammette: il pezzo è davvero tutto costruito ai fini della storia.
A Maria, che le chiede di spiegarle com'è che la moglie dell'amante ha potuto avere così certezza che suo marito sarebbe restato con lei dopo la confessione dell'amore per Miriam, risponde così. Noi donne ci facciamo fuorviare dal pensiero della passione e dell'amore. Biagio e Tita competono sullo stesso piano, ecco perché Tita può stare certa.
A Elke, che le chiede se sua figlia ha letto il libro, risponde che no, glielo ha proibito. Ma forse sì, di nascosto lo ha letto.
Ancora a Giuseppe, che è curioso di sapere se si è trattenuta scrivendo, dice no. Uno scrive proprio per non trattenersi. E anzi, l'editore sosteneva che fosse un libro totalmente incosciente.
A Lucia, che domanda se lo farebbe pubblicare ancora e se è soddisfatta, dice che sì.
I capitoli che le piacciono di più sono Di 'sta vigna non ne posso più e l'ultimo. Il primo, Aculei, l'ha scritto subito dopo aver letto Il conformista di Moravia.
Bello anche il capitolo, non scritto, che ci ha regalato questa sera.
Grazie.

1 commento:

  1. Alla serata hanno partecipato anche: Patrizia B., Barbara, Luisa, Alessandra, che cito qui e ringrazio. Ringrazio anche Paola, assente, che aveva suggerito Miriam e la geometria.

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