Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

domenica 16 dicembre 2012

Il tempo è un dio breve, incontro d'autore

Abbiamo già incontrato Mariapia Veladiano circa due anni fa in occasione del suo esordio La vita accanto, e fu dono. La incontriamo ancora col suo nuovo libro, Il tempo è un dio breve, sabato 19 gennaio 2013. 
 Dalle 16 in via Lame 116 a Bologna.

giovedì 13 dicembre 2012

L'eredità dei corpi, Marco Porru


L'eredità dei corpi sarebbe stata interessante discuterla con l'autore. Quasi stava per succedere, se non avesse preso un aereo per Roma anziché per Bologna.

Sono due adolescenti i personaggi di cui discutiamo stasera io, Maria, Lucia, Elisabetta, Marco, B.Lavinia, Sarah, Elke, Luigi, Luisa e Lorenzo.
Uno, Raniero, con una malattia che gli deturpa il corpo; l'altro, Gabriele, con un peso che non riesce a ricordare e la vita che gli fa schifo. Poi c'è Rosaria, zia di Raniero, ma che gli fa da madre visto che quella vera è in una casa di cura.
La scrittura di questa storia è un po' acerba, è vero che l'autore è giovane e che si tratta di un esordio, ma i fatti narrati offrono esistenze senza risparmio, fatte di fragilità, violenze, sofferenze e solitudini. Manca però la rabbia, è intollerabile questa assenza. Non averne trovata neppure nella scena della spiaggia. Mi sono arrabbiata molto, io. Anche Marco. Ci si aspettava che Gabriele esplodesse nella violenza per difendere l'amico. Ma, come dice Maria, lui alla fine minimizzava tutto, mentre è Raniero il personaggio più complesso. Oppure può non aver avuto una visione di violenza, ma semplicemente una scena tra adulti che l'aveva disgustato, o ingelosito, dipende. Perché in realtà Gabriele è stracolmo di rabbia, nota Sarah, solo che non riesce ad agirla perché non ricorda il terribile segreto che lo tiene insonne. Così si concentra sull'amico, non riuscendo a farlo su se stesso.
Lorenzo ci chiede ragione del titolo. Secondo Maria perché il corpo malato condiziona la vita di Raniero, il corpo voglioso di Rosaria focalizza la vita solo nella sessualità, quello seduttivo di Gabriele dovrebbe solo schiudersi alla felicità. Secondo Sarah perché nasci con una eredità che però puoi riscattare, non necessariamente dei corpi. Raniero prende coscienza del proprio corpo, si libera dell'eredità, e se ne va.
Interessante invece capire perché Rosaria è così. Se è stata abusata oppure solo disprezzata. Siamo tutti concordi nel ritenere che Rosaria sia il personaggio meglio caratterizzato. Anche che sia stata una buona madre per Raniero, ma non avrebbe dovuto mentirgli su suo padre e sullo zio.
Elke ha avuto ansia per tutta la lettura del libro, soprattutto perché le è parso che il papà di Gabriele faceva sforzi solo perché li doveva fare. Il figlio non l'aveva mai accettato. Il mondo degli adulti ha difficoltà a rapportarsi con l'età adolescenziale, mentre dovrebbe far memoria di esserci passato, conclude Marco.
Simona è una creatura magica del libro, meno male!
Il finale è aperto. Forse perché, come dice Maria, si racconta di adolescenti che hanno tutta la vita davanti. Per quasi tutti è un finale ottimista. Luigi si è incuriosito.

Grazie, e un nuovo augurio

Bellissima serata con L'eredità dei corpi e i saluti, grazie!

Grazie a Luigi per averci sorpreso.

Grazie a Marco per aver scongiurato la riunione di lavoro.

Grazie a Lorenzo appena rientrato da un viaggio poco leggero.

Grazie a tutte le donne presenti che mi perdoneranno se coccolo di più gli uomini.

Un abbraccio!

sabato 8 dicembre 2012

Avventure della ragazza cattiva, Mario Vargas Llosa

La storia è quella di Ricardito, irrimediabilmente innamorato di una niña mala per oltre trent'anni. E' lo stesso protagonista a raccontarla, con un sottofondo di commiserazione che chiede al lettore indulgenza, solidarietà e nuova commiserazione. 
Io non l'ho amata la  niña mala al contrario di Ricardito, neppure lui a dire il vero. Ho apprezzato, questo sì, la sua capacità di restare vivo ad ogni abbandono, pur senza cuiosità della vita. Non mi è parso amore, il loro. Eppure sarà lei, la niña mala, infine a dar vita al sogno inconfessato di Ricardo: scrivere. Con una richiesta diretta, quelle che in amore si possono fare. 
Nella storia mi sono piaciute le coincidenze pedanti che portavano i due a incontrarsi in ogni angolo del mondo. Mi è piaciuto Arquimedes e il realismo magico sudamericano. Mi è piaciuto lo stile, mai volgare, con un giro di parole sempre elgante. 
Ho letto le varie ipotesi di traduzione per niña mala. Ragazza cattiva, si legge da più parti. Ragazza malata, dico io, scegliendo la traduzione più assonante senza conoscere lo spagnolo. Vittima compiacente di un amore contorto, lei. A ricatto di una breve felicità, lui.

domenica 2 dicembre 2012

Come ho cominciato a leggere


Le domeniche sono complici di ricordi. Dev'essere il tempo lento. Poi un documento non trovato che cerco tra i libri. Tanto poi mi conosco. Scivolo su uno che non ha più la costa, è naturale che il documento che cerco non sia lì, troppo vecchio e pure imboscato dietro agli altri.

Era giugno del millenovecentottantasei e avevo undici anni. Con mia madre insistei per tornare a scuola, dovevo restituire il libro della biblioteca anche se non l'avevo neppure letto e non m'importava neanche, la scuola era finita. Non si poteva rientrare a scuola, i giorni del lutto non erano ancora finiti, ebbi in risposta. Avrei tenuto il libro con me e l'avrei restituito a settembre. Credo di ricordare perfettamente la mattina che ho aperto il libro per leggerlo, poi richiuderlo solo quando l'ebbi finito. Faceva veramente caldo. M'interessava quello che leggevo, sopratutto avevo scoperto che tra le pagine dei libri si nascondono vite adatte a noi. 

Senza famiglia di Hector Malot, il titolo del mio primo libro. Prima, per dovere scolastico, avevo solo letto brani dai sussidiari.
Dovrei rileggerlo il mio primo libro, ricordo solo il dramma di Remigio, la sua tenacia. E il lieto fine, meno male. Non come tanti libri di adesso che sembrano evitarlo il lieto fine, come fosse banale. Che poi va a finire che anche nella vita ci si convinca che sia banale...

A settembre non restituì il libro, nessuno me lo chiese e io non lo ricordai. Perdonatemi. Ma mi piace, ora, che all'interno riporti il timbro della Biblioteca Scuola Media Statale Dante Alighieri - Villa Castelli.

Edizioni Capitol Bologna, leggo sulla copertina logora. Quel Bologna dev'essere stato presagio già allora.

sabato 1 dicembre 2012

L'amore rubato, Dacia Maraini

Io l'ho adorata Dacia Maraini ne La lunga vita di Marianna Ucrìa. In quel libro credo d'aver trovato una delle più belle lettere d'amore di un uomo a una donna. E il ricordo di quell'uomo da solo mi basta a riscattare invece gli otto uomini raccontati ne L'amore rubato. Ho pianto su Anna, l'ultimo racconto. Per la sottomissione suicida, per la complicità del silenzio, per le colpe, per la possessività atavica, per l'ignoranza e l'arroganza. 
Dacia è straordinaria nel suo impegno. Si può sradicare questa cultura della possessività, si può. Quell'amore mio sussurrato nell'amore è giusto, ma lì deve restare. Se no è aberrazione. Eppoi ancora la convinzione malsana e inaffidabile che vis grata puellae tralasciando la saggezza, la dolcezza, la premura d'un corpo che parla, e ama. Una violenza è una violenza, accidenti! Ed è terribile l'insinuazione del godimento, anche da parte di giudici assennati che hanno l'impudicizia di chiedere se è stato provato piacere. Starò sognando. In quale altro reato penale ci si sogna di chiedere alla vittima se ha provato piacere? Non a un derubato, non a un truffato. A una donna violentata sì.
Sì. 
Stanotte ho voglia di rileggere la lettera di don Giacomo.

martedì 27 novembre 2012

Bologna a modo nostro

"Vita, è per te! 
Cercami e mi troverai. Ma troverai tante altre suggestioni belle sulla tua Bologna!"

Sulla mia Bologna. Già.

Non è la solita guida su Bologna. E' lo sguardo di diciotto donne su una città ricevuta o scelta.
E' l'intreccio di storie personali e storia cittadina. 
Il lettore, o il turista, che sceglie questa guida sentimentale vi troverà quattro posti in croce dove chi li ha raccontati sta bene. 
Luoghi di silenzio o incontro. Dipende.

venerdì 23 novembre 2012

aperitivo con Luisa Grosso

Domenica 25 novembre alle ore 12 la libreria Coop Zanichelli di Piazza Galvani offre un aperitivo agli amici di Miriam e la geometria. Un'occasione per tornare a salutare Luisa.

giovedì 22 novembre 2012

L'eredità dei corpi, poi facciamo festa.

Ci troviamo giovedì 13 dicembre con L'eredità dei corpi di Marco Porru. Poi facciamo festa per salutarci al nuovo anno. Facciamo un giro di mail, o di post qui, per sapere cosa portiamo?

lunedì 19 novembre 2012

Incontro con Amneris di Cesare e Nient'altro che amare


Amneris ci ha trovati lei, noi avevamo trovato a'zannuta.

Di Nient'altro che amare ha scritto tutto, anche la quarta di copertina. Ma la copertina non le piace. Neanche a noi, a dire il vero. Potrebbe sembrare un Harmony. Si è impuntata sul titolo, quello suggerito è meglio non ricordarlo. Puntava sull'erotismo, l'editore, ma non è un libro così.


Vita: E' una storia cruda. La storia di un luogo. Eppure, Maria, la protagonista, non se ne va da quel posto, è in quel posto che si sente protetta. Quanto è importante la Calabria?

E' una dichiarazione d'amore per la Calabria questo libro. Una dichiarazione d'amore nella lingua del crotonese che viene, o veniva, conosciuta solo per cose negative. Creare un personaggio crotonese faceva bella quella terra. Perché, si sa, attaccare il marchio fa parte di una cultura.

Maria: La storia è tutta inventata? Davvero tutta? Perché io ho incontrato almeno due Maria (del libro) nella mia vita. E mi colpisce e mi sconvolge la capacità di inventarla, una Maria. I tuoi uomini poi sono molto particolari, almeno tre: Hans, Arturo e Ciccio.

Mi piace raccontare. Trovo debole partire da cose conosciute. Mi piace inventare di sana pianta, mi gratifica di più. A'zannuta nasce così. I romanzi scritti poi sono nati da racconti che non mi erano piaciuti, ripresi in mano. Ma è stata un'amica, che curava una rubrica letteraria, a chiedermi racconti ispirati a piece teatrali. Così potrei dire che mi sono ispirata a Filomena Marturano per questo libro. Poi, quando a'zannuta non aveva più nulla da dirmi, ho smesso di scrivere il romanzo. 
Per quanto riguarda gli uomini, io sono innamorata di Hans.

Maria: Da dove la critica al prete che non battezza Santina?

Non c'è una critica alla Chiesa. Volevo ricordare i bambini col labbro leporino, in Brasile, che non venivano battezzati perché considerati obbrobrio della natura.

Vita: C'è una ambivalenza di Maria, a'zannuta.

E' qui la ragione del titolo. Maria è una donna emarginata che non ha alternative per continuare a vivere. Impara ad amare con Hans, ma sa già amare tutti i suoi figli. Sì. E' una donna che non rinnega niente, non rifiuta niente.

Maria: Avrebbe voluto cambiare?

Decide di cambiare, per i figli. Inizia a dire di no.

Sarah: Con una vita così è difficile cambiare, bisogna sopravvivere...

Già. La frase che ha colpito e che è stata riportata nel sito Mondo Scrittura è Non cercate di portarglieli via i figli a una coniglia perché morde.

Lorenzo: Da napoletano la sento l'ispirazione a Filomena Marturano. E' bello Ciccio. Perché non ti sei fermata a lui? Perché arrivare ad Arturo? E perché Mariuzzo non ci prova?

Non mi sono fermata a Ciccio perché Arturo aveva ancora qualcosa da dire. E' Arturo che spiega l'amore. Mariuzzo non ci prova perché ha paura di Mela. Poi, perché è generoso, accoglie Hans, e rispetta Maria.

Luisa: Avrei voluto un ritorno di Hans. Perché i figli sono tutti maschi?

Hans forse tornerà altrove, come Rosario. I figli sono tutti maschi per un'amica.

Marco: Non mi è piaciuto nessuno degli uomini del libro. Tutti sono il coniglio della situazione, anche Arturo. E trovo triste che si sposino da vecchi. Solo i figli, ancora ragazzi o bambini, sono i veri uomini.

Sono contenta che il libro abbia aperto una discussione così. Vorrei far parte di questo gruppo di lettura.

Ti accogliamo, sei la benvenuta!








sabato 17 novembre 2012

I primi tornarono a nuoto

I morti che tornano, con la stessa età e le sembianze del giorno in cui hanno lasciato la vita. Questa è la storia che si racconta ne I primi tornarono a nuoto di Giacomo Papi. Una storia surreale dove ritornano tutti, da ogni epoca. Non sono minacciosi all'inizio i rinati, solo smarriti e voraci. E sopratutto vogliono vivere. Ma in breve tempo il loro numero supera quello dei vivi, la gioia iniziale diventa desiderio di prevalere, nascere un crimine. 
Il finale è semplicemente reale e bello. La fine da cui ogni storia può finalmente iniziare. La vita.

"Era rimasto solo il presente che è eterno, ma muore."

giovedì 15 novembre 2012

Incontro con l'autore, Amneris di Cesare

Lunedì 19 novembre alle 20.00 in via Lame 116 a Bologna incontro con Amneris di Cesare per discutere del suo libro Nient'altro che amare

È la madre a darle quel soprannome, a' zannuta. Una madre che non l'ha mai amata per via di quei denti sporgenti che le danno un'espressione che vagamente ricorda quella di una coniglia. Non l'ha mai difesa da un padre violento e ubriacone che, come tutti in paese, l'ha sempre considerata una ciòta, una stupida, una che non serve ad altro che a divertire gli uomini, grazie al corpo maledettamente sensuale che si ritrova. Ma Maria non sarà mai come lei. Amerà i suoi figli, tutti, indistintamente e nonostante li abbia avuti, spesso, dopo aver subito violenza. Perché come l'animale a cui assomiglia, Maria è prolifica, forte e mansueta. Ma non provate a portarglieli via, quei figli. Perché come i conigli, Maria sa mordere. La vita come l'amore. Perché Maria è una che ama, una che non sa fare nient'altro che amare.

lunedì 5 novembre 2012

La valle delle donne lupo, Laura Pariani

Un libro di figure e di luoghi, La valle delle donne lupo. Di certe figure marginali come la montagna, ad esempio, che più che un luogo geografico è un'esperienza. Assolutamente marginale al resto del mondo.
Le donne lupo sono balenghe delle valli piemontesi, tutte falciate dalla stessa sentenza di emarginazione, servite alla comunità per mettere in scena sempre lo stesso canovaccio. Fenisia, presèmpio, vive in una casa con affaccio su una distesa di tombe. Ché non c'è niente di strano o di che vergognarsi, gli uomini della sua famiglia al cimitero ci lavoravano. Quello del sotteramorti è un mestiere onesto, per non dire indispensabile.
Ad una ricercatrice racconta la sua storia, Fenisia. A noi pure, quasi in piemontese. Ad ascoltarla ci sono Maria, Lucia, Patrizia B., Lorenzo, Marco, Sarah, Giuseppe, Elke, Luisa, Rosanna, Paola ed io.
Paola non aveva letto mai un romanzo con dialetto del nord. Le ha fatto effetto Camilleri spostato geograficamente. L'ha trovato comprensibile e con una coloritura particolare, avendo utilizzato poi cose riconoscibili (le figure) e una scenografia gotica (i luoghi). Il paese piccolo è dappertutto, se non ci sono comunicazioni. E dal paese piccolo o scappi, o diventi lupa, aggiungo io. Anche se si può andare via dal paese piccolo e restare uguali nell'anima, sopraggiunge Maria.
A Maria ha colpito la costruzione sintattica dialettale del racconto. L'ha colpita la semplicità con cui Fenisia racconta dell'incontro sessuale, senza mezzi termini, senza eufemismi. Sarah fa notare che le persone anziane spesso fanno così, di raccontare come se dicessero di una ricetta da cucina. Già, sembra naturale, la asseconda Maria. Naturale come l'accoppiamento di una lupa, penso.
Anche a Giuseppe è piaciuto leggere questo libro, con parole che intuiva anche se non capiva. Non l'ha trovato distante, il racconto, da dove è vissuto lui nella bassa veronese. E Grisa, sostiene, non era matta.
Già. Non lo era, lo pensiamo tutti. E siamo stati arrabbiati con Fenisia che non andava a trovarla.
Patrizia B. si è sentita nella casa della Fenisia. Avrebbe voluto sentire le voci di tutte le donne raccontate, le loro sofferenze. L'ha disgustata il curato che esigeva regali.
Rosanna pensa vi sia troppa roba nel racconto. Non reputa verosimile né comprende la colpa di tanta disgrazia. Poi, perché staccarsi da un branco per scegliere un altro branco? Perché tutti sognano di smettere di lottare, di diventare più uguali, risponde Sarah.
Lucia ha trovato invece difficoltà col dialetto. Lorenzo pure. E Luisa lo leggerà. Elke lo ha letto, ma il dialetto l'ha ostacolata. Marco non ne è stato preso. Sebbene sia sua una buona soluzione al messaggio del libro. Che l'uomo sbrana più di un branco di lupi. Che la società è peggiore del branco.
C'è un uso attrattivo delle parole in questo libro. Presèmpio il Falciatore, la morte. Non s'era mai sentito di una morte maschile. Neppure che la vita le lacrime le dilapida.


domenica 4 novembre 2012

Je comprànd le fransè ma ne pà pu parlè.

Certo che gli italiani son proprio da piazzola! Esclama Rebecca dopo la prima mezza giornata parigina e l'ennesimo pardòn se inavvertitamente t'hanno sfiorato un piede o je prer se ti sei scusato perché hai sfiorato il piede a qualcuno. Parigi è davvero agreable, oltre che complimentosa. Di buon mattino l'impiegato alla metro sorride e ce lo avrebbe offerto lui il caffè, invece che mandarmici come l'impiegata T-per di Bologna, e buon soggiorno a du sors tre joli. Rispondo che no, siamo mamma e figlia, ma grazie. Poi, svelata definitivamente la nostra italianietà proprio per aver articolato più compiutamente in idioma indigeno, senza preavviso, come un tuono a Montmartre, mi chiede del calcio. Penso al mio amico Damiano, devo far bella figura, ma accidenti! Je comprànd le fransè ma ne pà pu parlè. Sorride di nuovo e chiede almeno che squadra. Ossignore! E come glielo spiego ora che ho chiuso col Lecce dopo le combine dei mesi scorsi? Bologna, mi sento uscire di bocca, all'unisono con Rebecca. Ulalà! Sorride di nuovo, ma ora pare beffardo. E dice qualcosa che termina con Intèr. Ora penso al mio amico Salvo e c'è poco da fare bella figura. Oui, je sé, l'Intèr ci ha affondati al penultimo posto. Bon jurné! Andiamo a vedere la torre che è meglio. Rebecca sobbalza appena la vede. Mi scoppia il cuore a vedere lei. In tre giorni abbiamo fatto più di quattrocento foto, duecento forse solo della torre, da tutte le angolazioni. Ai suoi piedi hanno allestito l'Art de la Tolérance, orsi colorati da tutto il mondo. Cerco, senza un apparente motivo, quello del Gambia. Ma so che è per il mio nuovo amico Sarjo. La fila di gente che si snocciola per qualche chilometro ci distoglie dal salire. Saliremo sull'Arco di Trionfo, le dico consolatoria, vedrai c'è meno fila. Infatti è così e Parigi è comunque sotto di noi e Rebecca si gode la sua torre da un'altra, alta, angolazione. Il cielo è grigio, ma riusciamo a vedere ogni cosa da lassù, a dominare ogni cosa. Due generalesse a Parigi. Champs Elysèes sono pieni di gente, arriviamo fino a Place de La Concorde, nel mentre una crep sucrè ci ridà energia. L'ha chiesta Rebecca col suo francese stavolta, che parla bene a onor del vero, ma è timìd, mi dice il gestore. Già, chissà da chi avrà preso. Peccato, il Museo d'Orsay è chiuso, ci rifaremo col Louvre. Camminiamo fino a sera. Prima di riprendere la metro chiedo a Rebecca se riesce ancora a camminare, che a volte lo so che sono odiosa, non mi fermo mai. Risponde che deve valerne proprio la pena. Bene, allora! Riattraversiamo la Senna e percorriamo tutta Rue de l'Universitè, che sembra non finire mai e io spero di ricordare bene. Ma sì, la mappa è dalla mia parte, ricorda come me pure lei. E' buio quando la strada sta per finire, meglio, penso. Svoltiamo l'angolo e lei è lì, illuminata per la notte, e se aspettiamo qualche minuto, alle ore precise, vedrai la sintìll. La chiamano così i Francesi la torre scintillante a segnare le ore notturne. 
Un giorno di sole a Parigi merita una passeggiata sul lungo Senna tra gli artisti de l'Ile de la Cité. Merita pure Notre Dame, ché le vetrate diventano sole di ogni colore all'interno. Davanti al Palazzo di giustizia scopro una fila interminabile di Iveco blu della Gendarmerì fransés. Da bravi cugini, penso. Peccato infilarsi in un museo con una così bella giornata, ma il Louvre lo merita. Visita d'obbligo al sorriso più misterioso dell'arte. Poi un tuffo nelle antichità egizie e greche. Senza nulla dire, Rebecca è rapita dalla Nike di Samotracia. A volte ci assomigliamo più di quanto possa sembrare. Quando usciamo è buio e stavolta sarà Place de La Concorde ad accoglierci illuminata. 
A Montmartre arriviamo in due fermate. Sorridiamo io e Rebecca facendo il verso alla voce automatica sulla metro che ripete due volte i nomi delle proscién arrét, ma la seconda stancamente, quasi che i passeggeri fossero tutti svogliati. Il Sacro Cuore è candido nel grigio del cielo. C'è la messa d'Ognissanti, ma non si riesce a metter piede, aspetteremo la fine. Una passeggiata a Place du Tertre e lì, pur di farti un ritratto, t'inventano bellezza sàn precedànt. Fa bene all'autostima, almeno. Eccolo il tuono dell'inizio. Stiamo ammirando uno scià nuàr quando esplode. Poi la grandine, bellissima, e i negozianti sono contenti. Dopo, si regala ancora bel tempo, utile per l'ultimo angolo di Parigi, il Marais. Ulalà! Non mi aspettavo di trovare Bologna a Parigi. I portici di Place des Vosges sono deliziosi, casa Hugo la troviamo chiusa, almeno mangiamo al Café Hugo. Ci siamo sentite come in un quadro di Monet, tavolini tondi uno accanto all'altro. Lampadari rossi e luci basse. Cameriera d'una gentilezza francese, ma era di Salerno. Siamo alla fine. Nella metro una giapponese ci chiede indicazioni per Gare du Nord. Più facile accompagnarla che spiegarglielo. Ma al tornello lei non ha il biglietto, così tiriamo fuori uno dal nostro carné e glielo diamo. E' deliziosa Rebecca quando dice che ora i giapponesi e gli inglesi diranno che gli italiani sono gentili pure loro. Non vi ho detto, on fét, che sotto la torre una coppia di inglesi aveva solo il telefono per fare le foto. Mi avevano chiesto di fargliene una. Giel'ho fatta, ma vista la qualità, ho fatto loro qualche foto con la mia macchina fotografica dicendo che gliele avrei mandate per mail. Mi hanno scritto il loro indirizzo e-mail sulla guida, ed è un buon ricordo per me. Lo scioffér per l'aeroporto chiede se può dire d'avere due belle cugine in Italia. Sé siùr, francesi e italiani sono cugini. A la proscién fuà.
Foto riflessa, all'ingresso dell'Arco di Trionfo.





 

domenica 14 ottobre 2012

Incontro con Luisa Grosso, poi con Miriam e la geometria

Giovedì, 11 ottobre 2012
Luisa arriva in ritardo, ché un po' di fame l'aveva e si è fermata in un bar. Ma per come si svolgerà la serata, le avremmo perdonato anche un ritardo maggiore. La sua figura alta, algida, contrasta subito con la voce che si scusa dell'invadenza. Eccole, subito, le contraddizioni di cui tanto parlerà questa sera. Mi siedo accanto a lei, le dico del gruppo e di come siamo arrivati a Miriam e la geometria. Poi le chiedo del cerchio. No, non alludevo a percorsi autobiografici. Il cerchio non si chiude, risponde Luisa. Anzi, si apre. La storia si sviluppa su una vita segnata dalla consapevolezza/inconsapevolezza, dalla difficoltà di prendere decisioni che rispecchino desideri veri, dal credere di meritarsi delle cose belle, dallo scegliere quelle che danno equilibrio. Tenere un dolore sempre presente per Miriam è stata la scelta migliore, dissente sul mio perbenismo e lo spiega. Le persone accanto a Miriam, tutte, rivendicano il loro diritto alla felicità e per loro, soprattutto grazie alla piccola e a suo padre, si rende conto che lei pure ha dei desideri. Poi Luisa, donandosi, spiega ancora meglio perché dissente. Perché questo libro è nato da un'urgenza di racconto quando ha dovuto fare anche lei una scelta. E la scelta non è stata immagine, ma solo desiderio di vita stando più vicino al dolore. Solo idea di cosa giusta, di salvezza, di esempio da dare ai figli. E' commovente questa cosa appena detta. Tutti la colgono e Maria teneramente le dice che però il libro non ha comunicato le cose appena sentite. Ché, anzi, Miriam pare povera nell'attenzione alla felicità, e le persone vicino vogliono essere felici per loro. No, dice Luisa. Miriam non è anaffettiva. E' solo che tutti i personaggi sono contraddittori, perché tutti nella vita siamo in contraddizione. Miriam lo dà l'amore, a modo suo. Ha un amante impotente perché si lascia la possibilità di continuare ad amare il marito e restare dov'è. La sua sofferenza trova il compimento nell'ultimo capitolo, ma era stata già detta tutta nel capitolo Piango. Luisa voleva fare proprio un racconto di contraddizione, non di dolore. Perché il dolore si sa. Nicoletta interviene dicendole che le contraddizioni dette possono apparire solo dall'esterno. Certo, conferma Luisa. E' evidente, ad esempio, che nel racconto di Londra Miriam non possa dire alla figlia che lei pure avrebbe massacrato di botte il ragazzo che l'aveva buttata in uno stupro di gruppo. E' evidente che da madre deve mantenerne il ruolo, che non può avvallare la violenza. E l'inconsistenza, forse per il lettore, dell'episodio al Museo, non è altro che l'ammissione stessa di Miriam di essere incapace di gestire una situazione di quel tipo. L'unica cosa che riesce a fare e a dire in quel modo è che l'amore è un'altra cosa. Ecco, appunto, dice Rosanna. Forse il perbenismo è pensare che l'amore va oltre. Quando invece le cose istintive vanno sempre bene se non sono cristallizzate. Perché Miriam si fa scrupolo a dormire con la figlia? E perché quel posto alla fine? Perché, risponde Luisa, in un rapporto con un genitore mancante ( non genitori separati ) la relazione coi figli diventa diversa, l'intimità pure. Quel posto perché è una scogliera meravigliosa. E' il vuoto, il precipitare. Come si precipita nel matrimonio. Miriam e Pietro hanno bisogno di sentire il vuoto, quella sensazione di morire e invece non morire. Perché nel mentre ti sei trasformato in altro e tutto quello che c'era prima allora sì, è inconsistente. Un breve accenno al testamento biologico, a quella volontà che può diventare diversa, di attaccamento alla vita, anche in una situazione di dolore. Quindi sì, il vuoto. Dove si precipita o si torna a vivere. Appunto. Marco interviene con la consapevolezza, ora, che il cerchio no, non si chiuda con la descrizione, così, del vuoto e della scogliera. E anzi, il cerchio si spalanca sui sentimenti veri, perché Miriam e Pietro sono cambiati. Già, dice Luisa. La vita è fatta di tante cose e tutti cercano di cambiare. Cercano. Non è detto che poi ci riescano.
Sul finale Luisa risponde a Nicoletta e agli amori diversi, anche all'amore a tre. Ritiene che sarebbe una grossa libertà quello dell'amore condiviso, che Lidia Ravera ha letto nel suo libro tante forme d'amore, che forse quello più difficile alla fine è proprio l'amore con il marito prima dell'incidente.
Risponde a Sarah che fa notare come molte coppie sono l'amante di Miriam e sua moglie, che prescindono dalla sessualità e basano tutto sulla complicità.
Risponde a Lorenzo che le chiede se è suo il linguaggio scelto, che pure ha trovato piacevole, e se si è preoccupata di come scrivere la storia e non di cosa scrivere nella storia, poi della copertina. E lei sì, dice che il linguaggio è suo e che la storia l'ha scritta molte volte. Che è stato difficile tenere l'io narrante cambiandolo spesso. Che ha scelto la copertina, disegno di Beppe Giacobbe, perché semplice e lineare.
E' d'accordo con Filomena, Luisa, quando dice che il padre di Miriam affronta meglio tutto perché è semplice.
Risponde a Giuseppe che ha trovato fastidio nella quantità di pensiero attribuita alle voci maschili. Dice che ci sono uomini così, che pensano molto, che se la raccontano, che il personaggio dell'amante trae spunto da una persona conosciuta che davvero se la raccontava, e giocava senza mettersi in gioco mai. Eppoi Edoardo, se pensa molto, dalla sua ha che è un neurologo! Sul neurologo sorridiamo e Luisa, ormai amabile, ci racconta del sogno dell'elefante e di come sia tratto da un episodio vero. Un suo amico doveva andare a prendere la sua bicicletta e ha trovato un elefante sotto casa. Poi lo ammette: il pezzo è davvero tutto costruito ai fini della storia.
A Maria, che le chiede di spiegarle com'è che la moglie dell'amante ha potuto avere così certezza che suo marito sarebbe restato con lei dopo la confessione dell'amore per Miriam, risponde così. Noi donne ci facciamo fuorviare dal pensiero della passione e dell'amore. Biagio e Tita competono sullo stesso piano, ecco perché Tita può stare certa.
A Elke, che le chiede se sua figlia ha letto il libro, risponde che no, glielo ha proibito. Ma forse sì, di nascosto lo ha letto.
Ancora a Giuseppe, che è curioso di sapere se si è trattenuta scrivendo, dice no. Uno scrive proprio per non trattenersi. E anzi, l'editore sosteneva che fosse un libro totalmente incosciente.
A Lucia, che domanda se lo farebbe pubblicare ancora e se è soddisfatta, dice che sì.
I capitoli che le piacciono di più sono Di 'sta vigna non ne posso più e l'ultimo. Il primo, Aculei, l'ha scritto subito dopo aver letto Il conformista di Moravia.
Bello anche il capitolo, non scritto, che ci ha regalato questa sera.
Grazie.

giovedì 4 ottobre 2012

Autunno di Jean Mulatier

                                            
Non è un libro da leggere, anche se alcune immagini sono accompagnate da citazioni sull'autunno tratte dai più grandi autori del mondo. Eppure si fa leggere con l'immaginazione questo Autunno. 
La fotografia ferma il tempo, dilatando all'infinito lo stato di grazia dell'immobilità. Epperò le foglie non sono frenate nella loro caduta. Sono. Le susine prendono colore guardando altre susine. L'uomo diventa complice della bellezza narrata. 
 
Oltre che per la stagione, questo libro è tra quelli che tengo vicino ai sogni. Perché, certo,  tutto cambia, anche le cose più desiderate hanno una loro malinconia. Era autunno e un cliente si fermò a comperare dei libri alla Libreria Marinelli. Poi scelse questo e chiese un pacchetto. Uscì fuori coi suoi libri, subito rientrò. Per regalarmi l'Autunno.
 
 

domenica 30 settembre 2012

Itinerario di Lettura di E-state con i Libri 2012

Eccolo l'itinerario di Lettura di E-state con i Libri.
Siamo partiti dalla foce del fiume Cassibile nel siracusano. Da lì appena più su, in Abruzzo, e poi di più per arrivare in Irlanda. Al rientro in Italia ci aspettano le colline bolognesi di Scopeto, il Lago Maulazzo in Sicilia, una puntatina in Brasile per poi tornare di nuovo in terra patria, a Cava dei Tirreni. Ancora in Sicilia, a Marina di Ragusa e Modica, un salto in India, e poi di nuovo la Sicilia con Acitrezza. Penultima tappa Villa Castelli. Scopeto, di nuovo, chiude l'itinerario di lettura.
Alla prossima E-state con i Libri su Social4Web

Premiazione E-state con i Libri 2012

Quando in un'alba torrida dalla notte, e dal giorno precedente, è stato indetto il concorso, non ho avuto il minimo dubbio che fosse frainteso cosa si volesse fare. Così, con vero orgoglio, posso dire che tutte le fotografie pervenute per E-state con i Libri si sono lasciate raccontare dalle citazioni prescelte, mescolando in maniera divertita, romantica, malinconica, le storie di quelle immagini.
E' stato come leggere, o rileggere, i libri che via via si richiamavano dal vertice della fotografia. E' stato anche leggere, o rileggere, le persone di quelle immagini. Verrebbe quasi da raccontare piccole storie nuove. Difficile scegliere.
L'immagine di Armando è coerente con la citazione e con i requisiti per la partecipazione in ogni dettaglio. C'è un tempo infinito in quella fotografia, che pure non spaventa e, anzi, è atteso e contemplato nel desiderio, ancora, dell'uomo maturo. In premio riceve tre libri: Pantumas, Qualcosa di scritto e Coriandoli nel deserto.


'Il tempo è fuggito tanto velocemente che l' animo non è riuscito ad invecchiare. E per quanto l' orgasmo oscuro delle ore che passano si faccia ogni giorno più grande Drogo si ostina nell' illusione che l' importante sia ancora da incominciare.'

 L'immagine di Marina è viva e giovane come la stessa citazione, e come lei. La vita che è sopra, sotto, davanti, dietro, ovunque, sempre, in uno scatto sospeso semplicemente straordinario. Riceve la menzione speciale per aver ottenuto più preferenze dagli utenti. Il suo premio è il libro: Il senso dell'elefante.

'Ma la vita sta davanti, dietro, sopra e dentro di noi.'
Oltre ai vincitori, Armando e Marina, ho piacere di menzionare in maniera davvero personale ogni singola fotografia.
La gratitudine di Anna sotto gli occhiali scuri; il libro abbandonato, stanco, sul volto di Filomena perché si è fatto tutto il possibile; l'immobilità di Sarah in attesa del cuore, senza direzione; la testa china di Barbara che pure non si vergogna ad escludere un mondo senza amore; lo sguardo di Vincenzo sposato con la lettura; la postura del capo di Salvo G. simile a quella di Pippo nel dilemma della salita e della discesa; la vita imparata di Cettina e la sua classe a starci poi nella vita; il silenzio bello e presente di Salvo T. che forse avrebbe potuto ferirsi se non ritratto da solo; la rivoluzione di Mauro a restare lontano da tonnellate di carne umana bollente; la scontatezza di Rocco mai scontata a leggere in pausa lavoro; lo sguardo basso di Cinzia che evita gli specchi.
Un grazie particolare a Barbara, la più paziente nel commentare le fotografie.

Le altre fotografie Qui.

 

martedì 25 settembre 2012

Belli e dannati, SIDDHARTA DEB

SIDDHARTHA DEB
sarà ospite del Festival di Internazionale a Ferrara

sabato 6 ottobre

11.00 Teatro Comunale
Le contraddizioni della crescita economica indiana


18.30 Chiostro di San Paolo
Siddhartha Deb presenta
                                Belli e dannati. Ritratto della nuova India
                         con Junko Terao, Internazionale

MIriam e la geometria, incontro con l'autore

Mia madre si chiama Miriam e mio padre si chiama Pietro. Mia madre è scrittrice e mio padre musicista jazz. Sono una coppia normale e felice.
 
Giovedì undici ottobre 2012 incontriamo Luisa Grosso per discutere ancora, e con l'autrice, di Miriam e la geometria.
L'appuntamento è alle 19.30 presso la sede Acli di via Lame 116 a Bologna.

Luisa Grosso (Bra, 1965), laureata in Storia del Cinema, DAMS Bologna, è regista di documentari e opere teatrali, tra cui: Un Paese chiamato Po (documentario per RaiDue, 2009); Tre terzi (spettacolo teatrale, testi di D. De Silva, V. Parrella, A. Pascale, 2008); Cocktail Dionigi. Una vita da filosofo (documentario, 2007); Le Ceneri di Gramsci (spettacolo teatrale per coro, musiche di Giovanna Marini, 2007/10); Good Body (spettacolo teatrale dal libro omonimo di Eve Ensler, 2007); Ritratto del Novecento (spettacolo teatrale scritto da Edoardo Sanguineti, 2005); Passo a due (documentario, 2004). Alcune di queste opere sono state realizzate in co-regia con Giuseppe Bertolucci.
Dal 2008 collabora al progetto sperimentale Memo Film. A memoria d’uomo, che coniuga arte e scienza nel trattamento della demenza.
Reporter e video-giornalista, è coautrice del saggio Reality TV. La televisione ai confini della realtà, Edizioni Rai Eri, 2002.
Vive a Bologna.
Miriam e la geometria è il suo primo romanzo.

sabato 22 settembre 2012

opere prime ( Sarah )

Ho ricevuto una bella mail di suggerimenti da Sarah e interamente la riporto.

Al mio responsabile letterario, 
 
nel mio peregrinare in libreria (pur essendo questa, ahime', libreria coop ), sono incappata in queste opere prime che hanno attirato la mia attenzione e le sottopongo alla sua visione.
Se le ritiene valide , le puo' sottoporre a tutto il gruppo:
 

Era estate a quel tempo di Nicoletta Verzicco
L'eredità dei corpi di Marco Porru (finalista al calvino 2012)
Meglio dirselo di Daria Colombo
Capelli blu di Valerio Nardoni
Borgo propizio di Loredana Limone
Il destino e' un taxista abusivo di Luca Manzi

XXX


Naturalmente Sarah è mia amica. Mi chiama responsabile, ma lei è davvero molto responsabile nelle letture e di libri parliamo bene. Sorrido sull'ahimé. Già. Perché Sarah sa che ho un'avversione per i centri commerciali, e per le Coop. Mi perdoneranno le Coop...
 

domenica 16 settembre 2012

secondo incontro, quinta edizione

Il secondo incontro di lettura si terrà giovedì 11 ottobre prossimo, alle 19.30
Il libro da discutere sarà La valle delle donne lupo di Laura Pariani.


Come riassumere quello che nei mondi chiusi ci si aspetta da una donna? «Vivere da morta. Patire da muta. Obbedire da cieca. Amare da vergine».
E che farne allora di quelle diverse che allignano nel paese come erbe cattive: mancine, strabiche, albine, o troppo fantasiose, o semplicemente «affette dal morbo della malinconia»?
Tra le storie sepolte nell'oblio, in una valle dell'Alto Piemonte, c'è quella del «prato delle Balenghe». A raccontarla è rimasta solo Fenísia C, «la stría, la pelamorti, la Lupa», vecchia di tanti inverni, che guarda il cimitero fuori dalla finestra e parla di donne e di streghe, di ribellioni e condanne, con la certezza «di essere transitata in questa lagrimarumvalle per provare che è sempre possibile andare controcorrente».

Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto di Paolo Coelho

 I sogni richiedono fatica. Così finisce questo libro. Allora l'ho chiuso e ho detto: Lo so.
Qualche anno fa avevo già provato a leggerlo, ma non ci ero riuscita. Mi era sembrato spudoratamente dottrinale. Può succedere di sbagliare quando ci si arrende troppo presto, come in tutte le cose. Oggi la storia di Pilar mi commuove e dà forza anche se sono i pazzi che hanno inventato l'amore. 
Eppoi non è un libro da leggere in qualsiasi momento, perché se vi sentite montagna potreste restare offesi d'essere stati condannati allo stesso eterno paesaggio; se vi sentite acqua di fiume potreste lusingarvi di cambiarlo troppo spesso, il paesaggio. 
Pilar piange sulla sponda del Piedra. Narra la leggenda che tutto ciò che cade in quel fiume si trasforma nelle pietre del suo letto. Forse anche il cuore diverrebbe pietra, se lo si riuscisse a strappare dal petto quando si soffre troppo.

giovedì 13 settembre 2012

Miriam e la geometria di Luisa Grosso

Sono emozionata perché stasera si riparte. Ma soprattutto perché stasera avrò quattro uomini, anche se un po' mi dispiace per Lorenzo che dovrà condividere il suo harem di lettura. Va bene, due uomini. Non esageriamo. Giuseppe ha scritto una mail di scuse strappalacrime, Angelo ha telefonato e sarà assente giustificato. L'emozione che però ho per la presenza di Marco vale i due assenti, e sì che lo corteggio da due anni! Alla fine ha ceduto. Ci sono poi anche due donne nuove, Alessandra e Raffaella, portate da Elke. Poi Maria, come sempre, Rosanna, Patrizia B., Sarah, Paola. E, se i Maya non hanno predetto il contrario, in ritardo arriverà anche Barbara.
La discussione è posticipata, prima scegliamo il prossimo autore ché non si rischi di restare digiuni, per carità! Quasi tutti hanno proposte, Rosanna si ammutina per qualche minuto, ma alla fine la scelta cade su La valle delle donne lupo di Laura Pariani.
Di Miriam e la geometria chiedo se è riuscita a chiudere i cerchi. Quasi tutti pensano di sì, tranne Marco, come me. 
Paola è restata delusa dalla storia. Si era avvicinata a questo libro pensando che la malattia fosse l'argomento centrale, invece si è accorta quasi subito che il personaggio che la rappresentava era già finito alle prime righe. Anche la geometria millantata. Era un tema impegnativo, pretenzioso, e tutto costruito per portare il lettore su false vie. Insomma l'autrice non ha mantenuto la promessa ma non le è dispiaciuto soprattutto negli ultimi capitoli.
Maria è d'accordo con Paola, in più pensa che la storia di Miriam si proseguita senza che lei, mai, abbia messo in discussione di 'accantonare' il marito malato. Al contrario di Rosanna che crede sia stato il padre a farle combiare idea, Maria ritiene sia stata la figlia piccola la vera messa in discussione di una scelta che aveva preso da sola. Trova poi forzata la storia di una donna con un marito invalido e un amante impotente, insopportabile l'episodio al British Museum, incredibile la costruzione della statuetta primordiale dell'amore, che se solo fosse vera la figlia avrebbe dovuto togliere il saluto alla madre! Ha finito il libro senza pensare che l'avrebbe finito perché vi sono delle parti, come il capitolo Biagio, che meritano elogio. Lì, lei donna, è riuscita a scrivere da uomo. Le è piaciuta Maddalena e suo marito, il papà di Miriam.
A Marco no, il padre di Miriam non è piaciuto tranne che per la voglia di spendere ancora la sua vita a più di settant'anni. Marco ha trovato egoismo in tutti i personaggi e lo hanno colpito quelli che fanno più ribrezzo, come Mike e suo padre. In Miriam ha visto una ricerca interiore che però non emerge, mentre suo marito, l'invalido, l'ha trovato inquietante. Già. E' l'unico che si rende conto della realtà, è vivo ma è morto. Emblematico poi la storia della vigna che simboleggia la vita. Miriam vuole rimetterla a posto, ma se la vita è storta è davvero difficile.
Anche Raffaella pensa che Miriam insegua un suo bisogno, quello di tenere il marito in casa, la sofferenza sotto gli occhi di tutti. Non è il bisogno di Pietro.
Elke dice che leggendo non si è addormetata e questo vuole solo dire che la storia l'ha intrigata molto.
Alessandra, pure lei, pensa che argomenti importanti come l'eutanasia sono restati senza attenzione.
Mentre Lorenzo non voleva leggerlo proprio perché pensava che la storia risultasse pesante per la malattia annuniciata e l'eutanasia sottesa. Invece lo ha divertito ed è convinto che la geometria funzioni.
Rosanna è andata avanti curiosa. Sciorina tutte le donne del libro, Titta, Maddalena, Letizia, la moglie di Alfredo. Crede che lo scacco grosso sia che Miriam non possa contare più su un livello alto della rappresentazione del desiderio. 
Sarah si è lasciata guidare da questo andare dei personaggi che raccontavano tutti di Miriam.
Barbara è ancora al compleanno di Miriam ed è curiosa di vedere il regalo.
Patrizia B. è alle primissime pagine e ora, sentendoci, è ancora più curiosa.
Io penso che Miriam non abbia chiuso alcun cerchio. E' una donna falsa borghese, intellettual perbenista. Ho trovato molto bello il dialogo muto tra marito e moglie alla fine. Ho pensato che si sarebbero buttati giù dalla scogliera. 
Al di là delle delusioni il libro è scivolato letto leggero per tutti. Tutti abbiamo adorato la bambina e siamo stati in ansia. Abbiamo riso per le cozze che non si schiudono e che sono semplicemente morte, nessuna metafora di indivisibilità. Abbiamo appezzato la colonna sonora, criticato Letizia e adorato Maddalena, una morta. Che strano...i peronsaggi che ci sono piaciuti sono una morta vera e uno vivo morto...


lunedì 10 settembre 2012

Il tempo è un dio breve di Mariapia Veladiano

Ci siamo quasi. In ottobre, il nuovo libro di Mariapia. La stiamo già aspettando.

C'è una donna che ripercorre la sua vita per arrivare al mistero del presente. C'è un amore che finisce e un altro che nasce, da difendere contro l'ombra del male che lo precede, l'ombra di tutti i mali, la morte. E se questo male investe un bambino allora una voragine si allarga sotto di noi. È possibile la lotta, come contro l'angelo, che è Dio. È forse possibile uscir feriti ma salvi e con un nome nuovo scritto nella propria storia e così forse un'altra vita ci aspetta. È questo il sogno di ogni amore. Che non finisca. O è solo una promessa. Ma una promessa è molto più potente di un sogno. In un paesaggio di neve e di incanti la protagonista, in compagnia del figlio, incontra un uomo; il male per un momento è confinato alla sua dissolvenza, costretto dalla forza tutta umana dell'amore che diventa divino nella potenza di un'ostinazione necessaria. Ci è stato dato e non può più morire. E quelli che ci hanno amato, tutti intorno a noi come alberi, colonne di un cielo silenzioso, con chiome piegate dalla bellezza della neve, a raccontarci l'eterna storia dell'amore: insieme è nulla la paura. Insieme è nulla la paura.

domenica 9 settembre 2012

Nient'altro che amare di Amneris Di Cesare


Maria ha un corpo irresistibile, ma due denti sporgenti come quelli di un coniglio. E come un coniglio mette al mondo figli, e li ama. Anche se arrivano dopo una violenza. E' una storia che fa arrabbiare e piangere. Ma disarmante la capacità assoluta di amare, di Maria, di restare innocente, contro ogni bruttezza.

'Quanto tempo hai intenzione di farti aspettare, Marì'? Sono vecchio e malato. Potrei non riuscire a chiedertelo di nuovo. Col tuo permesso, mi vuoi sposare?'
E così ho deciso. Morirò rispettabile. E adesso, posso permettermi di fare un bel pianto. Di quelli con le lacrime e tutto. Qui, sul molo nuovo, appoggiata a questa ringhiera arrugginita. Sola. Ma con una marea di gente che mi sta aspettando a casa, per brindare a un nuovo giorno, a una nuova vita.

venerdì 7 settembre 2012

Anno di lettura 2012 - 2013, quinta edizione. Che è come dire: nastri sognati che raccolgono incontri.

itinerari di lettura alla libreria marinelli
 
Giovedì 13 settembre inauguriamo la quinta edizione di Itinerari di Lettura. Dal dicembre 2008 a oggi abbiamo letto assieme più di quaranta libri, quelli che vedete in fotografia. Ci sono quattro pile di libri, una pila per ogni anno di lettura. Ogni anno è legato con un nastro, in cima il diario. Nella pila del secondo anno e in quella del quarto ci sono anche i quaderni che ho utilizzato per prendere appunti. Dei cimeli, disse Lorenzo in occasione del terremoto. Mi fece sorridere e commuovere quando scherzosamente immaginò che i miei quaderni sarebbero stati trovati sotto le macerie come cose preziose. O un'altra volta che, sempre Lorenzo, propose di mettere all'asta quegli stessi quaderni.
L'immagine ho proprio voglia di regalarvela, quella dei libri legati. Ché una notte, tempo fa, ho fatto un bel sogno.
Ho sognato una nipotina che mi chiedeva: 'nonna, ma li hai letti proprio tutti questi libri?' indicando la libreria.
E io: 'quasi tutti'.
'Ma perché alcuni sono legati?'
'Perché sono importanti.'
Ho avuto una sensazione di benessere svegliandomi dal sogno. Per la nipotina, per la longevità forse ( visto che ero nonna ed ero riuscita a leggere molti libri ), poi per quei nastri sognati che raccolgono incontri.
 
 


mercoledì 29 agosto 2012

lettera aperta ad Albert


                                                  
Bologna, 29 agosto 2012
Caro Albert,
ti scrivo perché temo d'essere in debito di coscienza. Lo so che non do pace al tuo sonno negli ultimi tempi. Dapprima con la formula, anzi la Formula, che, perdonami, ho dovuto rivedere. Mi chiedo come hai potuto fare un errore così grossolano. Più ancora mi meraviglio degli Svedesi, ché dov'era il beneficio per l'umanità? Diciamocelo: ti è andata bene. Poi c'è quella cosa dell'addizione per sottrazione. Sono certa che ci saresti arrivato anche tu. O forse ci sei arrivato e hai dovuto rinunciare per non smentire la formula da Nobel. In effetti la variabile ( per l'appunto mancante nella teoria del relativismo ) è la stessa. Oggi però sono pienamente d'accordo con te. La teoria secondo cui 'Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose' non è attaccabile, da alcun punto. È così, senza variabili nascoste. È così e basta. Sai, Albert, cosa mi è venuto da pensare? Che tu con le parole forti mutevoli sei un genio. Nessun'altra teoria avrebbe spiegato meglio il termine 'licenziamento'. Nessun altro scienziato sarebbe riuscito a evitare la sottrazione ( intesa come negatività ) per un termine così. Pago il mio debito: ti lascio dormire, senza più sfruculiare le tue formule. Anche perché, secondo il tuo stesso corollario, dopo averti superato, non mi resta che superare me stessa.
tua Vita

P.S. Rettifico. Sono certa che l'avevi trovata la formula dell'addizione per sottrazione sennò non l'avresti enunciata la teoria sulla crisi. 



suggerimento di lettura:
Vaffanbanka
di Marco Fratini 
e Lorenzo Marconi



sabato 25 agosto 2012

il filo lungo dei cormorani


Viviamo in un mondo di storie che cominciano e non finiscono. Ché, sempre, ad ogni alternativa scartata, l'altra, quella che resta, si è già biforcata.
Da un'estate all'altra, il filo lungo dei cormorani. Comunicano tra loro, appollaiati o in volo. L'isolamento solo durante il tragitto. Lì pure si ferma il peso di ricordi.
Ho provato un senso di vertigine. Un disagio che vuole mettermi in fuga, questa sofferenza. Come il verso dell'ultimo uccello di una specie estinta.
Resto viva.
Anche i vivi hanno una lingua senza parole. 

Suggerimento di lettura: 


Se una notte d'inverno 
un viaggiatore 

di Italo Calvino 

lunedì 20 agosto 2012

Social4Web



Va bene. Oggi Monica ( Il Merlo Indiano ), mi ha fatto intendere che è necessaria una spiegazione riguardo al continuo riferimento a Social4Web. È un social network, l'avrete capito. Come ce ne sono, come il più diffuso a cui, lo ammetto, stavo per cedere solo se non avessi avuto modo di contattare Mariapia con il suo bellissimo libro La Vita Accanto. Dopo, ancora per qualche tempo ho potuto proseguire con il blog letturedivita, ché tanto gli altri autori trovavo il modo di contattarli. Ma, a parte ciò, non va bene sottrarsi all'amicizia. Neppure va bene, credo, che la scelta di una vita schiva debba poi necessariamente equivalere a schivare la vita. 
Chi ha ideato Social4Web è un caro amico che, a me pareva per gioco, poi invece ho scoperto essere cosa davvero seria, me ne ha conferito la carica di responsabile cultura. È stata Giusy, itinerante lettrice e utente di Social4Web, a commentare con una parola forte mutevole ( corrispondente di Accidenti! ) il ruolo. Come per il gruppo di lettura, nato quattro anni fa, non avevo inteso la portata. Perché mi appassiono, tutto qui. Son capace di perderci le notti. Sarà per questo che mi ha dato la carica il mio amico? Perché non dormo? Forse. E in cosa consiste il ruolo? vi starete chiedendo e anch'io me lo sono chiesto all'inizio e spesso ancora adesso. A tratti mi sono spaventata. Poi è venuto da solo. Semplicemente doverci essere per meglio esserci. Almeno per sé. Per gli altri lascio che dicano la loro. 

domenica 19 agosto 2012

E-state con i Libri



1° Concorso Fotografico E-state con i Libri 2012
Social4Web, in collaborazione con il gruppo Itinerari di lettura, indice il primo concorso di
E-state con i libri, libri e fotografie della vostra estate.
Per partecipare basta iscriversi a Social4Web e caricare nella pagina ufficiale del concorso la vostra fotografia.
La fotografia non deve necessariamente ritrarvi con il libro citato, ma la citazione è il titolo della vostra immagine.
Il concorso decorre da sabato 18 agosto 2012 e scade il 21 settembre 2012, fine dell'estate.
La fotografia vincitrice e la menzione speciale saranno pubblicate nella sezione annunci di Social4Web il 30 settembre 2012.
Il vincitore riceverà una fornitura di tre libri.
Per il bando del Concorso clicca qui

mercoledì 15 agosto 2012

Picasso - le sette vite dell'artista di J. Castellar - Gassol



Mi piace andar per arte a Ferragosto, è una mia personale tradizione, tralasciando il mare e la folla. Così i mosaici ravennati l'anno scorso, Bari vecchia nel 2010, gli scavi di Egnazia nel 2009, i sassi di Matera nel 2008, le cave di Fantiano, il museo Morandi e così indietro di almeno dieci anni. Oggi di fatto l'ho interrotta, Bologna è caldissima, non si gira. Ma anche silenziosissima. Ideale allora per mantenere un po' fede alla tradizione e leggere Picasso, le sette vite dell'artista, complice il recente incontro con Guernica.

Figure sul mare di Pablo Picasso
Centro de Arte Reina Sofia - Madrid
foto di Vita Marinelli ( si potevano fare )
Il libro, circa 170 pagine, si legge nel tempo di un pomeriggio in un museo. E' una biografia sull'artista, le cui sette vite scorrono partendo da un episodio postumo dove una sua opera giovane viene battuta in asta per cento milioni di dollari. Bambino con difficoltà della parola, ma con innata facilità per il disegno. Uomo condizionato dai luoghi e dalla storia, appassionato all'amore e alle donne, attratto fatalmente dai bassi fondi. Longevo, e non poteva essere diversamente per poterle vivere, le sette vite. Quasi un gatto. Ed è l'idea che mi son fatta anche nell'ammirare le sue tele praticamente monocromatiche, sornioni, verrebbe da dire, pregne di una malinconia congenita dell'artista. 
 

martedì 14 agosto 2012

embarco con destino bolonia


Sei arrivata tardi, curandera madrilena. In ritardo di circa vent'anni. Però l'annuncio mi arriva dolce, quasi fosse solo per me, nonostante la fila di vacanzieri, bolognesi che riconoscerei ovunque, stereotipati come pochi, Audi, Spagna e Happy Hour, non si siedono in terra e non mangiano in strada. Qualcuno lo riconosco davvero, qualche professionista visitato nelle mie incursioni librarie, e sono a Madrid. Io, curandera raffinata, non sono arrivata tardi. Ma sono sfinita da tre giorni di camminate e, senza stereotipi appresi, o solo alcuni, ma quali? mi siedo contro una colonna e aspetto senza ansia da prima fila, ché tanto tutti si sale, ché tanto tutti arriveremo a Bologna nel caso che.
Appena atterrata avevo notato una schiera di tassisti che assale il turista avventore. Va bene, facciamola girare l'economia spagnola, sono pure in difficoltà, che ne sai che non ricambino il favore vista la nostra situazione? Epperò non doveva, no. Va bene l'assalto a rubarti a un altro collega, va bene superare la fila non fila come in uno slalom, ma di ridermi in faccia il quattro a uno Spagna Italia, no. Non m'importa neppure di calcio da quando il mio Lecce s'è fatto beccare in combine, vedi a volte la comunicazione? Lo dico sempre io che le parole sono importanti e che possono essere fiori o pietre. Pietre. No, grazie. La metro è così comoda, poi mi ha sempre divertito l'intreccio di colori sulla cartina, e arriva fino in aeroporto con appena tre euro di supplemento contro i trenta del tassista del quattro a uno. E che soddisfazione, dopo un pomeriggio di scorribande metropolitane, rispondere ad una ragazza che sì, sei sul binario giusto, verso Arganda del Rey. Chi diamine era costui? O costei? Che si permette di dire italiani maleducati solo perché ho preso una telefonata mentre le chiedo il supplemento di cui sopra? Lo sguardo paziente, il mio, le sta dicendo che no, non sono maleducata, ho persino la suoneria bassissima per non disturbare chi mi affianca. Lei non capisce, italiani maleducati ripete mentre nel mio orecchio una frase arriva come un tuono d'estate. Donde estas Nazario? Come donde estàs? Ve l'ho lasciato, accidenti! L'ho portato personalmente di persona per non perderlo. Donde estàs? Italiani maleducati! Va bene, è arrivato il momento, Barbara lo dice sempre che è liberatorio. Grida Vita, grida forte. Hanno perso mio figlio! La costei di cui sopra ammutolisce, non se l'aspettava, temo, da una vita piccola un urlo in biblioteca. No che non ero in biblioteca, si dice così quando squarcia il silenzio e anche l'attesa sofferente del nulla che accade della Guardia Civil. Sono in tre, fanno presto a chiudermi in cerchio. Che pasa aqui? Nazario esta aqui! Ecco. Appunto. Non grido più, lo giuro, l'hanno trovato. Non passa nessuno, davvero, ma da dove passo ora per uscire da 'sto cerchio armato? Le pistole mi fanno pure impressione, dov'è Fausto, il mio capo? Due sono grandi e cattivissimi, quello in mezzo mi dà dell'incapace amorevolmente. Non intiende dice verso i cattivi e cerca la mia approvazione. No, non intiendo. Ma sono capace di gridare, Barbara ne sarebbe fiera. Non piango lì, è sconveniente per un giaguaro maestoso. Che pasa aqui? Passa un treno, me lo lasciate prendere por favor? Sul treno qualcuno ha vomitato, almeno le lacrime non sporcano, per le donne poi sono un ottimo struccante per occhi. Penso che ho voglia di stendermi in un prato a respirare. E se mi danno ancora dell'incapace? Il Prado, va bene. Meglio, o forse no con Saturno in bella mostra che si mangia un figlio. Donde estàs Picasso? Non è aqui. È mai possibile che in Spagna le persone non siano mai dove debbano essere? È al centro de arte Reina Sofia. Guarda, Pablo, sto arrivando, dì a Guernica di mettersi in tiro. Tiro lungo ancora un giorno, ancora dieci corse della metro a dodici euro, mi dispiace signor tassista. Me ne avanzano due di corse prima di rituffarmi in aeroporto. L'ho scelta la mia preda sensoriale. Signora glielo regalo, dico porgendole le dieci corse avanzate due. Non intiendo risponde. Ossignore! Che strano popolo, si perde e non capisce, stereotipato peggio dei bolognesi. Dos vajas per te, dico. Regalo? Mi chiede e s'illumina. Sì, regalo, te lo regalo. Como se dice gracias en italiano? Gracias, rispondo.
Embarco con destino Bolonia. Fa l'annunciatrice a intervalli ripetuti. Sì, proprio un destino Bologna, la mia Bologna. Ma era vent'anni fa, curandera madrilena. Tre giorni prima l'annunciatrice aveva detto solo: imbarco con destinazione Madrid. C'è una bella differenza.



Che pasa aqui?
Non intiendo.