Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

mercoledì 9 febbraio 2011

Un Inverno Dispari di Franco Foschi e Guido Leotta

Avevo voglia di camminare stasera. Quando sto pensando troppo faccio così, cerco di stancarmi, e quindi può capitare che attraversi la città senza neanche accorgermene approfittando d’un pomeriggio primaverile finito nel mazzo d’un inverno. Dispari.
Prima di arrivare in sede, dalla vetrina di un bar vedo Lorenzo e Luisa. Lui è rilassato, lei sta scoprendo l’assassino. È lì infatti a leggere le ultime pagine del libro, colta il flagranza di reato. Sorridiamo, beviamo qualcosa e raggiungiamo gli altri, Alberto, Maria, Mirca, Chiara e Katia. Abbiamo iniziato da poco quando sopraggiungono anche Letizia e Rosanna.
Cominciamo dalle debolezze, secondo Lorenzo, del nostro commissario e di quali motivi abbiano potuto avere gli autori di descriverlo così, sminuendolo. Noi donne, se c’è un uomo che ci piace, è proprio quello ‘debole’, ahinoi, così in coro ma con la voce di Maria quasi lo sbraniamo, Lorenzo, per controbattere, ché invece fa tenerezza il commissario turbato, tenace però e senza compromessi, dove il turbamento può solo arricchire il personaggio e divertire il lettore. Eppoi, Lorenzo, su dai, non può colpirci la moralità di questi tempi! Nessun ammiccamento alle faccende politiche, come pensa Katia per una frazione di secondo. No. Di questi tempi ovvero solo dell’onestà cui siamo arrivati. Già. Invece se c’è una cosa di cui Maria avrebbe fatto a meno nel personaggio sono le frasi latine e quelle corsive. Bastava che ce lo dicessero, e una sola volta anche, che Colajacono era un umanista, senza questa necessaria ridondanza di odi ed epodi oraziane. Vi prego, no. Orazio lasciatemelo, a me è piaciuto. E qui, concedetecelo, siamo al terzo ciclo!, facciamo gli smargiassi a stabilire chi ha scritto cosa e siamo quasi tutti concordi nel trovare foschiani i discorsi diretti, detti o pensati, leottini le dissertazioni sulla provincia e quella cosa a pagina centosedici. Quella cosa che Rosanna legge. Prima che la leggesse eravamo quasi tutti convinti che la motivazione delle tre morti potesse davvero essere priva di motivazione. Per Letizia ad esempio solo una pura follia uccidere due persone in maniera precisa e una a caso sebbene la terza contenesse nel nome stesso la motivazione, nomen omen. Per Mirca la motivazione poteva essere semplicemente la banalità del male, germe della solitudine, la chiusura persino geografica d’un posto e non solo mentale. Per Lorenzo le vittime non erano unite e, tranne la prima, sembrano anche non meritare la morte. Forse gli autori ci vogliono lasciare col dubbio che siano coinvolte altre persone, dice Luisa, e la buttano semplicisticamente sulla solitudine. Forse solo hanno lasciato dei buchi, aggiunge Maria. Forse a Lagodiavolo non ci sono le terme, sboccia Chiara, picchiatella degli Itineranti come lei stessa si definisce. Forse...( a differenza di Alberto, io non amo molto i puntini di sospensione ma qui mi occorrono perché la spiegazione che stiamo per ricevere ci ha lasciati sospesi, appunto, in attesa che Guido e Franco la confermino o la smentiscano ). Aspettate ce la spiega Rosanna ora che ha riletto, di nuovo, pagina centosedici. Il mistero si svela qui. Impariamo che a Lagodiavolo sono scesi i barbari che avevano, contrariamente a quanto si possa pensare, un pensiero molto più evoluto con una concezione di altrove felice e senza tempo. Vita e morte si parlano attraverso la musica. E per forza che anche il dio più buono si arrabbia se viene rapito l’arpista preferito! Se c’è una cosa che m’ha sempre colpito degli dei è la vendetta. Non gliene passava una. Pena dunque per la perdita d’un arpista, tre arie. Lamento, Pianto, Sonno. Ecco. Le nostre tre vittime dovremmo collegarle alla rievocazione del mito e del rito. Capita infatti che alcune rievocazioni impregnino di partecipazione gli astanti, capita poi che la partecipazione possa essere così partecipata che il morto ci scappi o che la tarantola ti punga per davvero. È capitato in riti per la Madonna Addolorata o in tarante salentine e uno quasi non se lo spiega. Noi, prima di Rosanna, non ce lo spiegavamo. Dunque Matteo, che uno direbbe il picchiatello assassino di Lagodiavolo, è il Sommo Giustiziere. Che ha aspettato un intero anno per suonare la sua musica e mettersi in comunicazione con il dove o con l’altrove e meschine invidie politiche invece si sono frapposte ad ostacolarla, la comunicazione. Presto arriva la vendetta. Accidenti! Maria però non ci sta nonostante Rosanna l’abbia spiegata benissimo. Non ci sta, avrebbe voluto uno scrittore, due per la precisione, più umile, che creasse il personaggio senza farlo diventare assassino, le dà fastidio lo sfoggio d’un mito così grande in un piccolo paese di piccola cultura. Non ne capisce il motivo. E a me che le dico che forse non lo capisce perché non è una potenziale assassina ( ché certe cose le capiscono solo chi può farle )  risponde che allora io lo sono. Ossignore! Sta’ a vedere che in un inverno dispari, questo del duemilaunidici, ho scoperto che potrei uccidere! Ed io che pensavo di somigliare a Colajacono per via del desiderio etimologicamente siderale; per via di una comunità di paese che mi ha generata e che va alla messa almeno nelle feste comandate; per via di Orazio e del camino; per via di Giovanna e della pazienza; per via di quella cosa bellissima che due frasi mettono in comunicazione senza invadere; per via del dispregio di una casa da ricchi senza neanche un libro; per via della scelta dei numeri dispari; per via di mille pensieri idealisti. Scopro d’avere illusione di purezza. E con questa illusione commetto omicidio senza neppure un morto. Per fortuna che mi chiamo Vita.

1 commento:

  1. Bella serata, Itineranti frizzanti e complici in attesa di verità svelate da parte degli autori, attesi con ansia per capire se ci siamo avvicinati alla verità o siamo riusciti a carpirne solo qualche frammento.

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