Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

lunedì 13 maggio 2013

Storia del nuovo cognome, Elena Ferrante

Il resoconto di questa serata è stato interamente redatto da Maria, vista la mia assenza. Ci ha tenuto a specificare che non ha preso appunti, perché era sempre dentro al discorso-confronto-scontro, così ha scritto più seguendo il ricordo emotivo che le esatte parole di chi è intervenuto.
 
Eravamo in sei gatti: B.Lavinia, Marco, Patrizia, sua figlia Marella, Elke ed io.
Marco ha detto subito che il libro non lo ha preso. Riconosce che l'autrice (o autore?) scrive bene, ma il tipo di storia non lo interessa e l'ha proprio stancato, mentre ha divorato il libro di Valerio Varesi," Il rivoluzionario". Importante sottolineare che Marco non ha letto "L'amica geniale", quindi non sapeva nulla della storia dei personaggi.
Le donne presenti, invece, son state una sola voce di entusiasmo, al di là del tipo di scrittura, proprio per il tipo di storia, di cui già avevano conosciuto l'inizio "L'amica geniale". Non ricordo se tutte, però.
Marella, 19 splendidi anni, lo ha letto tutto d'un fiato, affascinata dalle vicende dei giovani napoletani del rione vecchio. Patrizia ci ha confessato addirittura che si svegliava un po' prima tutte le mattine per andare avanti nella storia prima di uscire per il lavoro. Come dire: mi porto dietro e dentro Lila, Lenù, Nino e gli altri, in attesa di poterli ritrovare e fare un altro pezzo di strada assieme a loro, tifando per l'una o per l'altra delle due amiche-nemiche, sperando in un capovolgimento della situazione, in qualche rinsavimento, in una qualche maggiore libertà di movimento interiore ed esterno.
Ad Elke è risultato insopportabile Nino. Ci siamo chiesti cosa succederà, visto che il libro si chiude proprio con Nino che elogia il romanzo di Lena in pubblico.
Tutti abbiamo sottolineato il rapporto di reciproca dipendenza tra Lila e Lena, anche se solo quest'ultima sembra imprigionata in un continuo bisogno di accettazione, approvazione, stima, e tanto altro da parte di Lila, per poter avere, solo allora, fiducia in se stessa e nel valore delle sue scelte, del suo impegno, della sua "scalata" social-culturale.
Ci è sembrato esistere altro dall'amicizia tra le due ragazze, o comunque un'amicizia in qualche modo malata, malsana, ambigua. Non è difficile ipotizzare che Lena provi sentimenti complicati nei confronti di Lila, che le permettono, per esempio, di sopportare, di assistere e addirittura di facilitare la storia d'amore tra Lila e Nino, quel Nino che Lena ha sempre pensato d'amare.
Ha stravolto un po' tutti che Lena decida di viversi la sua prima volta proprio con Donato, il padre del "suo" Nino. Ma forse solo così poteva in qualche modo sentirsi vicina a quello che stava succedendo nello stesso momento alla coppia a lei così malamente cara. A me ha lasciato serena questa vicenda solo perché Lena non ha mai provato schifo per se stessa, neanche ripensandoci.
Si è passati inevitabilmente a discutere della violenza degli uomini sulle donne e a come, per le donne del rione vecchio, fosse prassi normale essere picchiate e continuare a stimare il proprio uomo. Lila no, lei la stima la perde.
E ancora ci si è soffermati sul pensiero del maschio, nelle persona di Stefano, quando stupra la moglie, aderendo a un ordine che gli veniva da lontano: devi fare l'uomo, cioè devi piegare tua moglie ai tuoi voleri, adesso o mai più. E mentre la picchiava e la stuprava, le diceva che lo stava facendo perché le voleva bene. Quello che continua a succedere oggi, in ogni parte d'Italia, in qualunque ambiente. Su questo argomento è partito un dibattito acceso tra Marco e me.
Marco ha più volte affermato che questo tipo di mentalità è stata ed è della gente del sud. E a me che cercavo di farlo riflettere che, se per caso era stato vero nel passato, non lo è più oggi ed è un modo maschile tout court di ritenere la donna un oggetto e un possesso. Marco ha detto di stare attenti ai cognomi degli uomini del nord che oggi fanno violenza alle donne: secondo lui la maggioranza sono cognomi del sud.
Si è usciti in qualche modo da questa situazione leggendo brani sottolineati da Marella e anche da B. Lavinia. E ci siam salutati, ricordandoci l'incontro di lunedì 20 maggio con Valerio Varesi. Marco ha parlato un po' de "Il rivoluzionario" facendo venire la voglia di leggerlo.
Ultima annotazione, ancora di Marco: quando il libro da leggere è così voluminoso, bisognerà ipotizzare più tempo per riuscire a farlo con agio.
 
 
Anche a me è stato insopportabile Nino, pure il legame malsano tra le due ragazze, dove spesso l'una umilia l'altra per meglio sopportare le proprie umiliazioni. Mi ha fatto arrabbiare Lena che si è data a Donato mentre questo le faceva violenza.

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