Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

lunedì 14 dicembre 2009

L'Amicizia

Questo è un incontro speciale, dedicato all'amicizia. L'idea era venuta ad Angelo qualche tempo fa quando ancora si leggeva Carofiglio col suo passato è una terra straniera dove era venuta fuori quella strana cosa che gli amici si hanno a vent'anni e che verso i quaranta ognuno ha i suoi cavoli per la testa e figurarsi se pensa agli amici. Angelo non c'è però noi si parla lo stesso. Siamo in nove, Maria e Rosanna, Lorenzo e Luisa, Alberto e Luigi, Chiara e Letizia, io.
All'inizio ci lasciamo andare a commenti su un fatto di cronaca recente, è quasi inevitabile non parlarne visto che l'informazione tutta parla solo di quello, però poi ci tuffiamo nel nostro argomento. Inizia Luigi dicendo che qualche sera fa gli è capitato di ascoltare al programma televisivo i migliori anni una vecchia canzone di Dario Baldambembo, l'amico è, e gli era venuto da pensare che capitava proprio bene per il nostro incontro oltre che un bel pezzo sull'amicizia. Siamo tutti d'accordo. Stasera Luisa è loquace, difende l'amicizia e parla molto delle sue amicizie, pensa che ad una certa età durano di più, dopo una certa età è difficile incastrare tutto, il tempo da dedicare all'amico diventa poco. Dice che gli amici li scegli e se le dovessero mancare verrebbe a mancare un tassello importante della sua vita. Maria no. Lei amici ne ha ma vivrebbe lo stesso senza. È intransigente il suo desiderio di voler stare da sola pur tuttavia crede molto nelle amicizie nuove, passando ovviamente attraverso una selezione severa. Racconta di una sua ex alunna che, dopo aver faticato a guadagnare la fiducia del compagno, ne ha sentito ben presto l'invadenza e l'impossibilità di gestire il tempo e lo spazio da dedicare agli amici. Purtroppo Alberto conosce gente che taglia tutti i ponti con le amicizie una volta costruita una convivenza affettiva come se questa non fosse compatibile con qualsiasi altro rapporto. Guai chi mi tocca la mia vita oltre la fidanzata, interviene Luigi. Lui ci porta ad esempio una sua grande amicizia che è riuscito a mantenere nonostante la fidanzata e, quando ha dovuto scegliere, le ha scelte entrambe, che bello! Aggiunge poi che i suoi amici lo conoscono tutti allo stesso modo e che non ce n'è uno che sa più di un altro. Inoltre pensa che l'amicizia sia diversa a seconda che ad intenderla sia un uomo o una donna. La donna fa più confidenze in un rapporto bilaterale, l'uomo vive molto di gruppo. Anche Alberto concorda. In più ritiene che le donne rispettino i consigli degli amici e quasi sempre li seguono, gli uomini no. Sì, se i consigli son quelli che vogliamo sentirci dare, interviene Letizia. Lei è per l'amicizia totale, certo che lo so, non sopporta quelle amicizie da mantenere solo perché d'una certa data, né quelle assenti o quelle di chi ti cerca su facebook e farebbe prima a trovarti sull'elenco telefonico. Be', quella non è più amicizia, è un ricordo, è nostalgia, dice Maria, e se l'amico cambia gli vuoi ancora bene ma non è più tuo amico. Già. Stanotte ho sognato un'amicizia nostalgica, forse in vista dell'incontro di stasera e ho sofferto persino nel sogno. Ma perché voi l'amicizia la volete vicina? Chiede Alberto. Be', un amico c'è, dice Maria. Ed è ovvio che se è lontano gli telefoni ma vuoi mettere parlarsi? Sciogliersi in un abbraccio se ne ha bisogno? Anticipare i suoi detti guardandolo? Già, volete mettere? Lorenzo ascolta serioso fino a quando ci chiede perché bisogna essere amici di qualcuno? Perché socializzare? Forse perché si ha bisogno di prendere qualcosa dall'amico? Nel significato più nobile di prendere. Eppoi lui agli amici storici ci crede e, se dovesse mettere la sua vita in mano di qualcuno, è nelle mani di questi che la metterebbe. Ancora: l'amicizia cambia, certo, può cambiare come può finire. Può durare un attimo ed essere intensa. Puoi averla a fianco e non riconoscerla. Un po' come l'amore, del resto sempre di sentimento si tratta. A Luisa è successa questa cosa di scoprire un'amicizia in una sua coinquilina che per tanto tempo le era vissuta a fianco fino a quando non hanno passato una notte intera a parlarsi. Rosanna pensa che nell'amicizia rientrano quelle persone che le piacciono e la divertono. E delle sue amicizie di paese può dire poco dacché si era davvero tutti amici. Sebbene una differenziazione di sesso ci fosse. Insomma un amico è quando senti che le sue cose belle sono anche le tue e fa l'esempio di una sua amica appena diventata nonna e che il regalo più grande quest'anno per Natale sarà proprio per questo nuovo nato. Perché lo sente suo. Chiara sta parlando poco, forse sente l'assenza della sua amica storica Katia. Katia è quella delle amicizie storiche appunto, fin dalla materna se le porta dietro alcune. Ma Alberto le fa un baffo in questo senso, ha un'amicizia vicina di culla alla nascita! E io? Io ho parlato della delusione recente di una mia amicizia, che ci sto ancora male e mi procura imbarazzo incontrarla. Ecco qui, questa amicizia, ho scelto di finirla, ed è solo qui la scelta perché per il resto penso che gli amici non si scelgano, è un sentimento che nasce spontaneo. Una simpatia primordiale che può divenire amicizia. Ora che scrivo - così se l'emozione mi prende non mi vedete -  posso dire ad esempio com'è nata l'amicizia con Letizia. Al colloquio di lavoro lei fu interpellata per capire se potevo andare bene e le andavo bene. Io penso sempre a quell'incontro, a come ci è stato fatale. Era maggio, Letizia indossava un tejlleur verde. Per Natale le inviai una mail di auguri sebbene fossimo a pochi metri l'una dall'altra. Non so se la conserva ancora, era un indirizzo aziendale, ma il senso io lo ricordo e potrei ripeterlo. Le dicevo che in quei mesi, dove tanto avevo imparato da lei lavorativamente, mi ero potuta fidare. Che spesso eravamo state complici anche di cose di cui non sapevamo ancora, che mi piaceva il fatto che mi passasse una mano sulla testa ad accarezzare i capelli - lo fa ancora - come fossi una bimba e invece avevo/ho solo pochi anni meno di lei. Da quando l'ho conosciuta sapere che c'è mi sazia, non sentirla mai giudice e se a volte son dovuta partire di notte in treno lei semplicemente diceva che teneva il cellulare acceso, la premura. Ancora - ed è una cosa stupida - ma quando ho scritto il racconto poi pubblicato lo inviai all'editore perché il suo commento mi arrivò sincero. E glielo dico sempre che è suo quel racconto. Infine quando lasciai la gabetti il mio saluto per lei, collega in quel caso, fu che era stata la cosa più bella che gabetti appunto m'aveva lasciato. Così ho voluto dire dell'amicizia ora. Non solo della sofferenza di quella che ho perso. Forse di Letizia Rebecca direbbe che è la migliore amica perchè le adolescenti fanno così. Lei a quest'età soffre molto se non ha un'amicizia esclusiva. Il bello della nostra età è invece sapere che nessun amico toglie ad un altro, ognuno è migliore in assoluto. E con uno parli bene, con un altro scrivi bene, con un altro ancora neanche parli.
Abbiamo chiuso la serata con una domanda di Luisa, se per un amico faremmo tutto ciò che ci chiede. Nello specifico Luisa faceva riferimento ad un film dove un amico chiede all'altro di aiutarlo a morire. A tal proposito Battiato canta così....
Va bene, hai ragione,
se ti vuoi ammazzare.
Un giorno lo farai
con determinazione.
Ma per ora rimanda...
E' solo un breve invito, rinvialo.
Questa parvenza di vita
ha reso antiquato il suicidio.
Questa parvenza di vita, signore,
non lo merita...

lunedì 30 novembre 2009

Emmaus di Alessandro Baricco

Ho ancora addosso l’euforia del passaggio di Gianrico e infatti, quando arriva Rosanna in libreria, subito le faccio vedere le foto. Un po’ le dispiace, a Rosanna, di non esserci stata sabato, mannaggia! Ci raggiunge Luigi, sereno, bello, e assieme, loro due, mi precedono alla sede. Io li raggiungo. Ci sono già tutti quelli che ci sono sempre, tranne Lorenzo che arriva poco dopo. Maria, Rosanna, Letizia, Luisa, Katia, Chiara, Luigi, Alberto e io. E poi Lorenzo.
Emmaus. Luigi si era perso la spiegazione del titolo, non la capiva perché ora lui è così bravo come lettore che dal titolo parte, tesse la storia nella sua immaginazione, ma questo titolo gli è risultato difficile. Troppo filosofico. Troppo teologico. Troppo il compiacimento – dell’autore. Emmaus uguale non sapere. Camminarsi a fianco e non conoscersi. Terribile, eppure accade. Katia non trova verosimile questo accadere, soprattutto di una madre, una madre sa. E pensa che la mamma de Il Santo si preoccupi d’altro nella vocazione del figlio. In realtà è che chiede a suoi amici solo perché vuole sapere, conoscere, perché non sa, vuole farsi aiutare da chi lo viveva di più. Il libro sembra sia ambientato sul finire degli anni ’70 quando le differenze sociali erano molto nette, senza contaminazioni, dove in certi ambienti il dolore neanche, sembrava, ci entrasse. A Katia è piaciuta questa descrizione. Io e Maria la troviamo esasperata. Letizia anche, oltre che di denuncia ad una Chiesa a tratti oscura. A Luisa è piaciuto il libro, a Chiara pure. Soprattutto l’io narrante e Andre son piaciuti a Luisa. E giustifica questi quattro ragazzi con le paure dei genitori che, per proteggerli, non permettono loro di vedere davvero le cose come sono. Comincia una discussione su Luca, su Bobby, su Il Santo, su Andrea, sull’io narrante. Luigi pensa che Bobby poteva essere un suo amico, Il Santo non gli è piaciuto. Neanche a me, fin da subito, era troppo irreale. Anche a Maria è piaciuto Bobby, crede sia il più autentico di tutti, rischiando di sbagliare, come farà. Il Santo d’un moralismo bieco.  L’io narrante è difeso solo da Luisa e un po’ da Katia. Alberto crede che qualche passo in più poteva farlo, come Bobby, perché l’importante è fare il primo. Oddio! Come Bobby meglio di no visto che intraprende una strada poco stupefacente. Come Il Santo neanche visto che diventa – o era già? – il peggiore di tutti. E come Luca,  finisce suicida. Andre, bella sì, regina, ma già morta. L’io narrante assiste alla vita, un po’ come Hervé Joncour. Quindi forse è importante come lo fai il primo passo. Vivendo. Senza noia. Non in geometrie chiuse, come ha detto Rosanna. Che poi queste geometrie, è un attimo, incontrano cunei emotivi dando vita alla tragedia. L’incontro/scontro non ha necessariamente il nome di Andre. Certo che no, dice Lorenzo, Andre è lo strumento, i ragazzi usano Andre per sciogliere le loro emozioni. Già. Chissà come sarebbero finiti questi quattro senza la tragedia, chiede Rosanna. Chissà. La linea di demarcazione non è però così netta, o sempre così netta. È certo che una situazione cronica porta delle conseguenze più eclatanti, più definitive. Meglio i picchi emotivi, sostiene Rosanna. Così il malessere di Luca era già in atto, e da un po’, non voglio pensare che si sia ucciso solo perché suo padre non sopporterebbe la sua paternità, strana. Suo padre non avrebbe sopportato la sua morte, come avviene, ed era questo cui doveva pensare, dice Letizia. Mah! Il libro sembra contenere un equivoco di fondo, interviene Lorenzo. Il papà di Luca sembra depresso, Il Santo sembra santo, Andre sembra morta. L’autore ci fa credere così proprio come spesso nella vita ci lasciamo indurre a credere. Ma niente è come sembra, direbbe Battiato. È non conoscersi, aggiungo io. È non scrutare oltre il ciò che sembra, appunto. Quante volte facciamo delle cose che agli occhi degli altri sembrano stranezze? E invece solo esattezze del nostro animo, della nostra anima.  Al povero papà di Luca gli viene affibbiato un pensiero di morte solo perché nel silenzio e nella contemplazione dall’alto trova pace. Sto pensando alle mie stranezze, d’estate fuori con le stelle, d’inverno dentro con il fuoco, ore ed ore. Allora qualcuno potrebbe presumere per me pensieri definitivi come scomparire oltre l’universo o darmi fuoco! No, è solo contemplare in assonanza con la mia anima. Il papà di Luca non era depresso. E Luca non può essersi ucciso solo per non dispiacergli di una possibile paternità, strana. Il suo male c’era, anche prima. Il papà di Luca è tenero, comprende l’assenza dell’io narrante al funerale, lo abbraccia, gli parla, racconta del suo amore, di quando faceva l’amore.  È una persona normale.  Che strano. Era stato il sesso forse a traviarlo, la demonizzazione del sesso, ma di sesso così bello, di amore, l’io narrante non vuole sentire parlare. Che strani che siamo. Come se i nostri genitori fossero asessuati. Ma tutti questi figli, noi figli siamo nati e non saranno stati asessuati allora, i nostri genitori. Gli occhi vuoti della Vergine nelle iconografie, perfezione dell’arte, non sono gli occhi vuoti della Chiesa, imperfetta forse, quando dimentica che il sesso è la comunicazione dell’amore. Quando lo demonizza ed è impuro, non commettere atti impuri, dice. E allora a volte si veste di tuniche perché siano puri. Letizia ci vede una denuncia sottovoce della pedofilia tra i banchi o nelle sagrestie. Mi sta rattristando questo diario, sto pensando troppo. Passiamo all’estetica. Lorenzo chiede se è riconoscibile, Emmaus, come libro di Baricco. Io penso di sì. Ci sono dei ritorni proprio suoi. La bellezza estetica non è certo quella di seta dove è stata ricercata esattamente, ma se ne riconosce lo stesso autore. Rosanna trova che il libro abbia il tenore di una predica togliendo molto alla storia, all'avventura. Già. Solo quando si stacca dalla teologia rivela delle intuizioni profonde. Maria legge.
Ci disarma, infatti, l’inclinazione a pensare che la nostra vita sia, innanzitutto, un frammento conclusivo della vita dei nostri genitori, solo affidato alla nostra cura. Come se ci avessero incaricato, in un momento di stanchezza di tenere un attimo quell’epilogo per loro prezioso – ci si aspettava da noi che lo restituissimo, prima o poi, intatto. L’avrebbero poi ricollocato a posto, formando la rotondità di una vita compiuta, la loro. Ma ai nostri padri stanchi, che si erano fidati di noi, noi restituiamo il taglio di cocci affilati, oggetti scappati di mano. Nel sordo strisciare di un simile fallimento, non troviamo il tempo di riflettere, né la luce di una ribellione. Solo l’immobilità sorda della colpa. Così tornerà nostra, la nostra vita, quando sarà ormai troppo tardi.

La Vita Sinottica

...chi ha iniziato a morire non smette mai di farlo...

( Emmaus di Alessandro Baricco )

sabato 28 novembre 2009

Una Cometa Perfetta, Provvisoria. Gianrico Carofiglio.

Una Cometa Perfetta, Provvisoria.
28 novembre 2009
La cometa
Vita:
Caro Gianrico,
tutti mi stanno dando della pazza per il tuo possibile passaggio – sembri una cometa! – ma me lo confermi almeno un po’?
Gianrico:
Qual'è l’indirizzo? Farei una capatina verso le 6.
Ho tirato a lucido la libreria nonostante tutto il gruppo di lettura fosse diffidente e mi esortasse a non farmi illusioni. Vuoi davvero che Carofiglio passi da te? Sono certa che Gianrico passerà da me, poteva non dirmi nulla della visita a Bologna, noi non lo sapevamo e non lo avremmo neanche saputo probabilmente, e invece è stato lui a suggerire il passaggio sabato pomeriggio. Eppoi: sapete cosa vi dico, uomini di poca fede? Lasciatemi pure da sola così se passa è tutto per me. Continuo a sistemare libri, spolverare, infilo il cestino in bagno, ripulisco la scrivania dai miei mille fogli sparsi, tolgo persino le ragnatele, soffrendo perché io i ragni li lascerei sempre lì dove si son fatti il loro regno per il semplice fatto che chissà quanto ci hanno messo a farlo…insomma, mancano dieci minuti alle sei di pomeriggio. E alla fine arrivano un po’ tutti, persino Angelo che ultimamente era stato un po’ latitante. Passano le sei, sono nervosa ma fiduciosa, gli altri invece dubbiosi e sempre più diffidenti. Mi siedo al mio posto e nell’angolo vicino al bagno scopro un ragno che m’è sfuggito e che di nuovo, pazientemente – che bello! – ricomincerà a far la tela. Mentre giro il capo, distogliendomi dal ragnetto, guardo fuori dalla vetrina e c’è un uomo, alto, che cerca con lo sguardo qualcosa, guarda l’insegna…mi fiondo verso la porta, sono le 6 e dieci circa, gridando ‘eccolo!’. La cometa è passata. Gli apro e lo invito ad entrare ma tanta è l’emozione che lo fermo lì, sulla porta, e la prima domanda che mi viene è ‘sei venuto a piedi?’ pensando solo un attimo prima o nell’attimo dopo se dovevo o avrei dovuto dargli del lei.  Ma io a Gianrico gli scrivo caro, va bene il tu. Si, è venuto a piedi, si scusa del ritardo. Che uomo! Si scusa che non ha neanche sfruttato il quarto d’ora accademico. Gli porgo la mano e mi presento, sono Vita. E poi tutti gli stringono la mano e si presentano ed è ancora sulla porta e attende mentre io sono ancora folgorata dalla cometa. Si guarda intorno e chiede la natura della libreria. Sono un po’ schizofrenica, gli spiego, da un lato c’è la passione dall’altro studi, libri brutti. E lui: perché brutti? Danno da mangiare. Sono libri di diritto. Poi finalmente rinvengo e lo invito ad entrare davvero, si accomoda sullo sgabello ed è talmente alto che non si deve neanche sollevare per sedercisi, anzi addirittura ci si siede scavalcandolo come nell’esercizio della cavallina, le mani avevano proprio quella postura. Io nell’esercizio della cavallina ero brava, ma è perché sono agile e c’era rincorsa, sullo sgabello così non potrei mai sedermici! Chiede ancora della libreria, se la scelta è dettata dalla vicinanza col tribunale e al mio no chiede dunque se gli avvocati ci vengono. Sono io che vado da loro, rispondo. Aggiunge: come Rambo. Un Gianrico con la citazione di Rambo non ce lo aspettavamo e sorridiamo e iniziamo a chiedergli a chiedergli a chiedergli. Maria ha lo sguardo solo per lui, non lo molla un attimo, persa nell’accento barese, proprio lei, la più diffidente! Ci parla dei suoi prossimi lavori, il più vicino il quattordici gennaio, ancora un legal – attuale! - senza titolo perché quello iniziale, che aveva a che fare con un bufalo, era una frase che poi è stata tagliata e che ora non avrebbe più senso. Un altro lavoro sarà una raccolta di racconti e poi un saggio sulla manutenzione della parola. Ci parla di questo saggio con molto orgoglio, e anche con molta competenza. I racconti, dice, non gli piacciono tanto e il primo che cercò di pubblicare non lo vide neanche tra i primi cento ad un concorso. Lo ascoltiamo davvero e lui sembra star bene in questa veste informale di propaganda dei suoi lavori.  Ma poi non voglio pensare sia venuto per propaganda. Mi piace di più pensare sia venuto in amicizia, magari anche solo per dare un volto a dei nomi. Allora gli chiedo se l’ho disturbato troppo, se bisogna aumentare o diminuire la dose e lui, carino, risponde che va bene così, mantenendosi su un livello medio. Risponde a tutti coloro che gli scrivono, glielo chiede Letizia,  e questo è bello. Apriamo i dolcetti e prende una meringa. Apprezza la cagnina di romagna, chiede se siamo tutti bolognesi e non ce n’è uno. Finisce la meringa e cerca con lo sguardo un cestino per metterci le briciole residuate. Senti, Gianrico, lasciale pur cadere, ho pulito tutto il giorno e sono felice di poterlo rifare. Beviamo un sorso di vino, brinda alla nostra salute. Guarda l’orologio ma manca ancora un po’, gli chiedo se posso fare delle foto e acconsente a patto che non se ne pubblichino di brutte. Non accadrà perché è impossibile, è proprio un bell’uomo, con delle belle mani, nervose. Ha anche un bel calzino, a righe larghe grigie e nere.  Gli facciamo alcune, poche domande, sui libri letti e ci rassicura sul fatto che lo stupratore non è il tenente. Ci chiede come si svolge il gruppo e come scegliamo gli autori, perché solo italiani. E viventi, aggiunge Letizia, e lui abbassa lo sguardo, probabilmente avrebbe voluto fare un gesto maschile ma resta contenuto, resta con le mani una nell’altra. Purtroppo le sette s’avvicinano e per quell’ora ha un impegno in piazza Maggiore così iniziamo a porgergli i nostri libri. Tutti. Angelo, Letizia, Ivonne con Tony, Salvatore, Luigi e Daniela, Lorenzo, Maria, Alberto e io. Io la dedica la voglio su né qui né altrove, un libro che mi è piaciuto molto e per il quale, dopo aver condiviso con Gianrico alcune riflessioni, ebbi in risposta un semplice, bellissimo, ti ho letto con piacere. La dedica è diversa dalle altre, lui lo dice, e io me la tiro un po’. Grazie, Gianrico, davvero.

lunedì 23 novembre 2009

Seta di Alessandro Baricco

Sto rimuginando su una frase quando Luigi mi raggiunge in libreria. Ho piacere di vederlo, di ascoltarlo anche. Stiamo diventando così vicini che possiamo parlare anche di altro oltre che dei libri letti. Arriva Lorenzo sorridente e rasserenante, come sempre. Soddisfatti ammiriamo ancora la vetrina piena di penne alla bolognese, poi Luigi anticipa il nostro arrivo avviandosi in bicicletta, pensando. Io e Lorenzo lo raggiungiamo a piedi, chiacchierando.
Alberto senza voce, Katia e Chiara, Maria, Luisa, Letizia, Rosanna. Irriducibili, presenti.
Seta l'ho letto due volte, come Maria. La prima volta, tranne che per due momenti, mi era scivolato lieve come seta appunto. Avevo pensato che era stata maestria dell'autore riuscire a lasciare questa sensazione in granitica coerenza col titolo. Persino la lettera contenuta non mi aveva entusiasmato, io che adoro le lettere, se ne possono scrivere davvero di più belle, avevo pensato. E i due momenti che mi erano rimasti erano uno iniziale di massima, delicata seduzione e quello finale che riproduceva quasi un pensiero esposto a Letizia alcuni giorni prima in una mail ovvero che si può essere sereni avendo disegnato correttamente alcuni confini nei quali trovano spazio, a seconda, tristezza, nostalgia, ricordi, felicità. E,  a seconda, vi si abbinano contemplazione della superficie dell'acqua, giornate di vento, silenzio, attese. Tutto qui. Poi l'ho riletto. E ho rimuginato. E quando Luigi è arrivato era sulla nuova lettura che rimuginavo. Torniamo alla lettera però che forse agli uomini è piaciuta. E che peccato che Alberto non abbia davvero un fil di voce per parlarne! Lorenzo, che come ci ricorda Luisa di Giappone se ne intende avendo avuto una fidanzata di laggiù, sostiene che è una lettera che contiene una fantasia ben descritta, che farebbe piacere ricevere ma che sicuramente non è la cosa più importante del libro. Già, dice Maria, non c'entra nulla col libro, sembra solo un compiacimento dell'autore che stride in maniera evidente con l'essenzialità del libro. E con la descrizione di due bocche che riescono a rubare un bacio mai dato solo appoggiandosi in momenti diversi nello stesso punto di una tazzina, aggiungo io. Appunto, continua Lorenzo, la lettera è l'unico momento di intimità senza la quale sarebbe restato un libro delicato. Virginale la parola giusta. No, no, riprende Maria, il sesso è forzato e non emoziona, anche Luisa è d'accordo. Eppoi, sempre Maria, c'è questa scrittura estetizzante, dannunziana quasi, questa raffinatezza che è arte ma che scivola tranne che per alcune frasi come gli occhi fissi sulle labbra come fossero le ultime righe di una lettera d'addio. Ed è irritante che possa aver liquidato la presentazione di Helen in quattro parole e che abbia decantato la serenità di Hervé che invece è una noia mortale. Ma Baricco scrive benissimo, si precipita a dire Katia, e gli si perdona tutto. Non è mica vero! Adesso, per cominciare, secondo Rosanna non gli si perdona il fatto che parla sempre per interposta persona e non si capisce mai chi parla davvero. Continua a dribblare nel racconto, con queste triangolazioni continue, con queste storie che si interrompono continuamente, con queste mille possibilità , affidate al lettore, che ogni personaggio può avere. Ad esempio: questa Madame Blanche chi era? Lorenzo si illumina: Madame Blanche è il filo d'arianna del racconto! Ecco il perchè dei fiori blu sulla tomba di Helen. E vuoi vedere che la dolce, paziente, Helen non è altro che una belle de jour del reame di Madame Blanche? E che il tempo dell'assenza di Hervé viene di fatto ben impiegato magari col gentiluomo inglese? Del resto quell'avvicinamento del capo che Hervè aveva notato era stato compiuto con estrema esattezza. Esattezza. Certo, dice Letizia, è per questo che lui trema davanti a questa immagine, non certo per l'alcool. Ed è per questo che Hervé sottolinea che facevano tutti schifo, e non solo lui che durante i suoi viaggi si era lasciato distrarre da quegli occhi non orientali, che aveva accettato in dono da quell'uomo potente sesso per una notte, che non era riuscito ad amare sua moglie con lentezza. E che le ultime promesse le aveva sempre fatte al buio. Stiamo venendo a capo della storia quando Luigi ci insinua il dubbio che il primo biglietto non sia stato scritto dalla ragazzina cogli occhi non orientali. No, Luigi, ti prego. Questo lasciamolo così, certo com'è. L'ha scritto proprio la ragazzina. È sulla lettera e sulla figura di Hara Kei, il mafioso giapponese, che Baricco poteva scrivere qualche pagina in più! Luigi insiste: ma non erano solo affari? perché l'uomo potente cambia? Ma no, era un affronto, suggerisce Letizia. E allora perché non ammazza il rivale subito? Anzi: perché non lo ammazza? Perchè, gli risponde ancora Letizia, nessun uomo di potere agisce spinto dall'emozione e in più era un rivale che gli si presentava una volta l'anno. E di Berbeck che mi dite? Chiede Luigi. Già, cosa gli diciamo di quest'uomo e della scelta, a un certo punto della sua vita, di smettere di parlare? Noi nulla, perché  fu una delle cose che non disse mai ma Baldabiou ci incanta con la motivazione del mutismo del suo collega personaggio. Forse è che la vita, alle volte, ti gira in un modo che non c'è proprio più niente da dire. Baldabiou è il personaggio che ci piace. È semplice. Che non fa discorsi seri perché non vi era molto tagliato. È coerente. Si basta, riesce anche a giocare una partita a stecca da solo inventandosi un dritto e un monco. Che ascolta, devoto di sant'Agnese, e non ricorda mai i perché delle cose. Lineare. Ci voleva tanto a fare anche gli altri personaggi così? Baricco sarà pure bravo a creare il mistero, come dice Katia, ma alla fine ha ragione Luigi: la chiave di questo libro è l'immaginazione. Potremmo riscriverlo noi! Si, si, magari con Helen che in assenza del caro maritino è alle terme di Saturnia col Biglia! Chiara è fantastica. E che l'aggettivo strano così ricorrente dobbiamo legarlo alla fantasia erotica della lettera come in un vecchio film di Verdone....torniamo seri.
Ecco su cosa stavo rimuginando stasera da ieri sera. Su una frase molto spesso abusata che è quella secondo la quale ognuno ha ciò che merita. Non sono mai stata d'accordo. E qui, in seta, il personaggio Hervé si scopre desiderato, si scopre amato, si scopre ricco, si scopre anche sereno nonostante quell'ahimé sulla tomba della moglie. Lui si scopre. Quest'uomo così presuntuoso da considerare la felicità un eccesso e così noioso da consumare il tempo in una serie di abitudini che lo difendevano dall'infelicità davvero aveva meritato quello che aveva avuto?


lunedì 9 novembre 2009

Stanza 411 di Simona Vinci

Io e luigi arriviamo assieme. Ci siam trovati sulla porta della libreria come se ci fossimo dati appuntamento e abbiamo fatto il tragitto fino a via Lame 116 parlando già del libro, delle possibili letture da fare ancora e del suo viaggio entusiasmante appena fatto a Berlino per il ventesimo della caduta del muro.
In sala c’è già Alberto, ci sono Lorenzo e Luisa, Katia e Chiara, Maria. Letizia arriverà e Rosanna pure.
È il primo incontro che facciamo di lunedì ed è bello perché è inizio settimana, perché Alberto è rilassato che non ci sono partite , perché è…bello.
Tutti,  per quel poco o per quel tanto che mi conoscono, mi hanno pensata nella lettura del libro perché è una lettera. Una storia raccontata in una lettera. L’escamotage in effetti mi è piaciuto molto e ne ho ricavato due certezze: che anche il nemico legge gli scritti e che le lettere, se pure irritanti, sono solo parole. È davvero così? Chiede Rosanna. Forse no. La storia è una storia d’amore. Banale, si penserà, scontata. Affatto. Potente ed eterna. Non vediamo volgarità nel racconto, nessuno è restato disturbato. Probabilmente perché non riguarda bambini, dice Maria, è un incontro adulto, d’amore autentico. Già, le fa eco Alberto, raccontare di sesso tra adulti è normale e se anche si fa sesso senza amore è perché dopo l’amore ci potrà essere. Letizia fa notare e si complimenta con Alberto per il suo bel pensiero femminile e dice che lei si è rivista nella preparazione, nella cura, che una donna ci mette nell’incontrare un uomo. Maria no! O quanto meno solo preparazione emotiva la sua. A Luigi il libro non è piaciuto, come l’altro del resto. Trova l’autrice brava nella descrizione della città, della stanza, ci fa immergere in quegli spazi e in quelle situazioni, ma nessuna emozione. Eppoi una lettera può essere scritta molto meglio! Forse molte immagini e poca emozione? Chiede Chiara alla quale il racconto ha preso molto, l’ha proprio affascinata. Anche Luisa le ha sentite le emozioni e a Luigi che non crede all’amore che si comanda risponde che no, non si comanda ma da adulti si è meno istintivi sebbene, come dice Letizia, l’amore capiti ed è una propensione. Già. Esistono persone che si chiudono, che osteggiano l’amore con la razionalità, e che pure si innamorano. Lei glielo aveva detto che non voleva una storia seria, lui le aveva detto che non voleva sbagliare ancora. Un grande amore. Gli inizi raccontano già tutto ed hanno in germe la fine, ci ricorda Maria e redarguisce Luigi che continua a ribadire il ‘nulla’ del libro chiedendogli se per caso ha paura dei sentimenti. Non risponde o forse è un no. Sarà che, come dice Letizia, è un libro femminile e Luigi non è stato preso? No, no, è stata proprio razzista cogli uomini sottolinea lui. E anche Lorenzo interviene col suo mancato coinvolgimento emotivo da parte del libro o, ammette, non lo ha capito, non ha capito ad esempio perché la storia sia finita, ha davvero una logica tutta femminile, incomprensibile. E subito Maria gli chiede se per caso il libro lo ha irritato. Perché è vero che è scritto da una donna e ci presenta un uomo ma un particolare uomo, non l’uomo. E lei nella scrittrice non ci si è ritrovata solo perché donna, le è piaciuta questa narrazione d’un amore adulto, punto. Che se restavano due entità, aggiunge Letizia, probabilmente facevano una bella storia. Ci stiamo appassionando. Luisa sapeva già che il libro non sarebbe piaciuto a Lorenzo, anche lei concorda sul carattere femminile. L’ha colpita quell’usami e il fatto che quasi mai l’uomo sappia perché è stato lasciato. Non denigriamo gli uomini ora, dice Luigi. Già, non fatelo, aggiunge Alberto, perché loro spesso capiscono ma aspettano che sia la donna a prendere decisioni. Come, come? Per Letizia è solo vigliaccheria. Ma è una donna contraddittoria, continua Lorenzo, vuole essere libera senza perderlo. Era l’uomo sbagliato allora o sarebbe stato sbagliato qualsiasi uomo? Maria non ha dubbi: qualsiasi uomo. Lei, ma anche la lei del libro, non è per le fusioni. Lorenzo capisce allora la motivazione della fine, legge un passo e la ritrova. Innamorandoci rinasciamo perché qualcuno – l’innamorato – ci riconsegna noi stessi ma subito la fusione uccide la nuova creatura. Classico casino delle donne! Cioè? chiede Rosanna. Semplicemente la donna è ferma, persevera anche quando una storia è sbagliata, ci crede ed è capace di cambiare le cose, giustifica Lorenzo. Evviva le donne! Esulta allora Maria, se soffro è perché io ho deciso di soffrire. E chiede dispiaciuta, rivolgendosi agli uomini, se davvero è un libro che è scivolato senza lasciar nulla, se davvero non vi si sono ritrovati. In coro – in tre, tutti e tre – rispondono no. E alla domanda di Rosanna se è il lui che non è piaciuto Lorenzo da una bella risposta, che ogni donna gradirebbe. Dice che non può ritrovarsi in un uomo che non si dedica alla donna ma che pure vuole. È perché spesso si pensa che gli altri debbano amarci come noi amiamo, dice Letizia. Ma l’amore ha modalità diverse. Già. Ora è proprio il turno di Rosanna. L’autrice ha scritto un libro così perché voleva parlare dell’Amore e ci ha messo tutto quello che sapeva. Così può capitare, leggendo, di cercare l’evento ma l’evento non c’è. C’è solo una circolarità statica con queste metafore del Pantheon, della donna del Giacometti, del mappamondo. Forse il libro scivola perché davvero le storie ci scivolano addosso e non ci cambiano. Alcune persone poi non vogliono neanche cambiare. E poi a chi scrive questa donna? Scrive a un altro che non c’è? la patologia dell’Amore. Amore claustrofobico che, rappresentato, sarebbe certamente un monologo di quelli combattuti tra la possibilità di lasciarsi andare o tirarsi indietro. Amore chiuso, in una stanza, passa la cameriera e non c’è più, è finito, nessuna traccia. Lei, Rosanna, non abiterebbe mai in una stanza d’albergo, Maria sì. Katia, è stata abbastanza taciturna, non le è piaciuta questa storia, la lei sembra pontificare la sua situazione ma gli amori, l’Amore, son fatti anche d’altro, è fatto di noi, di ognuno di noi. Certo che si, le diciamo all’unisono. L’Amore è fatto di tutto. E di sicuro non si può dire.  Ma perché l’Amore, trattato con sufficienza da alcuni, di poca attualità secondo altri, ci sta prendendo così? E perché a tratti i nostri visi cambiano? E stiamo finendo per non capirci? Ognuno forse a seconda del suo Amore vorrebbe dire ma non si può dire, l’abbiamo detto. E si può perdonare? Per alcuni sì, per altri no, dipende. Si può vivere accanto a chi non si ama? Si, molti lo fanno. È più facile? Forse sì, forse no, dipende. È più difficile? Forse sì, forse no, dipende. Si può lasciare andare un Amore? Con la morte nel cuore sì. Ma anche con un’asettica razionalità. E si possono gli altri innamorare di quelli che noi scartiamo? Si, le complementarietà non sono assolute. Si può sbagliare? Sì. Vivere è sbagliare.  Mangiamo il dolce che ha portato Rosanna va', che è meglio.

mercoledì 21 ottobre 2009

Lorenzo e Luisa di Vita Marinelli

Napoli, 18 settembre 2009

E' persa, esegue tutto in maniera ubbidiente. Ride. Il tempo è pieno ma non passa, le cinque stentano ad arrivare e la stanchezza è già in agguato. Ancora una foto. Ancora un tocco di fard. Ancora una forcina nel velo, tra i capelli ribelli. Oddio i capelli! Forse ha esagerato con la tinta nera più nera che stride contro il candido abito. E la scollatura forse doveva essere meno accentuata, forse Lorenzo ne sarà felice, forse nulla. E' così. Ride.
Lui pensa che sta bene nel suo gessato azzurro/grigio, quasi il colore dei suoi occhi. Chissà se Luisa penserà lo stesso o se le sembrerà ancora più vecchio. Più vecchio di chi? Ha solo nove anni in più! L'abito è perfetto, gli si addice come a un lord inglese, o come a un conte. Nessun fronzolo oggi, ha anche tolto l'anello al pollice e quel braccialetto d'acciaio portafortuna. Sorride. Si guarda allo specchio, ancora una foto anche per lui. Si assenta, il suo sguardo è per sua madre che, con un tocco leggero e immaginario, gli sistema il colletto della camicia e la cravatta. Sorride triste.
Sono quasi le cinque.
Lorenzo col sole in faccia scruta dal sagrato l'auto nuziale. Intorno gli amici e i parenti che scambiano qualche battuta per tenergli compagnia. Sarà bella? Lei è bella. 
Sono le cinque.
L'auto nuziale ha imboccato via del duomo e Luisa cerca curiosa di scorgere Lorenzo per vedere se è bello anche lui, se l'abito che ha scelto non è troppo serioso, da quasi quarantenne. Non è serioso, è elegante davvero.
La cerimonia religiosa scivola veloce, con qualche risata nervosa di Luisa e impaccio di Lorenzo nello sciogliere le fedi dal cuscino. 
La scollatura lo distrae.
Il trucco che sta dissolvendosi per il caldo la imbarazza.
Un bacio, le fedi luccicanti alle dita, palloni colorati, riso e confetti, foto, auguri, ristorante, foto, ancora auguri, ancora foto, discoteca.
Una camera da letto.
Usciti dall'ascensore Luisa si è sfilata le decolleté tacco 12 che non le sopportava più. Così impari, avrà pensato Lorenzo, ad avermi fatto sembrare più basso! Però è già dietro di lei che le cinge i fianchi e la bacia sul collo. Luisa ride, Lorenzo la mordicchia. Hanno già attraversato il corridoio e varcato la camera, sono sul letto, sfiniti ma non troppo. Quella scollatura è troppo invitante. Ma quante volte l'avrà vista? Le bacia il collo e quasi soffoca il viso tra il corpetto indomabile. Il respiro di lei è sempre più forte, le mani nei capelli di lui a fermarlo.
Lorenzo, ho paura.....
Ha paura? Lorenzo si ferma instupidito. Sta scherzando? Cazzo, conviviamo da tre anni!
Che non sia così stupido da rovinarmi il romanticismo? E tiene gli occhi chiusi a far  finta d'esser timida e imbarazzata. 
Aspetta.
Non aver paura, Luisa, ci sono qua io. E affonda la testa tra quei seni pronto ad amarla.

Lorenzo e Luisa di katia Brentani

Lo sposo si guarda attorno nervoso, le note della marcia nuziale di Mendelssohn si diffondono nell’aria. Un signore con baffi a manubrio si aggiusta la cravatta; una signora tocca, con fare distratto, la tesa del cappello.
Le note si affievoliscono, voci sommesse si trasformano in un ronzio fastidioso. Il parroco osserva imbarazzato lo sposo. Un pensiero prende forma fra le navate della chiesa: la sposa non verrà.
Il silenzio avvolge premonizioni a un passo dalla realtà.
La sposa appare all’improvviso, cogliendo tutti di sorpresa.
Le gote arrossate, la bocca fragola socchiusa.
In un battito d’ali è accanto  allo sposo.
“Scusa, ma non ho resistito” bisbiglia all’orecchio dell’amato “ho finito il  libro da brava itinerante”.
Il parroco si schiarisce la gola, richiamando l’attenzione dei presenti.
“Siamo qui riuniti per celebrare il matrimonio di Lorenzo e Luisa”.
I volti si distendono, la marcia nuziale di Mendelssohn copre i sospiri di sollievo.

Katia Brentani

Dei Bambini non si sa Niente di Simona Vinci

L'incontro è alle 19.15, abbiamo anticipato d'un quarto d'ora così coi vari ritardi cerchiamo di iniziare, si spera, in orario. Ma alla fine, sempre, non si riesce ad iniziare mai prima delle 19.40. E' quasi un rito e va bene così, è bello così. Stasera è una serata speciale, un po' per l'argomento del libro letto, un po' perché sono rientrati gli sposi. Anzi quasi quasi chiamo Lorenzo per sincerarmi che ci siano. Ci saranno. E infatti Luisa arriva un po' prima di Lorenzo e si lascia sfuggire che lui è in ritardo perché deve finire di leggere. Arriva anche Mercede, Katia e Chiara. Alberto già presidia mentre Luigi fuma un'ultima sigaretta di la. Maria e Rosanna sembra stiano sempre lì, pronte. Ci sono anch'io, sennò non racconterei. E finalmente arriva lo sposo! Per una volta non è la sposa a farsi attendere e direi che è giusto così dopo che ha fatto ben 50 mn di ritardo col povero Lorenzo.
Dalle voci arrivate ante incontro sembra che questo libro abbia messo angoscia alla gran parte dei lettori, molti disgustati dall'indugiare dell'autrice su alcune descrizioni. Io stessa, che ho finito il libro di notte, poi ho fatto fatica a dormire e, se riuscivo a chiudere gli occhi, avevo Greta e il suo sangue davanti. E il pensiero, per tutto il tempo della lettura, è stato per mia figlia. Insomma inizialmente ho pensato che il libro era un pugno nello stomaco e che non mi era piaciuto proprio per la durezza e il finale mostruoso quasi inverosimile. Ma c'è che, come dice Maria, la realtà è peggio. Allora dei bambini non si sa niente non è un libro che deve piacere anche perché non può piacere nel senso proprio del termine, ci pensavo nel tragitto dalla libreria alle Acli. È un libro che, senza retorica, apre davvero riflessioni sul mondo dei bambini, sui loro universi segreti che, se vogliono, sanno camuffare bene, sulla presenza assente dei genitori che spesso si chiudono dietro la porta delle camerette dei figli facendo passare i loro cambiamenti per pigrizia, svogliatezza, apatia. Ma dovute a cosa? Ce lo chiediamo?
Alberto la prima domanda che pone è se l'autrice sta bene. Scherzi? Lo aggredisce amorevolmente Maria, pensi che uno scrittore non debba toccare alcuni argomenti pena il giudizio morale? No, risponde Alberto, ma è eccessiva la violenza. Anche Mercede pensa che sia poco credibile come storia di bambini perché non ci vede pedofilia ma solo giochi di adulti nascosti nei panni dei bambini. Ma allora i fatti di cronaca? Incalza Katia, ce ne sono e che fanno orrore anche, pensiamo alla ragazzina seviziata e buttata nel pozzo. Si però questa è una storia di bambini, dice ancora Mercede, e dei bambini non assistono passivamente a tutto quel sangue. È un caso limite non può essere catalogato come normalità anche perchè è credibile un raptus di gruppo ma non una violenza così definita, passo dopo passo. Certo che si, che è un caso limite, dice Katia che sostiene ancora che questo è solo uno spaccato della vita dei bambini, uno spaccato duro ma che va letto. Mercede non si convince e inoltre ci dice anche che trova la scrittura abbastanza trash e l'autrice compiaciuta del linguaggio visto che si incontrano molte parolacce, anche nella narrazione semplice dove magari non sono i personaggi a parlare e dove sarebbe ed è normale trovare un linguaggio così. Alberto sotto voce ma non troppo ribadisce che la Vinci dovrebbe farsi curare. Ma no, interviene Chiara, anche il linguaggio usato fa parte di quel mondo di cui non si sa niente appunto. E lo usa e lo abusa forse - ma neanche troppo – solo per sottolineare l'ignoranza degli adulti rispetto a questo universo. Katia concorda con l'amica e torna a ribadire che non c'è alcun compiacimento, solo durezza. Maria è stata buona ma i suoi occhi spesso hanno fatto delle smorfie di stupore, scandalizzati, nel senso buono, dei commenti ma soprattutto della diversità degli stessi. E ci suggerisce, nel caso questo libro ci sia sembrato compiaciuto, scandaloso e quant'altro, di leggere il mio nome è wendy dove protagonista è una prostituta che non tralascia di raccontare tutto ciò che fa coi suoi clienti. Maria ritiene ed io e Katia e Chiara con lei che la possibilità di scandalizzarci dovrebbe cedere il passo alla semplice possibilità di non voler vedere. In fondo in ciò che leggiamo ci siamo sempre anche un po' noi e forse è solo questo che ci infastidisce. Nulla di più. Perchè questo libro è verghiano, distaccato, senza alcuna concessione al compiacimento erotico. E alle troppe parolacce lamentate da Mercede risponde che i bambini del libro quasi non le usano, nella narrazione in effetti si trovano solo parolacce di uso comune. Già, dice Rosanna, l'autrice ha semplicemente fatto uso di uno slang. Dunque giochi erotici come ne fanno i bambini, parolacce da imparare, da ripetere, da provare come fanno i bambini appunto. E va be' però dipanato tutto ciò a Mercede le è restata la curiosità di sapere di Mirko, il grande del gruppo, 15 anni! Più che la descrizione anatomica dei giochi le sarebbe piaciuto sapere di questa anima dannata e disperata e non dicendoci nulla l'autrice ha omesso uno spunto interessante. Assolutamente no, interviene la sposa Luisa, perché l'intenzione non era affatto quella di soffermarsi sui personaggi bensì sui giochi - erotici - di gruppo che poi hanno oltrepassato la soglia normale del gioco e della curiosità. Vero, torna a dire Maria, il protagonista è il gioco segreto di gruppo che cambia non appena arrivano le riviste a supportarlo. Eppoi di Mirko si dice anche troppo: era rabbioso perché molestato da piccolo. Ha un vuoto sordo dentro che a volte si stempera nella dolcezza con Martina ma se ne ritrae perché ciò gli fa perdere potere. Lui è un leader che non può perdersi in smancerie, ordina quello che si deve fare a volte solo cogli occhi e gli altri lo fanno. È un leader carismatico come si suol dire. Si, ma il gioco piaceva anche ai bambini, dice Alberto. Certo, l'abbiamo detto. Era un gioco che indubbiamente piaceva prima della contaminazione con le riviste. E i giochi se piacciono si fanno, ancora meglio se si fanno in un posto segreto, solo loro - dei bambini - di cui gli adulti neanche immaginano l'esistenza o non osano profanarla nel caso la immaginino, una sorta di casa sull'albero, un rifugio per atteggiarsi a grandi, per iniziarsi a grandi, qui il capannone, il mondo incantato dove i bambini si sentono importanti perché considerati da un grande. Solo un po' più grande ma a loro bastava. A Lorenzo il libro è piaciuto perché è realismo puro, senza spazio per i personaggi oltre quello necessario alla storia, senza spinte a giudizi gratuiti e con un linguaggio azzeccato per una narrazione di quel tipo. E se l'autrice non va oltre la storia è per non farla diventare un giallo. Ma si, certo che è azzeccato! Di nuovo Maria. I ragazzini purtroppo si prostituiscono per una ricarica, questa è la realtà! Di questo semmai ci si deve scandalizzare. Finalmente Rosanna. Che ci spiega di avere tra le mani un libro dove l'autrice spesso si immerge, una realtà emotiva che giustifica linguaggio e quant'altro. Descrizione precisa del passaggio del limite. Tutti prendiamo il treno della crescita da cui non si scende e di cui non ci si scorda neanche quando sembra di sì. Pensiamo a Martina. Ci è sembrata passiva, incapace di reazione, immobile, indifferente al sangue, o forse solo pietrificata dal sangue, impotente e accondiscendente davanti al dolore accolto di Greta. Del resto lei era serena in quel gioco perché Greta lo era. Eppure è indimenticabile e tristissima quando, pugni in tasca, canta. E questa sessualità istintiva non è realtà? A volte gli adolescenti la vivono male, la sessualità. A volte l'istinto alla sessualità può portare ad ammazzare. Esiste il sadismo. E se l'autrice ci è sembrata spietata è perché spietate sono le dinamiche di un gruppo dove la follia è follia collettiva da cui si svegliano solo alla vista del sangue, solo alla vista della morte. Ed è Martina, tenerissima, a recuperare la parte libidica facendo una dichiarazione bellissima a Greta che ormai non sentirà più. Dei bambini non si sa niente  è la parte bambina di noi che non si sa proteggere, conclude Rosanna. E quindi, aggiunge Maria, un invito per i genitori ad una vigilanza più attenta, più puntuale.
A questo punto ci facciamo alcune domande sul perché degli scarponcini rossi, se quella cosa bianca che viene passata a Mirko dagli uomini d'ombra sia droga, cosa significano i pesci rossi e perché Martina li vede mentre viene deflorata, se i genitori di questi temi parlano coi loro figli e perché l'episodio dell'acquisto delle scarpe è restato nella mente di Martina. Per gli scarponicini rossi io ci avevo pensato. Mentre leggevo li vedevo, soli col loro rosso, in un paesaggio nebbioso e senza colore. E credo che stiano a rappresentare quasi una premonizione: il colore rosso del sangue, l'anfibio come tipo di scarpa del fango. E che il pomeriggio del loro acquisto sia rimasto impresso a Martina è semplicemente tenero: a volte noi genitori siamo così assenti e distratti che facendo una cosa normale coi nostri figli la rendiamo ai loro occhi eclatante, speciale e indimenticabile solo per averla fatta. Nulla di più. Eppoi: i genitori spesso parlano di questi temi coi figli ma la mia sensazione è che siamo sempre in ritardo o impreparati. Tu, mamma, decidi di affrontare un argomento e scopri che tuo figlio ha già avuto lumi dai compagni. Si scopre, come dice Maria, che la socializzazione secondaria vien prima rispetto a quella primaria. Ancora: siamo fatti di universi, anche i bambini come gli adulti. E nell'universo dove abbiamo deciso non debba entrare nessuno non ci entra nessuno. Lorenzo è d'accordo sui miei universi. Katia e Chiara rispondono alla domanda sulla droga e non c'è dubbio che Mirko ne faccia uso e la riceva. Molte tematiche sono buttate lì e affrontarle tutte aprirebbe un dibattito ancora più profondo se non ci fosse bastato quello avuto. E i pesci rossi? Forse Martina li vede in quel momento perché, avendo visto la coppia che si baciava ai giardini Margherita e avendo visto che il massimo della partecipazione della lei che baciava era  osservare degli orrendi, enormi e deformi pesci rossi, ha pensato che l'amore è così. Che si vedono dei pesci rossi e che questi diventano deformi, brutti, a pancia all'aria, a seconda del dolore.
Luigi, dove sei? chiede Rosanna. Luigi si è tenuto fuori perché a lui il libro non è piaciuto e voleva capirne di più ascoltandoci. Non si è scandalizzato, semplicemente non è stato colpito, inoltre gli ha lasciato molti dubbi a parte la similitudine tra Mirko e Francesco de il passato è una terra straniera. Luigi sente la mancanza di Carofiglio dacché non lo voleva leggere! Prima di chiudere Mercede sente il bisogno di tornare sul suo giudizio perché forse la foga che ci ha messo ha potuto travisarlo così dice che non si è scandalizzata per la storia di iniziazione al sesso,  anzi quelle pagine ( la 64 e la 65 ) sono formidabili per descrizione. Piuttosto: pugno nello stomaco è stato indugiare sulla violenza finale, turbare il lettore fino a fargli perdere la linea del libro. Forse ha indugiato, spiega Maria, proprio per far capire fino a che punto il gioco si era spinto. Certo, le fa eco Katia, ha voluto essere forte, con se stessa scrivendo e col lettore che legge.
Era solo un gioco. Finito male. Maria ci racconta di una bambina all'asilo di suo figlio che per molti giorni consecutivi aveva chiesto a sua madre di poter indossare la gonna e al perché del genitore aveva risposto: perché faccio così - mimando la gonnellina alzata - e non mi devo spogliare! Insomma il gioco delle mutandine. Che tutte le femminucce forse han fatto o dovuto fare. Io mi ricordo che una volta, età della scuola materna, m'impuntai così tanto con mia madre che dovette lasciarmi andare a scuola con la gonna ma anche il pantalone sotto. Pantalone scozzese e gonnellina a fiori! Il gioco non mi piaceva, la gonna non mi escludeva dal gruppo, il pantalone sotto rendeva il gioco più difficile. E mi proteggeva.
Tutti si stanno alzando per andare via, abbiamo parlato tanto in effetti e fatto ancora tardi e Alberto freme perché in tv c'è la partita, Milan – Real Madrid. Ma.....gli sposi sono rientrati e, su suggerimento di Rosanna nello scorso incontro, abbiamo preparato una sorpresa. Chiara inizia a leggere il suo racconto, è bravissima con la sua voce emozionata e poi è stata la prima ad accogliere l'invito di scrivere qualcosa e a portarmi il quadernino. Poi legge Katia, il suo racconto. Breve, bello, lusinghiero per gli incontri di lettura. Ora è la volta di Maria. Ha scritto una sorta di diario anche lei ma il vero regalo è in una poesia di Gibran. Ora tocca a me. Che mi emoziono quando leggo del tocco leggero e immaginario e incontro gli occhi di Lorenzo. E ora tocca a tutti, si festeggia. Rosanna ha portato delle torte bellissime e buonissime, Lorenzo e Luisa sono commossi, tenerissimi, facciamo delle foto.

mercoledì 23 settembre 2009

Ali di Babbo di Milena Agus

Siamo pochini stasera. Colpa delle partite o forse della data troppo ravvicinata, semplicemente della poca voglia o dell'impossibilità oggettiva di presenza. Tant'è che siamo pochi, cinque. Ma noi, quei pochi ovvero Maria, Rosanna, Mercede, il grande Alberto ed io, abbiamo discusso lo stesso tra una caramella ed un'altra. Tutti vicini vicini.
Il personaggio più discusso è stato Madame, questa creatura magica che o la prendi così com'è o le dai dei gran calci nel sedere, per dirla con Maria. Anche il nonno non è stato da meno come oggetto di discussione. Un uomo diverso, fantastico, amante dei cambiamenti e sostenitore di chi aveva il coraggio di metterli in atto. Alberto però è un po' risentito col nonno perché pensa che, come amico, avrebbe dovuto dire di più a Madame, rimproverarla, suggerirle, esigere un certo comportamento. Il punto è che le poche volte che lui azzardava dei suggerimenti e lei li seguiva le cose andavano male, gli amanti fuggivano proprio come i destinatari delle lettere della nonna in mal di pietre che scappavano dinanzi al contenuto voglioso degli scritti. Il nonno ci ricorda il marito della nonna della precedente storia. Sicuramente in ali di babbo ci sono dei tratti già delineati nel primo romanzo anche se qui sono più vari, la scrittrice si sbizzarrisce. Ci da delle pennellate bellissime e toccanti di travagli interiori quasi incomprensibili. Ci mostra delle ingenue bellezze semplicemente spettacolari come la figura del ragazzino e la sua colazione con tè e pane e la nonna del musicista, esclusa per pregiudizio da una certa verità, entusiasta sostenitrice del contenuto della verità.
Leggiamo molti tratti del libro stasera, noto con piacere che io e Maria abbiamo sottolineato le stesse cose. Leggiamo delle frasi bellissime ma sconvolgenti, piene di paura, di poco coraggio o forse semplicemente umane. Frasi come finire prima della felicità, vivere la vita come fosse magia sennò è solo un grande spavento, chiedere un miracolo e non crederci dopo averlo ricevuto, la tristezza che scaturisce dalla responsabilità della felicità altrui, il fatto che non essere mai toccati è una cosa terribile, la ricerca della felicità peccato di superbia, insomma frasi così, di grande effetto ma anche di grande riflessione. Quanta gente non vorrebbe che la felicità altrui dipendesse da essa? Tanta. E il fatto di non essere mai toccati? È terribile. Allora si può capire Madame, nessun giudizio facile nei suoi confronti, nessuno che la additi come prostituta. E qui la scrittrice è stata una grande. Nella realtà una donna come Madame l'avremmo giudicata e agli occhi di tutti sarebbe stata solo una prostituta. Ma pensate che bello: cogli occhi della scrittrice in quelli del  nonno è invece solo una persona che ha trovato un modo di sconfiggere la morte e chi non capisce questa cosa semplicemente non è alla sua altezza. Alla sua altezza! È di una delicatezza e di una intelligenza strepitosa questo pensiero e solo un uomo come il nonno poteva averlo. Sebbene Alberto, un po' come Luigi la scorsa volta, non riesca ad ammorbidire il suo giudizio sul nonno e, ci pensate? Quattro donne a fargli cambiare idea! A dirgli che un uomo che prende la morte come cambiamento, come alternativa a questa vita piena di ripetizioni, che crede nell'avvento dell'uomo nuovo anzi, proprio Madame era l'uomo nuovo, che vede la sua amica come il suo migliore amico maschio e riesce a dirle che sta benissimo dopo aver massacrato la sua bellissima chioma nera, be' un uomo così non può non piacergli. Intimorito dalla nostra difesa  ha lamentato il fatto che come uomo è sempre in minoranza, che è una battaglia impari. Gli ho fatto notare che non è un male, anzi. Verrà fuori da questi incontri fortificato dal continuo confronto con donne, pronto ad affrontare qualsiasi donna e con una conoscenza dell'universo femminile così elevata che  stupirà chiunque gli si avvicini. Non sembrava dispiaciuto all'idea. Che caro che è.
Durante la discussione, proprio come nel libro, hanno aleggiato spesso le ali di babbo, Alberto ne è rimasto affascinato. Questa strana abitudine, spesso tutta meridionale, di mascherare, in una sorta di aberrazione della protezione familiare, una separazione o una fuga con la morte lasciando ai figli solo un fruscio di ali. Di babbo.

mercoledì 16 settembre 2009

Mal di Pietre di Milena Agus

Siamo in undici: Alberto, Mercede, Luigi, Chiara, Katia, Maria, Rosanna, Lucia, Rossella, Letizia e io. Stasera in libreria mi hanno raggiunto solo Mercede e Luigi, poi Luigi ci ha preceduto in bicicletta mentre  io e Mercede siamo arrivate con calma perché avevamo da chiacchierare durante il tragitto. Ci sono due nuovi itineranti, Rossella e Lucia, e molti assenti, alcuni molto giustificati come Lorenzo e Luisa che avevano un matrimonio, il loro, anche Barbara giustificata dato il suo trasferimento a Roma ma ha promesso che leggerà a distanza e ci farà pervenire il suo pensiero; altri meno giustificati o solo giustificati, ognuno sa le proprie cose.
Luigi, ma ne ero certa, è diventato un lettore avido, che si rammarica se non ha un libro e quelli finora letti col gruppo gli son piaciuti tutti sebbene mal di pietre forse l’ha caricato di troppe aspettative e ne è rimasto deluso, tra l’altro il finale con la morte della nonna non l’ha entusiasmato. Ma come, Luigi? La vera storia inizia proprio dalla morte, suggerisce Letizia e vedo gli occhi stralunati di Rossella a questa affermazione e la sua ingenua esclamazione di non averci capito nulla. Capita a volte, Rossella, ed è già capitato a qualcuno di noi di avere lo sguardo smarrito alla ricerca disperata di un compagno di lettura che lo rassicurasse sull’aver letto lo stesso libro. Be’, come insegna Mercede e Lei insegna, è un virtuosismo letterario quello di inserire in un libro una lettera che è poi la chiave di volta dell’intero lavoro. Maria legge la lettera. Che bella che è! Io adoro le lettere. Ne ho trovata una bellissima ne la lunga vita di marianna ucria, una delle più belle lettere scritte da un uomo ad una donna. Tutti ci siamo fermati ad ascoltare stupiti per la bellezza che si sprigiona dalla lettura della lettera del reduce. Forse anche un po’ invidiosi del garbo e dell’amore. Attenzione però, ha ragione Letizia: non consideriamolo poco profondo questo libro solo perché si parla d’amore, come fanno tanti libri. No no, affatto. Eppoi è così bello questo amore immaginato, vissuto solo nella mente follemente straordinaria della nonna. Già ma proviamo a pensare anche all’elemento scandaloso di questo amore, alla coercizione e alla esclusione. E allora questo librino che parla d’amore ci mostra anche tutta la sofferenza di una esclusione, ci ricorda, come fa Maria a sua volta, che di storie di donne che osavano cantare, ballare, scrivere poesie e per questo poi venivano internate ce ne sono tante. La donna che scrive è matta, la nonna lo è.  Ma ha un bellissimo rapporto col marito, di rispetto e accettazione di questa sua follia. Di amore mi verrebbe da dire. Il nonno è in pena per lei quando cade sulla scala mobile della stazione, e non chiede mai nulla della sua curiosità delle case di ringhiera, e non aveva chiesto  mai nulla neanche a letto fino a che lei stessa non glielo aveva concesso. A Luigi la nonna sta antipatica e gli sembra che nonostante la sua cattiveria se l’era cavata benissimo in fondo, aveva dato poco e ricevuto tanto da quel bellissimo personaggio che è stato il nonno così, prendendosi una rivincita letteraria, è felice quando la nipote preferisce il nonno alla nonna. Dalla domanda di Letizia su dove mai Luigi abbia potuto vedere il male di questa povera donna si scatena un dissenso generale che salva la nonna dai pregiudizi del nostro itinerante. Siamo tutti d’accordo sulla bellezza del nonno e, come dice Mercede, tutte vorremmo un marito così ma il nonno è l’eccezione. Chiara ci fa notare che il nonno avrebbe potuto vantare i suoi talami diritti e, vista anche l’epoca del racconto, eccome! Invece rispetta quella sorta di patto prematrimoniale tacito e neanche troppo tacito dacché non era un segreto che lui avrebbe continuato come continuò a frequentare le case chiuse. Eppoi l’aveva pure mandata alle terme, con tutto quello che succede alle terme! Ammaniti docet. E a Chiara è rimasto impresso ma non solo a lei, anche ad Alberto. Io penso che quando la nonna ha deciso di darsi ha compiuto un vero atto di generosità, ha fatto un dono davvero grande, chi è donna può capire,  lascia pure che fosse mascherato dall’economia familiare. Ma forse era amore, quello reale parallelo a quello albergato nella sua mente, e lei non l’aveva riconosciuto. Finalmente interviene Rosanna che sempre ascolta come una gatta sorniona per poi graffiare inaspettatamente. Lei è sconvolta dal finale. E ci suggerisce che non dobbiamo cercare l’eroina o l’eroe del romanzo, il nonno o la nonna, tanto centrale e protagonista è semplicemente la passione prescindendo dalla schizofrenia. E quando una passione non si esplica in un rapporto diventa mal di pietre. L’amore è altrove spesso. La nonna e il reduce hanno potuto fare l’amore con le loro fantasie, la loro era una relazione completa, il reduce glielo riconosce. È la passione che muove tutto. Quella cosa che ti prende la testa e non ti fa ragionare, ti controlla. Fa soffrire. Be’ no, dice Mercede. Non è solo passione quella della nonna, c’è follia, malinconia, umore nero, infelicità, male di vivere che è quello che la porta a non avere rapporti. E poi la passione non può colpire una madre, l’uomo non è madre e di passione può ferire ma la donna no. E no! Maria non ammette la mistica della maternità. Perché i padri dovrebbero seguire le loro passioni e le madri no? Abbiamo appena detto che la passione è una roba fortissima come si fa ad esentarne la donna? Mercede non riesce a giustificare. E Letizia amorevolmente dice che forse neanche chi la vive non la giustifica e se c’è la vivi male, non la accetti quasi, ma devi viverla. Già, ribadisce Rosanna, perché non è una cosa controllata. Proviamo a pensare a Medea che ha ammazzato i figli. Ma poi: perché criminalizzare solo la passione amorosa? La superbia è passione, l’accidia pure e così la lussuria e tutte le altre, eppure questa società le accetta. Luigi è piacevolmente sorpreso alla scoperta di queste passioni perché pensava di non averne e invece stasera ha scoperto che ne è pieno!  Sono quasi le 21.00 e ali di babbo è restato fuori dalla discussione tanto ci siamo appassionati alla passione e poi c’è Luigi che ancora insiste nel dare contro alla nonna e Maria invece l’ha presa a cuore la nonna e non vuole chiudere se non riesce a fargliela piacere. Ma non c’è verso. Dice che avrebbe dovuto fermarsi a ragionare….cosa? per poco non lo sbraniamo. Come poteva ragionare? Ha il male di vivere, ripete Mercede. E Lui allora ancora per screditarla ci ricorda che la nonna scriveva a tutti, un po’ facilotta lo era. Forse come dice Alberto lei cercava solo un compagno ma non aveva la cura, aveva questa passione forte, un po’ come quella per il gioco che magari vorresti ma non ne vieni fuori. Nulla, a Luigi non piace questa donna. E Maria sfinita gli fa notare che la sua semplificazione passione uguale amore uguale ragione è molto pericolosa. Ed io aggiungo che evidentemente Luigi è uno che spesso resta un passo dietro le passioni; Mercede allora gli suggerisce della tenerezza da provare nei confronti di questa donna che ha la passione senza averne l’oggetto e per questa mancanza altro non è diventata che una fissa la sua passione, un paradiso che si è  trasformato in inferno. La nonna aveva cercato l’amore e non avendolo trovato se l’era costruito come ricorda Letizia. Già. Rosanna legge la frase iniziale del se non t’incontrerò mai lascia almeno che senta la tua mancanza e ci plachiamo su una frase e una richiesta tanto straziante quanto delicata.
Ci vediamo mercoledì prossimo 23 settembre alle 19.00 per discutere di ali di babbo.  
Lucia, al suo primo incontro, ha preferito star zitta, speriamo di non averla spaventata. Anche Katia è stata silente ma lei, se la conosco un po’, è perché non sta bene.
Buona lettura e a presto.

venerdì 10 luglio 2009

Diario della serata in osteria

E' l'una e quaranta quando rientro in casa. Poso la borsa, vi prendo la digitale e salgo su in terrazza. Stasera l'ho sentito per la prima volta, l'odore del cielo. È quell'odore fresco, di pioggia appena piovuta, silenzioso, un odore limpido che non ha odore, che lo senti che ti avvolge, ti stringe perché sa che di questo hai bisogno. Allora mi metto sull'amaca a lasciarmi stringere e guardo le foto della serata sulla digitale. Che bella questa serata. Siamo tutti belli. Tutti sorridenti. Riconto sulla foto di gruppo le persone. Maria non si vede ma siamo in sedici. La tavola è mista, bellissima, sono rappresentate 9 regioni e oggi è il 9 luglio. Il nove è un buon numero. Chi è il nove poi? Letizia non si capacitava di dover essere un misero....16? No, Cara, non potevo avere una disattenzione simile, tu sei proprio un 8! A me invece è capitato d'essere un 13 e per una volta non mi dispiace, è dispari ed è primo e ci è nata mia madre. Il 3 coi suoi multipli l'ho inflazionato abbastanza. Chissà se Enrico si sente davvero un 15, e Barbara non è sembrata dispiaciuta d'essere un 17, quando son nata io. Anche Giusy sembrava a posto nei panni del 14; Katia e Chiara....oddio, Ragazzi, non ho preso appunti e sto facendo fatica ad associare i numeri. Ad ogni modo ognuno è il numero che ha meritato, va bene?
Nella foto il mio bicchiere dell'aperitivo, che secondo Angelo non era alcoolico ( !? ) è rimasto pieno, giustamente visto che sono astemia. E i piatti sono vuoti, abbiamo mangiato bene. Rosanna ha mangiato meno crescentine per cui la torta della nonna se l'è meritata tutta, Enrico invece è stato l'unico ad esigere caffè accompagnato a torta ed è rimasto inascoltato. Povero Enrico, l'ultimo pezzettino di torta non riusciva proprio a mandarlo giù! Per farsi perdonare Rossella ha proposto ancora una fetta da accompagnare al caffè arrivato in ritardo. Sto guardando ancora le foto, sto scorrendo ancora mentalmente i librini passati per vergarvi i nomi proprio come studentelli a fine anno. Mi viene in mente la foto del primo liceo con tutte le firme apposte sul retro. Mi sono commossa stasera. La voce, leggendo la conclusione, era un po' bassa non solo perché due sere fa, ascoltando la PFM, ho cantato e gridato come una quindicenne, era bassa anche per l'emozione. E siete stati fortunati che non ho pianto ma potrei farlo ora con l'odore del cielo. Continuo a riavvolgere la mente e siamo bellissimi suddivisi in tre gruppi diversi per irruenza e argomentazione. Quello centrale è davvero iroso quando si parla di politica, i due estremi sono più pacati, quello cui appartengo io più dell'altro. Io e Lorenzo siamo opposti diagonalmente e ogni tanto i nostri occhi si sorridono; anche quelli di Maria ho incontrato spesso. E si sono sorrisi. Alberto, sporgendosi con la seggiola, ogni tanto faceva capolino dietro a Katia ed Enrico e Giusy hanno dialogato con interesse. Rosanna e Maria si sono protette a vicenda ma Federica e Rosanna hanno anche chiacchierato e fumato bene assieme. Letizia e Maria si sono abbracciate, Angelo da buon napoletano ha tenuto banco con tutti. Luigi, è giovanissimo, ma è un sessantottino mancato quando si parla di politica. Giusy prende in giro Alberto col 'benvenuti in Italia' che i siciliani si ritrovano mettendo piede nello stivale e Alberto difende la sua insula insulae con orgoglio. Letizia si sta beccando con Angelo per qualcosa detto tre anni prima, Chiara ha tirato mille volte fuori dalla borsa una penna da prestare a Katia. Rossella ogni tanto si avvicina e già pregusta l'anno prossimo quando avrà anche lei il titolo di itinerante. Luigi si stupisce di non avere i compiti per le vacanze, io gli faccio notare che l'anno prossimo sarò più severa ( ?! ). Federica e Barbara chissà cos'hanno da ridere e Luisa ogni tanto si avvinghia al collo di Lorenzo. Salvatore è nel mezzo e non ha che da scegliere il gruppo d'appartenenza.
Vorrei scrivere a tutti stasera per ringraziarvi ma resisterò fino a domani che è già.

mercoledì 17 giugno 2009

Il Diario di Adamo ed Eva di Mark Twain

Stasera c'è l'ultimo incontro. E ho rischiato di saltarlo. Per tutto il pomeriggio sono stata poco bene: sarà questa gran afa, sarà che domenica a san Luca posso aver stancato esageratamente il mio corpo, sarà che dormo poco. Sta di fatto che ho chiamato Cosetta e son dovuta correre dal medico lasciando in apprensione tutti. Sono uscita alle 20.00 passate e ho inviato un sms a Letizia informandola che non c'era nulla da preoccuparsi ma non me la sentivo quella sera. E lei ' ti stiamo aspettando, non riesci proprio a fare un passaggio?'. Tra mezz'ora sono da Voi. Sono arrivata e e sono stata felice. Tutti premurosi, tutti una gran festa. Letizia aveva gli occhi rossi, oggi il suo Cucciolo è partito per il mare e già le mancava. Barbara invece l'ho vista molto stanca. Siamo in nove, bel numero, tre volte tre, la perfezione più perfetta! Alberto, Maria, Letizia, Katia, Chiara, Federica, Barbara, Luigi ( anche se è dovuto andar via quasi subito ) ed io. Alberto è stato carino, vedo che in mia assenza ha preso appunti però mi fa sapere che deve 'tradurli' prima di passarmeli. È l'unico uomo questa sera - ancora una volta - ma sarebbe stato interessante averne di più e sentire la loro impressione sul librettino portato in discussione. In linea di massima 'il diario di Adamo ed Eva' è piaciuto a tutti e ha fatto sorridere tutti. Alcuni l'hanno visto come l'apoteosi dell'Amore e del romanticismo  ( Katia ), altri semplicemente una storia di solitudine ( Barbara ), altri ancora non vedono come possa essere risaltato l'Amore se ci si spinge in elucubrazioni di carattere grammaticale ( Maria ). Ancora: sembra un librettino per rimarcare la cervelloticità della donna ( Federica ) e la loro incapacità di restare da sole per retaggio sociale – familiare. Stare assieme spesso è una comodità, non è facile occuparsi di tutto ( Letizia ), ha ragione Barbara allora quando dice che è una storia di solitudine. La solitudine va bene perché bisogna saper stare con sé stessi in attesa che ( Maria ).  Ma dico....questi due nel paradiso terrestre non è che avessero tante opportunità oltre le loro reciproche! Ci stiamo divertendo da matti, è una bella discussione. Alberto è troppo divertito quando gli chiediamo, da uomo, cosa ne pensa. Dice che si capisce che l'autore conosce bene l'uomo - essendo uomo - e che il ritratto che vien fuori di Eva è quello che poi hanno gli uomini nella loro mente così come il ragionare semplice è quello che adottano più spesso senza troppe omissis mentali. Eva si perderà pure nei suoi labirinti mentali ma è tenerissima quando si atteggia a prima donna ( Maria )! Ed è patetica a volte col suo amore totale, avvolgente, materno, ma di più lo è l'uomo con la sua presunzione d'essere amato ad ogni costo ( Letizia )! Sono le 21.10, arriva Titty così manteniamo il nostro numero perfetto. Continuiamo. Io mi vedo molto Eva e il suo romanticismo mi fa impazzire. Potrei disperarmi anch'io se mi togliessero la luna, perdonne, le stelle! Eva mi piace sebbene il finale strida un po' con questa donna che sa fare, sa parlare, sa ragionare - anche troppo -, sa amare ma non sa bastarsi, si annulla per l'uomo, stabilisce in cuor suo che è meglio che sia lei a morire per prima perché non sopporterebbe una vita senza Adamo. Se lui ride si dimentica di respirare, si è anche scordata d'essere madre per lui. Adamo è l'uomo. I nostri uomini che ci vedono esagerate, complicate, piagnone, ciarliere, cervellotiche appunto. Adamo non è l'uomo quando dice che 'meglio fuori dal paradiso con Eva che dentro senza', spesso gli uomini sanno bastarsi senza scegliere né il paradiso né Eva. Sono più bravi di noi in questo, glielo si deve riconoscere. Inoltre noi donne costruiamo dei castelli anche sulle storie finite, siamo possessive anche coi nostri ex...a proposito: a Barbara darebbe tremendamente fastidio se una sua amica filtrasse con un suo ex. Anche ad Alberto, è una questione di rispetto dice. Federica ci informa che i suoi ex li possiamo prendere tutti e Maria ci delucida su come sia diffusa questa gelosa possessività tra le adolescenti ( è stata insegnante). Si è fatto tardi, Alberto ha un impegno ma è stato davvero caro a restare per lasciarci usufruire ancora un po' della sala. Grazie, Alberto! Decidiamo di vederci un'altra volta prima dell'estate ma per una cena o qualcosa di simile. Decidiamo anche i compiti per le vacanze e il prossimo incontro che sarà a fine settembre. Alberto ci darà poi la disponibilità del calendario.
Chiara è restata silenziosa durante la serata, più tardi dirà che ha temuto gli interventi di Maria e che ad un certo momento ha pensato d'aver letto tutto un altro libro, che carina!
Io, Maria, penso d'aver risolto il nostro giallo ovvero quello delle due versioni del librino di Twain, la tua 'il diario di Eva' e la nostra 'il diario di Adamo ed Eva'. Bene. Twain ha scritto prima il diario di Adamo, sembra che abbia preceduto quello di Eva di almeno 12 anni. Adamo, l'abbiamo detto, è l'uomo, lo si riconosce. E Twain lo descrive benissimo, essendo di parte, senza troppe esasperazioni come invece farà con Eva, ma commette un errore, il più banale: gli fa scrivere un diario che è prerogativa quasi prettamente femminile, vedi me! Twain non si accorge subito di quest'aberrazione, ci arriva coi tempi dell'uomo, e allora per ovviare e far apparire la donna come quella che si è emancipata, che con la parità, col '68 e quant'altro fa anche cose da uomo fa scrivere un diario ad Eva cosicché la costola di Adamo si reiteri anche in questa forma....è plausibile?

Buona estate a Tutti e ancora buone letture.