Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

lunedì 10 febbraio 2020

La straniera di Claudia Durastanti.

Siamo pochi stasera, con un'assenza - fisica - eclatante perché Maria ha mancato solo un incontro, prima di questo. La precisazione fisica è doverosa perché il suo commento al libro è arrivato comunque, come spesso fanno - debbo dire - i miei bravi, bravissimi Itineranti.

Partiamo proprio da Maria, allora, ma prima brevemente il libro. 

La Straniera racconta una vita famigliare vorticosa tra la Basilicata e Brooklyn, tra Roma e Londra. La voce narrante è la stessa autrice, Claudia, figlia di due sordomuti legati da un rapporto passionale, ma esplosivo. Claudia è un accidental american. Nata in America da migranti italiani, tornata in Italia. 

Leggo il contributo di Maria
Forse perché l'ho letto in un tempo carico di dolore e pena per tre persone care che stanno soffrendo troppo, non sono stata capace di entrare dentro la narrazione.
So che tutta la parte iniziale su madre e padre e sulle tappe della loro vita mi aveva interessato e anche molto. Ci sono tante pagine con sottolineature. In modo particolare le riflessioni sull'essere sordi. O brani tipo quello a p. 63: "La storia di una famiglia somiglia... fino alle prime righe di p.64.
Poi ho cominciato ad annoiarmi per tutte le parti in cui lei sembra o una guida turistica speciale, o una esperta di film e di canzoni e libri, sempre usati per dire la sua e, mi viene da aggiungere, anche per non dirla mai del tutto. E la sentivo sfuggirmi dalle mani continuamente, fino a perdere ogni interesse. Non le stavo più dietro. Mi sono persa, non riuscivo a trattenere nulla che fosse davvero una narrazione, ...insomma, a parte pezzi di straordinaria lucidità e profondità - un esempio su tutti il capitolo sulla povertà a p. 236 e ss, -  per me e solo per me, ovvio, è rimasta fuori da quel meccanismo magnifico tra autore e lettore di immedesimazione o separazione, di empatia, di riconoscimento, o di così straordinariamente altro dalla mia esperienza e immaginazione da restarne incantata.
Non c'è una sola parola che non mi trovi d'accordo (Vita), forse - anche - per le stesse motivazioni. Ho trovato il libro pretenzioso, non perché ognuno non abbia diritto a raccontare la propria storia, ma se la racconta deve farlo sinceramente o, se restiamo nell'alveo del romanzo, verosimilmente. Come poteva una famiglia povera permettersi almeno un'andata e ritorno per l'America negli anni '80? Questa è una delle tante domande che non hanno risposta dalla lettura. Molto interessanti le riflessioni e i suggerimenti sul linguaggio adatto e utile da utilizzare nei sottotitoli per i sordomuti. 
Diletta condivide pure lei, con me e con Maria. La scrittura è vivace, sì, ma poi? L'autrice-voce narrante sfugge. Come viveva veramente questa famiglia, non si capisce. Sembra quasi che la storia sia stata raccontata per renderla interessante, all'autrice stessa forse per prima. Manca di onestà.
Rosanna ha fatto fatica a leggerlo. Ha trovato fastidiose le citazioni. L'ha colpita la copertina e il titolo e da questi si aspettava tanto. Purtroppo, però, anche lei crede che se è la sua storia, ci sono tante omissioni come tante edulcorazioni. Perché i genitori di Claudia non sono sordi. Sono matti. Di questo avrebbe voluto che si raccontasse. E poi anche dell'abbandono. Sordi, matti, abbandonati. Straniera, è perché nessuno ti dà radici. 
Marco è lapidario. Essendo questo un itinerario sulle mancanze, la mancanza di questo libro è che sia mancato di qualsiasi spunto che lo avesse potuto spingere ad andare avanti. 
Giuseppina si sofferma sul personaggio Claudia. Sulla tremenda definizione della sua relazione come di qualcosa che non si può interrompere, di una pelle che si strappa. In questo caso non edulcora il rapporto con il suo compagno. Bello invece il rapporto con il fratello e l'idea della morte che è attesa di qualcuno. E' un pensiero molto alto. Ma il fine del libro è salvare i genitori. 
Maria Luisa, amica di Diletta, è qui per la prima volta. Sottoscrive quanto è stato detto finora e ci fa riflettere, per esperienza personale, sul fatto che nessun sordo accetterebbe di essere definito handicappato. 
Alessandra A. ha già rimosso la storia, segno evidente che non le è piaciuta. 
Sarah non ha letto il libro. Sui nostri commenti resta perplessa perché invece, per questo stesso libro, l'autrice è stata pluripremiata.
Abbiamo già fatto un'esperienza del genere, qualche anno fa, con un itinerario sui finalisti di premi letterari e la nostra classifica risultò molto diversa. Non mi stupisce.
Stupefacente è invece il giudizio unanime in questo incontro. Forse, non era mai accaduto.



1 commento:

  1. che sorpresa, Vita! mi sono sentita catapultata a quando facevi queste meravigliose relazioni sui nostri incontri, che poi diventavano a fine anno un librino piccolo piccolo, pieno di noi.
    Grazie davvero e spero non passi ancora troppo tempo prima che ci si possa rivedere e continuare la nostra strada fatta di incontri con contastorie-maestri di parole. Ciao a te e a tutti gli itineranti. Stiamoacasadistantimavicinietuttoandràbene! Maria

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