Giovedì, 11 ottobre 2012
Luisa arriva in ritardo,
ché un po' di fame l'aveva e si è fermata in un bar. Ma per come si
svolgerà la serata, le avremmo perdonato anche un ritardo maggiore.
La sua figura alta, algida, contrasta subito con la voce che si scusa
dell'invadenza. Eccole, subito, le contraddizioni di cui tanto
parlerà questa sera. Mi siedo accanto a lei, le dico del gruppo e di
come siamo arrivati a Miriam e la geometria. Poi le chiedo del
cerchio. No, non alludevo a percorsi autobiografici. Il cerchio non
si chiude, risponde Luisa. Anzi, si apre. La storia si sviluppa su
una vita segnata dalla consapevolezza/inconsapevolezza, dalla
difficoltà di prendere decisioni che rispecchino desideri veri, dal
credere di meritarsi delle cose belle, dallo scegliere quelle che
danno equilibrio. Tenere un dolore sempre presente per Miriam è
stata la scelta migliore, dissente sul mio perbenismo e lo spiega. Le
persone accanto a Miriam, tutte, rivendicano il loro diritto alla
felicità e per loro, soprattutto grazie alla piccola e a suo padre,
si rende conto che lei pure ha dei desideri. Poi Luisa, donandosi,
spiega ancora meglio perché dissente. Perché questo libro è nato
da un'urgenza di racconto quando ha dovuto fare anche lei una scelta.
E la scelta non è stata immagine, ma solo desiderio di vita stando
più vicino al dolore. Solo idea di cosa giusta, di salvezza, di
esempio da dare ai figli. E' commovente questa cosa appena detta.
Tutti la colgono e Maria teneramente le dice che però il libro non
ha comunicato le cose appena sentite. Ché, anzi, Miriam pare povera
nell'attenzione alla felicità, e le persone vicino vogliono essere
felici per loro. No, dice Luisa. Miriam non è anaffettiva. E' solo
che tutti i personaggi sono contraddittori, perché tutti nella vita
siamo in contraddizione. Miriam lo dà l'amore, a modo suo. Ha un
amante impotente perché si lascia la possibilità di continuare ad
amare il marito e restare dov'è. La sua sofferenza trova il
compimento nell'ultimo capitolo, ma era stata già detta tutta nel
capitolo Piango. Luisa voleva fare proprio un racconto di
contraddizione, non di dolore. Perché il dolore si sa. Nicoletta
interviene dicendole che le contraddizioni dette possono apparire
solo dall'esterno. Certo, conferma Luisa. E' evidente, ad esempio,
che nel racconto di Londra Miriam non possa dire alla figlia che lei
pure avrebbe massacrato di botte il ragazzo che l'aveva buttata in
uno stupro di gruppo. E' evidente che da madre deve mantenerne il
ruolo, che non può avvallare la violenza. E l'inconsistenza, forse
per il lettore, dell'episodio al Museo, non è altro che l'ammissione
stessa di Miriam di essere incapace di gestire una situazione di quel
tipo. L'unica cosa che riesce a fare e a dire in quel modo è che
l'amore è un'altra cosa. Ecco, appunto, dice Rosanna. Forse il
perbenismo è pensare che l'amore va oltre. Quando invece le cose
istintive vanno sempre bene se non sono cristallizzate. Perché
Miriam si fa scrupolo a dormire con la figlia? E perché quel posto
alla fine? Perché, risponde Luisa, in un rapporto con un genitore
mancante ( non genitori separati ) la relazione coi figli diventa
diversa, l'intimità pure. Quel posto perché è una scogliera
meravigliosa. E' il vuoto, il precipitare. Come si precipita nel
matrimonio. Miriam e Pietro hanno bisogno di sentire il vuoto, quella
sensazione di morire e invece non morire. Perché nel mentre ti sei
trasformato in altro e tutto quello che c'era prima allora sì, è
inconsistente. Un breve accenno al testamento biologico, a quella
volontà che può diventare diversa, di attaccamento alla vita, anche
in una situazione di dolore. Quindi sì, il vuoto. Dove si precipita
o si torna a vivere. Appunto. Marco interviene con la consapevolezza,
ora, che il cerchio no, non si chiuda con la descrizione, così, del
vuoto e della scogliera. E anzi, il cerchio si spalanca sui
sentimenti veri, perché Miriam e Pietro sono cambiati. Già, dice
Luisa. La vita è fatta di tante cose e tutti cercano di cambiare.
Cercano. Non è detto che poi ci riescano.
Sul finale Luisa risponde
a Nicoletta e agli amori diversi, anche all'amore a tre. Ritiene che
sarebbe una grossa libertà quello dell'amore condiviso, che Lidia
Ravera ha letto nel suo libro tante forme d'amore, che forse quello
più difficile alla fine è proprio l'amore con il marito prima
dell'incidente.
Risponde a Sarah che fa
notare come molte coppie sono l'amante di Miriam e sua moglie, che
prescindono dalla sessualità e basano tutto sulla complicità.
Risponde a Lorenzo che le
chiede se è suo il linguaggio scelto, che pure ha trovato piacevole,
e se si è preoccupata di come scrivere la storia e non di cosa
scrivere nella storia, poi della copertina. E lei sì, dice che il
linguaggio è suo e che la storia l'ha scritta molte volte. Che è
stato difficile tenere l'io narrante cambiandolo spesso. Che ha
scelto la copertina, disegno di Beppe Giacobbe, perché semplice e
lineare.
E' d'accordo con
Filomena, Luisa, quando dice che il padre di Miriam affronta meglio
tutto perché è semplice.
Risponde a Giuseppe che
ha trovato fastidio nella quantità di pensiero attribuita alle voci
maschili. Dice che ci sono uomini così, che pensano molto, che se la
raccontano, che il personaggio dell'amante trae spunto da una persona
conosciuta che davvero se la raccontava, e giocava senza mettersi in
gioco mai. Eppoi Edoardo, se pensa molto, dalla sua ha che è un
neurologo! Sul neurologo sorridiamo e Luisa, ormai amabile, ci
racconta del sogno dell'elefante e di come sia tratto da un episodio
vero. Un suo amico doveva andare a prendere la sua bicicletta e ha
trovato un elefante sotto casa. Poi lo ammette: il pezzo è davvero
tutto costruito ai fini della storia.
A Maria, che le chiede di
spiegarle com'è che la moglie dell'amante ha potuto avere così
certezza che suo marito sarebbe restato con lei dopo la confessione
dell'amore per Miriam, risponde così. Noi donne ci facciamo
fuorviare dal pensiero della passione e dell'amore. Biagio e Tita
competono sullo stesso piano, ecco perché Tita può stare certa.
A Elke, che le chiede se
sua figlia ha letto il libro, risponde che no, glielo ha proibito. Ma
forse sì, di nascosto lo ha letto.
Ancora a Giuseppe, che è
curioso di sapere se si è trattenuta scrivendo, dice no. Uno scrive
proprio per non trattenersi. E anzi, l'editore sosteneva che fosse un
libro totalmente incosciente.
A Lucia, che domanda se
lo farebbe pubblicare ancora e se è soddisfatta, dice che sì.
I capitoli che le
piacciono di più sono Di 'sta vigna non ne posso più e
l'ultimo. Il primo, Aculei, l'ha scritto subito dopo aver
letto Il conformista di Moravia.
Bello anche il capitolo,
non scritto, che ci ha regalato questa sera.
Grazie.