Il sottotitolo di questo libro è La vera e drammatica storia della sorella di Anne Frank. E ancora Una storia che inizia dove drammaticamente il diario di Anne Frank finisce. Il lettore deve fidarsi della sua memoria prima di leggere la seconda di copertina. Non è la storia di Margot Frank. E' la storia di Eva. Sua madre sposò il padre di Anne.
A caso, mi sono ritrovata a iniziare a leggere questo libro da uno degli ultimi capitoli, Tornare, e mi ha commosso. Ho riconsociuto le sensazioni, sono tornata a sentire l'orrore calarmi addosso, con in più tutta la pena per questa donna che ad Auschwitz tornava da sopravvissuta. In questo capitolo Eva dice che non ha provato alcun senso di risoluzione tornandoci, e le credo.
Poi ho letto il libro dall'inizio alla fine, com'è normale. Ci sono capitoli, pure tragici, ben lontani dalla commozione finale. L'ho addebitato al fatto che il libro è stato scritto a quattro mani con una giornalista. Ci sono insinuazioni e brevi generalizzazioni buttate qua e là. Tracce di moralismo odierno che nulla c'entrano con l'Olocausto e la Memoria. Ma ciò che mi è dispiaciuto di più di questo libro è la diffidenza continua verso il lettore.
Infine sono arrivata all'ultimo capitolo. Un paragrafo recita così.
Milioni di persone visitano Auschwitz ogni anno e ho sentito dire che c'è un'enorme calca che attraversa l'ingresso e si aggira per il campo indossando le cuffie di un tour guidato. Ho conosciuto delle persone, alcuni di loro ebrei, che visitano molti siti di campi di concentramento, ricavando una sorta di eccitazione dall'orribile sensazione di trovarsi in mezzo a morte e terrore.
Milioni di persone visitano Auschwitz ogni anno e ho sentito dire che c'è un'enorme calca che attraversa l'ingresso e si aggira per il campo indossando le cuffie di un tour guidato. Ho conosciuto delle persone, alcuni di loro ebrei, che visitano molti siti di campi di concentramento, ricavando una sorta di eccitazione dall'orribile sensazione di trovarsi in mezzo a morte e terrore.
Alcuna eccitazione, Eva. E' davvero un viaggio educativo, di memoria, commemorativo. Non un tour, le cuffie sono di supporto alla percezione del dolore. La gente non si aggira ad Auschwitz. Segue un corteo funebre ben composto nel quale si percepisce tutto il senso del limite del proprio essere al mondo.
Come si manifesta la diffidenza continua di Eva verso il lettore?
RispondiEliminaPer quanto riguarda l'eccitazione di fronte al luogo estremo di morte e terrore, purtroppo non la credo impossibile per definizione. In te, sì, assolutamente impossibile. Ma conosciamo tutti come ci sia gente che, di fronte a un incidente, si ferma alla ricerca del sangue, del corpo, dei segni del dramma. E la gente che va nei luoghi dei delitti più efferati come se fosse in un giro turistico. E la gente che va, visita e si tocca o tocca ferro. E miserie del genere la cui esistenza non possiamo ignorare, anche se il solo pensarci fa venire la pelle d'oca per il ribrezzo. Indignamoci.
In alcuni punti sottolinea che ha conosciuto Anne; in altri che con la scrittura di questo libro non è salita sul 'carro di Anne'; in altri ancora, e questo posso comprenderlo, c'è tutta la paura di non essere creduta.
RispondiEliminaRiguardo l'eccitazione m'indigno, certo. Ma si inserisce in quel quadro di generalizzazioni buttate qua e là. Ho visto la gente piangere morti che non ha conosciuto in quel posto. Tedeschi pieni di vergogna e colpa per i quali ho provato pena. Ragazzi, i miei figli, che non hanno dormito la notte successiva alla visita, che ne avrebbero fatto a meno. Sì, c'è poi anche la gente misera, ma per fortuna gli uomini non sono tutti uguali.
Quant'è vero, che non siamo tutti uguali.
RispondiEliminaGrazie per avermi fatto capire la diffidenza a cui ti riferivi. Con la paura di non essere creduta, la sua diffidenza diventa più accettabile, forse.