E' di una malinconia commovente l'ultimo libro di Gianrico. Con la voglia di rileggerlo appena finito. La storia è davvero singolare perché si svolge attorno ai sogni di un ragazzino e ad un percorso psicoanalitico di un maresciallo quarantasettenne. Due figure femminili, anche qui una più giovane e una più matura, fanno da traino e scompaiono man mano che si dipanano i ricordi e i sentimenti delle figure maschili. La scenografia è quella della capitale. Banale, si potrebbe dire. Disarmante, invece, nelle lunghe passeggiate e nei luoghi del cinema, visti chissà quante volte, che ancora, però, restituiscono la Roma più bella. Oltre alla storia di rinascita dell'uomo e al mistero onirico del ragazzino, all'interno del libro si trova un delizioso cammeo di riscatto per una giustizia troppo spesso sfiduciata e denigrata, e finalmente la certezza che 'le botte le danno soprattutto quelli che non sanno fare bene gli investigatori'. Il finale del libro è semplicemente bello. Senza poter dire, senza riuscire a dire. Occorre aver letto molti libri per descrivere una sensazione.
Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)
domenica 30 ottobre 2011
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento