Io l'ho adorata Dacia Maraini ne La lunga vita di Marianna Ucrìa. In quel libro credo d'aver trovato una delle più belle lettere d'amore di un uomo a una donna. E il ricordo di quell'uomo da solo mi basta a riscattare invece gli otto uomini raccontati ne L'amore rubato. Ho pianto su Anna, l'ultimo racconto. Per la sottomissione suicida, per la complicità del silenzio, per le colpe, per la possessività atavica, per l'ignoranza e l'arroganza.
Dacia è straordinaria nel suo impegno. Si può sradicare questa cultura della possessività, si può. Quell'amore mio sussurrato nell'amore è giusto, ma lì deve restare. Se no è aberrazione. Eppoi ancora la convinzione malsana e inaffidabile che vis grata puellae tralasciando la saggezza, la dolcezza, la premura d'un corpo che parla, e ama. Una violenza è una violenza, accidenti! Ed è terribile l'insinuazione del godimento, anche da parte di giudici assennati che hanno l'impudicizia di chiedere se è stato provato piacere. Starò sognando. In quale altro reato penale ci si sogna di chiedere alla vittima se ha provato piacere? Non a un derubato, non a un truffato. A una donna violentata sì.
Sì.
Stanotte ho voglia di rileggere la lettera di don Giacomo.
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