Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

venerdì 1 novembre 2013

Il bordo vertiginoso delle cose, Gianrico Carofiglio

E' bello malinconico l'ultimo libro di Gianrico. Te ne accorgi subito, appena Enrico prende un treno per tornare a Bari, dove è cresciuto, ha frequentato il liceo, si è innamorato la prima volta e ci ha lasciato un fratello che non vede da anni.
Un uomo malinconico parte in treno infatti, e si perde a guardare fuori dal finestrino.

Il Caso ha deciso il ritorno, e non solo quello. Una notizia sul giornale. Enrico si lascia guidare. Gianrico poi guida il lettore. Senza presunzione, neppure supponenza, gli prende la mano, gliela stringe di più sul bordo vertiginoso, e gliela lascia solo dopo l'ultima pagina.

La storia è tra presente e passato, narrata con la maestria della prima e della seconda persona. Viene facile trovarvi una notte a Bari o il passato di ( è ) una terra straniera. Ma qui, sul bordo pure, c'è Celeste. Creatura fantastica che fa venire voglia di riprendere in mano presocratici e sofisti, e arrabbiarsi della manomissione del termine sofisma. E c'è Stefania, che in poche battute fa riflettere sulla responsabilità della vita.

Un bel tributo a cinque grandi incipit della letteratura, a cinque donne rivoluzionarie, a Linus e a qualche opera dimenticata che un attento lettore andrà sicuramente a rinvangare. Forse anche a Simenon con quella cosa della colazione. Tutto perfettamente incastrato.

Poi, quando il romanzo finisce, viene voglia di abbracciarlo, Enrico. O Gianrico.
 

1 commento:

  1. Esattamente così! La scrittura di Gianrico mi è sempre più cara perché sempre più vicina, limpida, intima. Mi sembra che stia raccontando proprio a me quella storia, quelle storie, con la sua malinconia delicata, che è come un foulard leggero, sì, ma protegge e permette di osare l'incontro con il vento.
    E' un libro di formazione. E' un libro sull'onestà di un uomo che torna da dove è venuto, per incontrarsi di nuovo, per provare a non perdersi più.
    Se fossi ancora prof, lo darei da leggere durante le vacanze di natale, per poi discuterne tutti insieme per lungo e largo e so per certo che molti occhi sarebbero finalmente aperti.
    Tornerà presto l'avvocato Guerrieri: chi ci troveremo davanti, dopo tutti questi anni? In bocca al lupo, Gianrico e avvocato

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