Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

giovedì 14 novembre 2013

Saviano legge Levi, Se questo è un uomo

Qui.

Anche per me è uno dei libri maestri. Rileggerlo dopo aver visto Auschwitz davvero dà la misura dell'uomo, di ogni sua capacità, positiva e negativa. 


E' uomo chi uccide, è uomo chi fa o subisce ingiustizia; non è uomo chi, perso ogni ritegno, divide il letto con un cadavere. Chi ha atteso che il suo vicino finisse di morire per togliergli un quarto di pane, è, pur senza sua colpa, più lontano dal modello dell'uomo pensante, che il più rozzo pigmeo e il sadico più atroce. 

In mezzo alla solitudine di Auschwitz - Birkenau queste parole mi sono risuonate vivide, anche senza memoria di lettura.

2 commenti:

  1. Ho letto tanto tempo fa Levi. E non ci sono parole altre che si possano dire.
    Mi vien da pensare solo che, in una situazione ripetuta, giorno dopo giorno, anno dopo anno, di privazione e di terrore, in cui si viene spogliati di ogni dignità, anche l'ultima briciola di essa, e nulla più si sa di chi si è e di cosa potrà essere della propria vita, mi vien da pensare che nessuno può decidere quando si smette di essere uomini, come se fosse possibile ipotizzare che, in quell'inferno reiterato, ci sia stato un limite che si dovesse e si potesse non valicare. Che tanti sopravvissuti abbiano taciuto a lungo perché divorati dalla "colpa" di essere ancora vivi mi parla del loro essere rimasti uomini, avessero anche fatto cose impensabili per noi rimasti al sicuro.

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