Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

lunedì 5 novembre 2012

La valle delle donne lupo, Laura Pariani

Un libro di figure e di luoghi, La valle delle donne lupo. Di certe figure marginali come la montagna, ad esempio, che più che un luogo geografico è un'esperienza. Assolutamente marginale al resto del mondo.
Le donne lupo sono balenghe delle valli piemontesi, tutte falciate dalla stessa sentenza di emarginazione, servite alla comunità per mettere in scena sempre lo stesso canovaccio. Fenisia, presèmpio, vive in una casa con affaccio su una distesa di tombe. Ché non c'è niente di strano o di che vergognarsi, gli uomini della sua famiglia al cimitero ci lavoravano. Quello del sotteramorti è un mestiere onesto, per non dire indispensabile.
Ad una ricercatrice racconta la sua storia, Fenisia. A noi pure, quasi in piemontese. Ad ascoltarla ci sono Maria, Lucia, Patrizia B., Lorenzo, Marco, Sarah, Giuseppe, Elke, Luisa, Rosanna, Paola ed io.
Paola non aveva letto mai un romanzo con dialetto del nord. Le ha fatto effetto Camilleri spostato geograficamente. L'ha trovato comprensibile e con una coloritura particolare, avendo utilizzato poi cose riconoscibili (le figure) e una scenografia gotica (i luoghi). Il paese piccolo è dappertutto, se non ci sono comunicazioni. E dal paese piccolo o scappi, o diventi lupa, aggiungo io. Anche se si può andare via dal paese piccolo e restare uguali nell'anima, sopraggiunge Maria.
A Maria ha colpito la costruzione sintattica dialettale del racconto. L'ha colpita la semplicità con cui Fenisia racconta dell'incontro sessuale, senza mezzi termini, senza eufemismi. Sarah fa notare che le persone anziane spesso fanno così, di raccontare come se dicessero di una ricetta da cucina. Già, sembra naturale, la asseconda Maria. Naturale come l'accoppiamento di una lupa, penso.
Anche a Giuseppe è piaciuto leggere questo libro, con parole che intuiva anche se non capiva. Non l'ha trovato distante, il racconto, da dove è vissuto lui nella bassa veronese. E Grisa, sostiene, non era matta.
Già. Non lo era, lo pensiamo tutti. E siamo stati arrabbiati con Fenisia che non andava a trovarla.
Patrizia B. si è sentita nella casa della Fenisia. Avrebbe voluto sentire le voci di tutte le donne raccontate, le loro sofferenze. L'ha disgustata il curato che esigeva regali.
Rosanna pensa vi sia troppa roba nel racconto. Non reputa verosimile né comprende la colpa di tanta disgrazia. Poi, perché staccarsi da un branco per scegliere un altro branco? Perché tutti sognano di smettere di lottare, di diventare più uguali, risponde Sarah.
Lucia ha trovato invece difficoltà col dialetto. Lorenzo pure. E Luisa lo leggerà. Elke lo ha letto, ma il dialetto l'ha ostacolata. Marco non ne è stato preso. Sebbene sia sua una buona soluzione al messaggio del libro. Che l'uomo sbrana più di un branco di lupi. Che la società è peggiore del branco.
C'è un uso attrattivo delle parole in questo libro. Presèmpio il Falciatore, la morte. Non s'era mai sentito di una morte maschile. Neppure che la vita le lacrime le dilapida.


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